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Consultare i registri parrocchiali, alla ricerca di tutti quei dati che mi hanno permesso di compilare questo lavoro, è stata un’esperienza desiderata, nuova, interessante, istruttiva, laboriosa e, infine, appagante (se trovi quanto cerchi). Come in tutte le attività, ci sono alcuni trucchi del mestiere e alcuni accorgimenti che è bene conoscere, per poter adottare. Secondo me, è praticamente impossibile compilare un manuale d’uso universale: la mia lieve esperienza mi permette, ciò nonostante, di esprimere le mie idee. Ci sono diversi tipi d’ostacoli che renderanno la ricerca un po’ più movimentata e intrigante: quelli che ho incontrato finora sono soprattutto dovuti alle difficoltà di comprensione, di decifrazione, di lettura e d’interpretazione delle informazioni. I dati contenuti nei registri non sono scritti tutti col medesimo sistema; né c’è, apparentemente, ricorrenza logica nella sequenza e nella tipologia d’informazione, anche se restano pressoché costanti, all’interno dell’informazione stessa (ma non potrebbe essere diversamente), l’esistenza della data e del luogo cui si riferisce l’evento, e, nei casi di matrimonio e di nascita, l’esistenza dei patronimici (invero utilissimi, anzi, praticamente indispensabili). Si possono incontrare difficoltà:
In un caso di registrazione di matrimonio ho trovato pochissimi dati nella registrazione del matrimonio stesso, salvo accorgermi successivamente che i dati importanti erano scritti a fianco, nella registrazione della pubblicazione. Con un briciolo di fantasia le difficoltà minori possono essere agevolmente superate; quelle maggiori ci possono costringere a rimandare la ricerca a un prossimo futuro, o, perfino, ad abbandonare l’impresa. Ho trovato utilissimo l’utilizzo di una lente d’ingrandimento, soprattutto per leggere alcune calligrafie minute, o di discutibile interpretazione, o inchiostri sbiaditi. Utilissimi si sono rivelati alcuni cartoncini colorati che ho adoperato come segnalibri. Altro strumento importantissimo si è rivelata una piccola macchina fotografica (digitale) che mi ha consentito di scattare le foto di quei paesaggi o di quelle parti di documento che ho ritenuto dover conservare.
La prima cosa, non appena ottenuto il permesso di esaminare i documenti contenuti nell’archivio, è quella di selezionare il registro (oppure i registri) che ci interessa. Normalmente quelli che contengono le notizie per noi interessanti sono: il registro delle nascite e dei battesimi, il registro dei matrimoni e quello delle morti. Il registro delle nascite e dei battesimi a volte può essere un unico volume oppure i due volumi possono essere separati. In un caso ho trovato che questi tre principali registri erano scritti in unico volume, data la ridotta entità della Parrocchia. Ci sono anche altri registri: quello delle cresime (ma, normalmente, per le nostre ricerche è d’importanza inferiore) e quello (notevolissimo) denominato “Stati delle Anime” che era compilato all’incirca ogni anno e conteneva dati interessanti circa la composizione delle famiglie, sulla loro abitazione, sul luogo di provenienza o di destinazione; altri dati che vi si possono trovare sono le date e i luoghi nei quali sono avvenuti i principali fatti di vita sociale e religiosa (tipicamente: nascite, matrimoni e morti). Per gli anni relativamente più recenti i registri sono dei moduli prestampati sui quali erano annotati in maniera manoscritta tutti i dati richiesti (nomi, cognomi, date e quant’altro potesse essere necessario alla stesura dell’atto). Per gli anni un po’ più remoti, invece, non esistendo, evidentemente, ancora una normativa ben precisa era lasciato alla fantasia del redattore quali dati inserire e in qual maniera (ad esempio io in alcune registrazioni di battesimo dei miei antenati, fra