Jenin
fra le pietre della morte «Quando
hanno fatto venire avanti due anziani a mano alzate, dietro
di loro c’era un militante nascosto, che si è messo a
sparare (…)». |
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di
Fiamma Nirenstein, |
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Galimberti
non finisce di sorprenderci. Volendo sperare che la sua
posizione sia più unica che rara, non possiamo non reagire. Il male non è un dono, che sia comune agli uomini non ne fa un conforto. Il senso del bene è come un sesto senso, cioè un principio di conoscenza e di azione positiva al pari degli altri cinque sensi: il male è una negazione di questo e infatti produce dolore, concreto e fisico, come si vede dagli articoli citati. Solo l’ostinazione nel cinismo può non far sentire questo dolore. Il Papa ci ha detto di pregare per i cuori “ostinati”: che ritornino dei cuori, cioè sensibili al bene, perché più passano i giorni - più si accumulano morti - e più si comprende la necessità di una tale preghiera. È il bene che avvicina, non il male: riusciamo ad amare gli altri, a guardarli in modo comprensivo e accogliente, se ci sentiamo noi amati ed accolti. Tanto che nelle situazioni più estreme, può accadere l’impensabile: nel bellissimo libro di Antonio Socci, I nuovi perseguitati, è riportata questa frase di un monaco algerino ucciso nel 1996: «E anche tu, amico dell’ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, sì, anche per te voglia io dire questo “GRAZIE”, e questo “AD-DIO” (…) E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia, in paradiso (…)». Per essere uomini, abbiamo bisogno di un bene capace di sottomettere anche il nostro male. |
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