Letteratura
Noi siamo il gatto che
è in noi.
Siamo i gatti che non possono
camminare da soli, e per noi c'è
un posto soltanto
William S. Burroughs
Impenetrabili, enigmatici, misteriosi. Altrettanto
eleganti, flessuosi e schivi. I gatti. Chi può sottrarsi al fascino
ipnotico di quelle feline pupille verticali, lame sottili, così
diverse dalla morbida rotondità della pupilla umana? Non vi si sono
sottratti certo molti scrittori che hanno dedicato all'orgoglioso
felino anche interi libri. Anche se non scrissero nulla sui gatti,
sia Dante che Petrarca li amarono molto; Dante
teneva sempre sulle gambe un micio nero, Petrarca
voleva sempre con sé la sua gatta Dulcina. Il saggista francese
dei XVI secolo Michel de Montaigne,
anch'egli grande appassionato di gatti, scrisse: "Quando
gioco con la mia gatta, chi può dire se si diverte più lei a scherzare
con me o io a giocare con lei?". Questo rapporto è proseguito
per intere generazioni. Impazzivano per i gatti il russo Checov,
Miguel de Cervantes e Alexandre Dumas.
L'autore dei Tre moschettieri e del
Conte di Montecristo ebbe a dire che
"il gatto è veramente aristocratico nelle fattezze
e nelle origini".
Nessuno
che abbia assistito alle strabilianti evoluzioni di un gatto comune
potrà sorprendersi sapendo che un uomo "duro" come Ernest Hemingway
li amasse molto e non potesse scrivere senza la presenza della sua
musa felina. Nella finca di Cuba aveva fatto costruire una torre
per i suoi animali; al piano superiore c'era il suo studio e in
quello inferiore le cucce per i suoi numerosi gatti, ben trenta
ché, come egli stesso disse, "un gatto semplicemente
conduce al successivo".
Scrisse in una lettera: "I gatti dimostrano
di avere un'assoluta onestà emotiva. Gli esseri umani, per una ragione
o per l'altra, quasi sempre riescono a nascondere i propri sentimenti.
I gatti no".
Lo scrittore francese dell'Ottocento Théophile
Gautier è autore di un libro dedicato
ai suoi gatti dal titolo Serraglio privato
(Dinastie gatti); con questo libro riscopriamo un Gautier
insolito e sconosciuto, animalista e protezionista, sempre brillante
e paradossale ma profondamente umano. Quello che può sembrare solo
un discorso brillante e divertente sulla sua vita con i suoi gatti
si traduce in realtà in una presa di posizione contro un modo di
pensare antropocentrico, ricca d'intuizioni modernissime.
Scrisse: "Chi potrebbe
pensare che non ci sia un'anima dietro a quegli occhi lucenti?"
E inoltre: "Non è semplice conquistare
l'amicizia di un gatto. Egli è un filosofo, calmo, tranquillo, una
creatura abitudinaria, amante della decenza e dell'ordine. Non concede
facilmente il suo sguardo e, sebbene possa acconsentire ad essere
il vostro compagno, non sarà mai il vostro schiavo".
Anche Mark Twain
era un gattofilo e scrisse molte storie per i bambini con mici dai
nomi strani come protagonisti; tra queste Tom
Quartz e altri gatti e Una gatto-storia,
entrambi pubblicati dalla casa editrice Mursia nella collana Felinamente
che, come si evince dal nome, è dedicata esclusivamente a libri
sui gatti.
"Se l'uomo potesse venire
incrociato con il gatto, questo migliorerebbe l'uomo, ma peggiorerebbe
il gatto".
"Tra tutte le creature di Dio, solo una
non può essere resa schiava: il gatto".
Rudyard Kipling,
autore del Libro della giungla, ha
scritto spesso di gatti; ricordiamo Il gatto
che se ne andava da solo di cui riportiamo un brano.
"Ucciderà i topi e sarà
gentile con i bambini che vivono in casa, a patto che non gli tirino
troppo violentemente la coda. Ma oltre a tutto questo, e di tanto
in tanto, egli è il gatto che cammina da solo e ogni luogo per lui
è uguale all'altro, e se guarderete fuori di notte lo potrete vedere
ondeggiare la coda selvaggia e camminare nella sua selvaggia solitudine
come da sempre ha fatto".
Nemmeno
il maestro dell’orrore soprannaturale, H.P. Lovecraft
seppe sottrarsi al fascino misterioso di questo animale tanto che
ne I Gatti di Ulthar lanciò un preciso
monito contro chiunque volesse attentare alla vita delle straordinarie
creature. Affini alle cose più strane, invisibili all’occhio umano,
in essi aleggia lo spirito dell’antico Egitto e ruggisce la ferocia
dei signori della giungla.
