Salvatore Quasimodo

 

Quasimodo Salvatore (Modica 1901 - Napoli 1968). È uno dei massimi poeti contemporanei. Di famiglia non agiata, dovette abbandonare gli studi di ingegneria per trovare lavoro, prima come disegnatore poi come impiegato e, infine, negli uffici del Genio Civile. Dal 1941 ebbe la cattedra di letteratura italiana al Conservatorio musicale di Milano. Iniziò a comporre versi già a quindici anni, ma solo nel 1930 poté dare alle stampe una raccolta di poesie scritte fra il 1920 e il 1929 (Acque e terre). Il suo stile prese avvio da influssi pascoliani e dannunziani; risentì dell'ermetismo delle prime opere di Ungaretti e Montale e si ispirò anche alla poesia dell'antica Grecia, in particolare a quella alessandrina (il poeta fu un fine traduttore dal greco antico e dal latino). Ben presto, però, la poesia di Quasimodo si manifestò in contenuti e forme originali: la ricerca di un senso dell'esistenza umana, espressa in una musicalità dapprima malinconica (Oboe sommerso, 1932) poi quasi idilliaca (Poesie, 1938) e infine epigrammatica (Ed è subito sera, 1942).

Il 1946 segna una svolta nella produzione del poeta: nella raccolta Con il piede straniero sopra il cuore egli prende come soggetto i drammi della guerra, aprendo una fase della propria produzione caratterizzata da un forte impegno civile. Oltre alle opere già citate, ricordiamo: Giorno dopo giorno (1947), La vita non è un sogno (1949), La terra impareggiabile (1958), Dare e avere (1966). Fra le sue traduzioni spiccano: Lirici greci (1940), Il fiore delle Georgiche (1942), Dall'Odissea (1945). Fra i saggi ricordiamo Il poeta e il politico: il discorso pronunciato a Stoccolma in occasione del premio Nobel (1959).