le più remote finora reperite, ho trovato scritto cognome e nome del padre, ma solo il nome di battesimo della madre). Per conservare i dati trovati io ho seguito il seguente metodo: ho cercato gli indici dei registri (poniamo) di battesimo, ho cercato quindi il cognome che m’interessava (ma in un caso l’indice era compilato per nome di battesimo); determinato che quanto m’interessava era alle pagg. x, y e z del registro “A” ho aperto questo e l’ho sfogliato sino a dette pagine. Ho trascritto su un foglio a parte tutti i dati importanti: anno, n° progressivo, cognome e nome del battezzato, data di nascita (data di battesimo), nome del padre cognome e nome della madre, (eventuale) patronimico del padre e della madre, luogo e data di matrimonio di costoro ed eventuali altri dati ritenuti importanti per le mie ricerche. Ho fotografato, quando possibile, la pagina interessata, per poterle consultare virtualmente tutte le volte che ne veda la necessità.. Il foglio che contiene le mie trascrizioni s’intitola, quindi: “Estratti dagli archivi della Parrocchia di San Pietro di Bergamo - BG“ Riporto la data (o le date) nella quale ho compiuto le visite, e l’elenco dei titoli dei registri consultati:
Documenti consultati il 25 marzo 2000 e
il 12 aprile 2002: Poi, di seguito, per ogni registro: “Registro dei battesimi dal 1836 al 1857” Anno 1848 n° 22, Rossi Pietro, nato il 20 febbraio 1848 (battezzato il 21), di Giovanni fu Pietro e di Bianchi Luisa fu Marco, coniugati a Bergamo il 9 marzo 1846. Anno 1850 n° 11, Rossi Marco, nato il 6 maggio 1850 (battezzato il giorno 8), di Giovanni fu Pietro e di Bianchi Luisa fu Marco, coniugati a Bergamo il 9 marzo 1846 (… ivi residenti …). Una raccomandazione! Si deve fare molta attenzione, a maggior ragione nel caso di cognomi diffusi nella zona di ricerca, a non incorrere (soprattutto durante la ricerca di nascite o battesimi di bambini) nel seguente errore: prendere per buono il nome del padre senza avere la controprova di abbinarlo o col nome della moglie o col patronimico. Ciò si spiega col seguente fatto (comunissimo praticamente in tutti i paesi della nostra bella Italia): nelle famiglie numerose succedeva con una buona frequenza che, posto un tizio di nome (es.) Antonio, con i figli Bartolomeo, Carlo e Daniele, costoro, al momento della nascita dei propri figli imponevano nome Antonio ai propri primogeniti, (in onore del proprio padre) questa circostanza si poteva ripetere con ognuno dei figli di Antonio. Alla terza generazione si poteva avere un numero adeguatamente elevato di persone col medesimo nome e cognome[1]. Se si deve determinare la discendenza di uno di questi, sarà bene confrontare gli eventuali dati (almeno) o col cognome della moglie o col nome del padre. Infatti, dall’esempio della figura sotto se il nostro avo si chiama Tommaso e sappiamo che era figlio di Antonio, può essere importante determinare quale Antonio è il suo genitore, questo lo possiamo fare incrociando questo nome con quello della moglie (meglio se abbiamo il cognome) o quello del padre. Sarà diverso essere discendente di Tommaso di Antonio e di Maria A. piuttosto che Tommaso di Antonio fu Carlo. [1] In un paesino vicino a me, a una famiglia con me imparentata, è successo il seguente fatto: i capostipiti Giovanni C. e Carolina S. hanno sette figli (due di questi non hanno discendenza, una dei due é femmina e si chiama Carolina) fra gli altri cinque che hanno discendenza, ci sono due femmine (che non conteggiamo poiché nella discendenza c’è ovvio cambiamento di cognome) e tre maschi. Ciascuno di questi impone nome al primo maschio e alla prima femmina rispettivamente Giovanni e Carolina, quindi in quel paese ci sono, contemporaneamente, tre Giovanni C. e quattro Carolina C. (una di queste è la zia). |
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