"Si racconta che a Ulthar,
la città oltre il fiume Skai, la legge proibisca di uccidere i gatti.
A me basta osservarli quando fanno le fusa accanto al fuoco per
capire il perché: il gatto è misterioso e affine alle cose invisibili
che l'uomo non potrà mai conoscere; è l'animo dell'antico Egitto,
è il depositario di racconti che risalgono alle città dimenticate
di Meroe ed Ophir, è parente dei signori della giungla ed erede
dei segreti dell'Africa oscura e misteriosa. La Sfinge è cugina
del gatto, che parla la stessa lingua ma è più antico e ricorda
cose che essa ha dimenticato".
Il Gatto Nero è il
protagonista di uno dei racconti gotici di Edgar Allan Poe.
Sepolto vivo inavvertitamente assieme al cadavere della moglie di
un vecchio assassino, rivela ai poliziotti la precisa ubicazione
della prova del reato commesso, che altrimenti sarebbe rimasto impunito.
In questo racconto lo scrittore americano riscrive in chiave di
perversione psicologica, dovuta all'alcolismo del protagonista,
la storia della gratuita crudeltà umana verso i gatti. E della conseguente
vendetta di questo felino di cui la moglie del narratore ("il
cui cuore era estraneo a qualunque superstizione"), parlando
della sua intelligenza, "faceva frequenti riferimenti
all'antica nozione popolare che considerava tutti i gatti neri come
streghe travestite".
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William
S. Burroughs ha scritto alcune delle
pagine più spiacevoli, strane, dolorose ed atroci della letteratura
moderna. La sua biografia è egualmente atroce e strana, e raggiunge
il suo culmine nell'omicidio accidentale della moglie (entrambi
pieni di droghe stavano giocando con una pistola semiautomatica...).
Leggere Burroughs è come venire presi a schiaffi. Eppure, sarà forse
una sorpresa per molti, ha anche scritto uno dei più delicati e
percettivi libretti che conosciamo sui gatti, anzi più precisamente
sul gatto come "compagno psichico", come creatura "misteriosamente
umana" intitolato Il gatto in noi.
Consigliato a tutti gli amanti dei gatti, questo delizioso libriccino
si legge tutto d'un fiato e emoziona incredibilmente.
Burroughs, ormai avanti con l'età, si abbandona ai ricordi di quelle
deliziose bestiole che gli hanno tenuto compagnia in tanti momenti
della sua esistenza, gatti con una loro personalità, tanto da sembrare
umani, anzi tanto da essere identificati con persone realmente esistite
nella vita dell'autore. I gatti sono come dèi del focolare, ma "gli
spiritelli domestici di un vecchio scrittore sono le sue memorie",
ed è questa la chiave di lettura di questo libro, i cui brevi racconti
sono dapprima semplici descrizioni di episodi di vita felina, poi
si intrecciano sempre più con ricordi di vita umana, di sofferenza,
di sentimenti espressi, soffocati, ricevuti. A differenza degli
uomini o di altri animali, però, "un gatto
non offre servigi, un gatto offre solo se stesso". Burroughs
sembra dirci che da questo e da altri comportamenti felini dovremmo
imparare qualcosa, insistendo su
come la presenza dei gatti accanto a lui sia stata spesso rivelatoria.
Soprattutto il gatto bianco, che appare silenziosamente come una
luce di speranza, che ti invita a seguirlo, perché il gatto bianco
siamo noi stessi: "non puoi nasconderti dal
tuo gatto bianco, perché il gatto bianco si nasconde con te".
Il suo gatto bianco era quello incontrato a Tangeri. Poteva essere
solo il ricordo affettuoso di un gatto. Ma fu proprio a Tangeri
che Burroughs si rese conto lucidamente come non mai che stava morendo
a causa della sua tossicodipendenza e fu lì che prese la decisione
di volare a Londra per curarsi definitivamente con l'apomorfina.
Dice l'autore: "Questo libro sul gatto è un'allegoria,
in cui lo scrittore vede passare in rassegna la sua vita passata
in forma di sciarada gattesca. Non che i gatti siano marionette.
Tutt'altro. Sono esseri che vivono e respirano, ed è una cosa triste
quando si stabilisce un contatto con qualsiasi altro essere: perchè
vedi le limitazioni, il dolore e la paura, la morte finale. Il contatto
significa questo. E di questo mi accorgo quando tocco un gatto e
mi ritrovo con le lacrime che mi scorrono sul viso".
