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In nome della legge.
Una questione di diritto.
Professionisti in azione.
Commissario da sempre.
Un uomo d'azione.
Il pubblico ministero.
Il valore della Giustizia.
Un carattere determinato.

Creare una serie che inizi là dove le altre finiscono. Questa è l’idea che ha generato «Im Namen des Gesetzes», in nome della legge, il telefilm che RTL e OPAL Film hanno prodotto dal 1994 al 2008.

Ambientato nella grande Berlino riunificata, il telefilm propone – in chiave europea – l’idea di grande successo di «Law&Order». Jan Schuster, produttore del telefilm: «"Im Namen des Gesetzes" è comunque una serie con una origine propria. Noi lavoriamo con un team di autori e sceneggiatori tedeschi che elaborano storie ispirate a crimini e delitti più collegati alla società europea e che mostrano il funzionamento della giustizia in Germania. Entrambi le serie, la nostra come "Law&Order", mostrano comunque il lavoro di polizia e magistratura in una fiction dai contenuti abbastanza realistici». La squadra di poliziotti e magistrati agisce in perfetta sintonia: da un lato il commissario capo Stefan Kehler ed i suoi assistenti agiscono sul campo per individuare i criminali e consegnarli alla giustizia. Dall’altra parte, il Procuratore capo e la collega Procuratrice svolgono la fase istruttoria e il processo per comminare ai colpevoli la giusta pena.

Se i commissari tedeschi avevano siano ad allora indagato fino all’arresto dei malviventi, con l’avvento di «Un caso per due» gli sceneggiatori avevano portato il pubblico a seguire la vicenda dal punto di vista legale, con Matula ed i suoi avvocati chiamati a difendere persone sospettate più o meno giustamente dei diversi delitti.

«Im Namen des Gesetzes» ha integrato, in un format da 45 minuti, questi due generi.
Le parole chiave di questo successo sono azione, logica e psicologia, così come aveva scelto Harald Vock, il principale sviluppatore di questo format. Sceneggiatore negli anni Settanta di importanti serie come «Sonderdezernat K1» o «Die Männer vom K3», ha curato la drammaturgia e coordinato gli autori di «Im Namen des Gesetzes» dal 1994 fino al 1998, anno della sua morte. Jan Schuster lo ricorda così: «Harald era una persona molto decisa. Quando iniziavamo le riunioni in cui valutavamo le sceneggiature che ci erano pervenute, lui esordiva sempre con una frase che faceva cadere il gelo tra i presenti: "Questa non è una sceneggiatura!". La sua genialità, però, gli permetteva di rielaborare e trasformare le storie se queste non lo convincevano fino in fondo. E lo faceva in un solo giorno».

Produttore esecutivo è stato Christian Hannoschöck che, con la sua opera, ha seguito il lavoro degli sceneggiatori, dando anche modo a nuovi talenti di creare interessanti storie che spesso hanno costituito il primo approccio con il mondo della televisione.

 

Il cast all'esordio del telefilm. (Foto RTL)
Consulente di prestigio.

L'obiettivo della serie era quello di rendere una immagine fedele dell'operato di polizia e magistratura. E se per le parti più strettamente "poliziesche" l'esperienza non mancava, per la parte legata al procedimento penale ecco che i produttori di «Im Namen des Gesetzes» scelsero di avvalersi di un importante consulente: Detlef Wittenberg.

«Dopo una carriera da avvocato e giurista volevo provare a dedicarmi a qualcosa di diverso, così attraverso dei conoscenti, ho cercato dei contatti nel mondo del cinema e della televisione».

Negli anni Settanta l'avvocato Wittenberg si era conquistato una fama difendendo in tribunale alcuni terroristi della RAF, la Rote Armée Fraktion. Da quando si è ritirato dall'attività forense è consulente supervisore per le sceneggiature della serie ed ha scritto lui stesso alcune delle storie di Im Namen des Gesetzes».