Cinema
Per quanto spesso presente nei titoli dei film
(il più famoso è certo La gatta sul tetto
che scotta, con Elizabeth Taylor e Paul Newman, del 1958),
il gatto è di solito relegato a ruoli di comparsa: fa le fusa in
braccio al cattivissimo capo della Spectre nelle pellicole di James
Bond; appare di rigore nelle notti dei film dell'orrore, quando
miagola alla luna, mentre cigola una porta del castello diroccato
così come è spesso presente nei thriller.
Ricordiamo
Il terrore negli occhi del gatto, film
del '69 scritto da Joseph Stefano, lo sceneggiatore di Psycho.
Un giovane che ha una forte repulsione per i gatti si trova coinvolto
in una losca storia di eredità e omicidi. Saranno proprio i gatti
a salvarlo. Thriller intrigante che cala lo spettatore in una suspense
allarmante anche se la logica della storia va a farsi benedire.
Terrificante la scena in cui E. Parker, sulla sedia a rotelle barcollante,
sta per precipitare dalla collina di San Francisco.
Film italiano in cui il gatto ha un ruolo di rilievo
è Il gatto (1978) di Luigi Comencini
con Ugo Tognazzi, Mariangela Melato
e Philippe Leroy. In una casa decrepita
e incantevole vivono fratello (Tognazzi) e sorella (Melato) con
un gatto. Il film comincia quando il loro gatto viene ucciso e i
due indagano tra i vicini. La morte del gatto è un pretesto per
spiare su tutti...
Originalissima ma verosimile è la situazione in
cui si viene a trovare un gatto nel film Le
Chat, l'implacabile uomo di Saint-Germain, tratto dal romanzo
di Georges
Simenon e diretto da Pierre Granier-Deferre
nel 1971. In questa circostanza è addirittura l'oggetto di odio
e di gelosia nell'astiosa vita di coppia dei due anziani protagonisti
che vivono in un quartiere di Saint-Germain. Un tempo si erano molto
amati, oggi si detestano e non si parlano mai. Lui raccoglie un
gatto abbandonato, lei lo elimina. Ma le loro due vite sono indissolubilmente
unite. In un faccia a faccia patetico ad armi uguali, Jean Gabin
e Simone Signoret danno il meglio
di se stessi. E un film da vedere: una riflessione sul mondo di
Georges Simenon e sul realismo poetico degli anni '30.
Compagno di vita dell'uomo, ormai collaudato, diventa
addirittura erede, alla morte del padrone, di un ingente patrimonio.
E' la vicenda raccontata da Arthur Lubin nel 1951 ne Il
Gatto Milionario, dove l'abile gattone riesce ad evitare
ogni insidia architettata dalla figlia del padrone che, privata
dell'eredità, tenta con ogni mezzo di liberarsi dello scaltro animale.
Compagno di solitudine ma anche di un picaresco
viaggio del suo anziano padrone attraverso l'America è il gatto
Tonto del film di Paul Mazursky Harry
e Tonto (1974), delicata e in fondo ottimistica commedia
sulla possibilità di godere la vita anche in età avanzata.
In Gatto nero, gatto bianco
(1998) di Emir Kusturica, il regista
di Underground, i protagonisti del
titolo fanno solo da testimoni di sfondo alla vicenda. Sul titolo,
il regista dichiara che voleva trasmettere un'idea di forti contrasti
e, insieme, dello spirito superstizioso degli zingari.
Altra
pellicola recente dove il gatto, anche se non protagonista, compare
è Ognuno cerca il suo gatto (Chacun cherche
son chat), film del 1996. Piccolo gioiello del nuovo cinema
francese presentato al Festival di Berlino, Ognuno
cerca il suo gatto è una deliziosa commedia che diverte e
non annoia.
E' la storia, a quanto sembra, improvvisata, di Chloe, una giovane
truccatrice di moda, alle prese con le ricerche del suo gatto misteriosamente
scomparso. Partita per le vacanze Chloe aveva affidato Grisgris
(che nella vita reale è proprio il gatto dell'attrice) a una simpatica
e un po' deforme (quasi cubista) vecchietta del quartiere, che vivendo
sola ne aveva già altri cinque o sei. Chloe è una ragazza molto
chiusa, non esce mai di casa. Ha paura della vita e, sostanzialmente,
degli uomini.
La ricerca del gatto è naturalmente solo un pretesto per trarre
la timida fanciulla fuori dal suo appartamento e portarla nelle
strade del quartiere della Bastiglia dove incontreremo una varia
umanità con il suo carico di problemi e dolori. Alla fine Chloe
ritroverà il suo gatto ma anche l'amore.
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Sono molti i film d'animazione in cui i gatti sono
interpreti di rilievo. Tra i più noti ricordiamo Gli
Aristogatti e il recente
La gabbianella e il gatto. Gli
Aristogatti è uno dei cartoni animati
più complessi nella sua realizzazione. Prodotto nel '70 dalla Disney,
è la commovente storia di un'intera famiglia di gatti, forse troppo
umanizzati: narra di Duchessa, la dolce gatta bianca, madre di Matisse,
Bizet e Minou, di cui s'innamora un povero e semplice gattone di
strada. Ingredienti tradizionali: l'amore tra i due gatti contrastato
per il divario esistente tra i due, lei nobile e di modi gentili,
lui povero e rozzo.
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Allegro e commovente, La
gabbianella e il gatto è un'ottima versione animata della
favola poetica ed ecologista scritta da Luis Sepùlveda,
diventata in breve tempo un vero e proprio libro di culto. Costato
circa dieci miliardi, il primo cartoon kolossal italiano realizzato
dallo stesso team di autori che un paio di anni fa diede alla luce
il sorprendente La freccia azzurra,
mantiene tutte le promesse fatte da una campagna pubblicitaria senza
precedenti per il cinema a cartoni animati del nostro paese.
Con le ottime voci di Carlo Verdone, Antonio Albanese e il cameo
dell'autore Sepulveda, il film si distacca leggermente dai contenuti
etici del romanzo originale. Volgarizzato, ma non snaturato né sminuito,
per un pubblico composto prevalentemente da bambini e reso adatto
al linguaggio dei cartoni animati, La gabbianella
e il gatto mantiene comunque intatto il suo messaggio civile
di tolleranza e convivenza.
Narra
di Zorba, bel gattone nero che si prenderà la responsabilità, insieme
alla banda dei suoi amici gatti, di insegnare a una gabbianella
a volare. Un film che oltre a divertire con simpaticissimi gatti
che devono confrontarsi con topi totalitari e pasticcioni, riecheggia
poeticamente il sogno di volare di una giovane gabbiana come il
paradigma di un mondo che vuole cambiare. Con il dolore stemperato
da personaggi buffi e divertenti, il film costituisce anche per
un altro motivo una pietra miliare del nostro cinema: una storia
dello spessore della grande letteratura che diventa un film per
tutti.
Ritmato da una buona colonna sonora composta da David Rhodes della
RealWorld di Peter Gabriel, i personaggi del film cantano con le
voci di Spagna, Samuele Bersani, Leda Battisti e Gaetano Curreri
degli Stadio, accompagnando dei bei disegni fantasiosi e allegri
che non hanno nulla da invidiare a quelli di Walt Disney. A questo
si aggiunga inoltre che le immagini consuete vengono intervallate
e trasmutate poeticamente in scene quasi tratte da un sogno - stupende
e quasi mistiche - che commentano le sequenze piú importanti. Come
quelle dove Zorba deve "miagolare la lingua degli umani" per convincere
la figlia del poeta ad aiutare lui e Bobulina a far volare la gabbianella
Fortunata.
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