"Il gatto non offre servigi. Il gatto
offre se stesso. Naturalmente vuole cura ed un tetto. Non si compra
l'amore con niente. Come tutte le creature pure, i gatti sono pratici".
"I gatti mi rispecchiano in modo profondo.
Sono riusciti ad aprire in me una vasta area di compassione. Ricordo
di aver passato ore ed ore a piangere nel mio letto al pensiero
che una catastrofe avrebbe potuto distruggerli".
"La rabbia di un gatto è meravigliosa:
brucia di pura fiamma felina, il pelo ritto e scintille sfavillanti
di blu, gli occhi fiammeggianti che lanciano saette".
"Circonda questa creaturina fiduciosa
anche un'aura fatale e triste. Nei secoli è stata abbandonata molte
volte, lasciata morire in freddi vicoli urbani, in torridi terrains
vagues assolati, tra cocci di terraglie, ortiche, muri crollati.
Tante volte ha gridato aiuto invano".
"Chi odia i gatti rispecchia uno spirito
brutto, stupido, grossolano e bigotto".
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Il gatto è presente spesso anche nelle favole.
Quello più astuto e più abile è senza dubbio Il
gatto con gli stivali creato dalla fantasia di Perrault.
E' in questa fiaba che vengono descritte le doti peculiari ed innegabili
del gatto: l'astuzia, la lucidità mentale, la velocità di azione,
lo sfruttamento adeguato di ogni situazione per portare a buon fine
il suo obiettivo, che oltretutto è nobile. Il gatto con gli stivali
è l'unica eredità del figlio più piccolo di un mugnaio. Grazie alle
sue doti naturali, questo gatto farà del suo padroncino un uomo
ricco e nobile (il marchese di Carabas) e lo aiuterà a diventare
addirittura genero del re. Nonostante l'umanizzazione del protagonista,
in cui persino l'abbigliamento è quello di un uomo alla moda, il
gatto non perde la propria identità "felina" e vi sono momenti in
cui va a caccia di topi nei granai, altri in cui diventa minaccioso,
per esempio quando si sente il più forte, e altri ancora in cui
fugge, come quando incontra l'orco leone, come farebbe un vero gatto!
Anche
come personaggio secondario il gatto riesce ad essere importante
come in Alice nel paese delle meraviglie
di Lewis Carroll. Cheshire Puss,
il gatto di Cheshire (lo Stregatto, nella versione italiana), tigrato,
paffuto e sghignazzante, diviene infatti uno dei personaggi più
amati e popolari di questa incredibile favola. Sarà perché viene
descritto come un brillante cabarettista, che tra un atto di illusionismo
e l'altro esordisce con battute e scherzi degni del più puro nonsense
inglese. Simpatico e burlone, ad Alice che educatamente chiede:
"Quale strada devo prendere, per favore?",
giustamente risponde: "Dipende in genere da
dove si vuole andare!". O forse la sua popolarità è dovuta
alla sua logica ed al suo humour sottile come quando spiega ad Alice
perché i gatti sono pazzi.
"Qui siamo tutti matti. Io sono
matto. Tu sei matta."
"Come lo sai che sono matta?", disse Alice.
"Per forza", disse il gatto, "altrimenti non saresti venuta qui".
"Dunque", proseguì il gatto, " tu sai che i cani quando sono arrabbiati
ringhiano, e quando sono contenti agitano la coda. Invece io ringhio
quando sono contento, e agito la coda quando sono arrabbiato. Perciò
sono matto."
"Be'! Mi è capitato spesso di vedere un gatto senza sorriso", pensò
Alice, "ma un sorriso senza gatto! E' la cosa più curiosa che abbia
mai visto in vita mia."
Egli (il gatto di Cheshire) svaniva con una certa lentezza, iniziando
dalla punta della coda, finché non restava che il suo ghigno, che
rimaneva per un certo tempo, anche quando il resto di lui era sparito.
Il gatto è protagonista di molti altri libri e
racconti, dalla Storia di una gabbianella
e del gatto che le insegnò a volare del cileno Luis Sepulveda
da cui è stato tratto un film di animazione di gran successo in
Italia ad alcuni racconti di Guy de Maupassant,
da Pene d'amore di una gatta inglese
di Honoré de Balzac alla favola di
Perrault La
gatta bianca, e così via. Perché un fatto è certo: questo
piccolo animale ispira il genio dell'artista.
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