Roma capitale

dal 18 alla breccia, Cadorna, Pagliari e il proclama dell'Unità

18 settembre
Dopo aver passato il giorno prima il ponte sul Tevere a Grotta Rossa la 11°, 12° e 13° divisione sono schierate sulle rive dell’Aniene. La 2a Divisione muove intanto lungo la via Aurelia ad eccezione dei tre battaglioni bersaglieri che per ferrovia devono raggiungere Ponte Galeria ed essere così i primi a prendere contatto con il nemico. A sud i battaglioni bersaglieri 26° e 44° della 93 Divisione partita da Genzano, alle 6 marciano sull'itinerario Ariccia-Fratocchia-Ponte Pignatelli-Osteria del Tavolato. I sei battaglioni bersaglieri della Riserva marciavano verso Casal dei Pazzi arretrati al centro dello schieramento e quindi sulla via Nomentana.
Gli obiettivi sono così delineati:
- 9a Divisione: Porta S. Giovanni e Porta Latina (ma restano in parte falsi scopi)
- 2a Divisione: Porta S. Pancrazio su tre colonne; la colonna centrale costituita da tre battaglioni bersaglieri punta ancora sul Casino dei Quattro Venti.
- 11a Divisione: Porta Pinciana e Porta del Popolo;
- 12a Divisione: Porta Pia;
- 13a Divisione: Porta S. Lorenzo e Porta Maggiore.

Davanti ad ogni porta delle mura Aureliane vengono innalzati terrapieni, per la difesa ravvicinata. Viene proibita la navigazione sul Tevere e la scampagnata fuori porta, domenica 18 settembre. Un ultimo tentativo di mediazione dell'ambasciatore prussiano Arnim Von Suchov non ha seguito. Il giorno 19 il Papa PIO IX scrive al suo Generale Kanzler, d'intavolare trattative per la resa solo dopo l'apertura di una breccia nelle mura. In tal modo deve essere chiaro a tutti che si arrende solo alla forza. La sera del 19 il Papa partecipa ad una cerimonia religiosa a San Giovanni in Laterano e qui il colonnello francese della Vandea, Charette, (noto coi fratelli per essere chiamati i "moschettieri del Papa" ), gli presenta la forza a difesa della porta. Sbattendo le palpebre nella luce incerta della sera Pio IX mormora " Mio Dio ma sono pochissimi, stento a vederli". Cala la sera, l'ultima della Roma papalina. I valletti restano vestiti prendendo sonno sulle sedie.
20 settembre - prima fase
Dalle 3 alle 4 a.m. vengono distribuiti i ranci (carne e pasta) a seconda dei tempi di impiego
Alle 4 la 11a Divisione lascia ponte Salario con avanti la Brigata mista seguita dalla Brigata Sicilia; il 21 ° e il 34° battaglione bersaglieri sono in testa; il 21° su Villa Borghese verso Porta Pinciana e il 34° su Villa Albani.
12 a Divisione: dopo il rancio delle 3; il 12° battaglione bersaglieri è a Villa Borresi in testa alla colonna di destra ed il 35 ° è a Villa Torlonia in testa alla colonna di sinistra; la Divisione muove a cavallo della via Nomentana; Riserva del IV C.A.: i sei battaglioni bersaglieri con il Reggimento Lancieri di Novara, alle 5.30 sono a S. Agnese dopo aver lasciato alle 4.30 la zona di Casal dei Pazzi.
13a Divisione: alle 3.30 viene consumato il rancio; il battaglione bersaglieri 36° e il 15° che avrebbe sostituito il 16°, muovono al centro della Divisione e percorrono il vicolo Malabarda tra via Tiburtina e via Prenestina (la 13 a ha scopo dimostrativo)
9a Divisione: in zona Porta Furba viene consumato il rancio alle 4; una colonna dirige su Ponte S. Giovanni e una colonna su Porta Latina (anche la 9a ha scopo dimostrativo)
Seconda fase: Il mattino di martedì 20 alle 5 e 15 minuti, mentre il cielo schiarisce nell'alba, inizia l'attacco ai forti e alle mura di Roma. Partono i cannoni che in breve riducono al silenzio le poche artiglierie papaline risparmiando il vaticano. Il grosso delle forze Generale Raffaele Cadorna si stende da Porta Salaria al campo Pretorio. Un altro gruppo si trova a S. Giovanni e quello di Nino Bixio a Porta S. Pancrazio. Alle 6 e 30 un Papa mattiniero si trova già nella sala del trono dove stanno affluendo tutti gli ambasciatori stranieri. Si celebra una messa cui segue una colazione scaramantica a base di cioccolato e gelato.  Uno dei cardinali presenti a fianco del Pontefice è Luciano Bonaparte, pronipote di Napoleone I, cui assomiglia in maniera incredibile. Mentre questi, scoppia in lacrime, il Papa verga su un foglietto una sciarada. " Il tre non oltrepassa il mio primiero - è l'altro molto vasto e molto infido - che spesso fa provar l'intero" (soluzione: tremare). 

"..Le istruzioni politiche sono... spogliate del loro linguaggio, ben misera cosa. Non si deve entrare in Roma per forza d'armi e sarà detto da Cadorna che fra le altre cose entriamo a sicurezza della Santa Sede. Tutto questo si chiama politica, .. ecco come si fa politica da noi, come se il diritto nazionale non bastasse. Non si ha il coraggio di nulla, il diavolo conduce le cose nostre..."  Così Bixio scriveva alla moglie l'11 settembre. E il papa diceva: "Bixio il famoso Bixio è là, oggi è Generale dei Piemontesi, fin da quando era Repubblicano aveva formato il progetto di annegare nel Tevere il Papa e i suoi cardinali quando sarebbe entrato in Roma, egli è a S.Pancrazio.....". Il "garibaldino" Nino Bixio (l'impaziente ex dei mille) è dell'opinione che alcuni colpi d'artiglieria che sente arrivare partano proprio dalla città leonina. Bixio ritenuta inutile la verifica della traiettoria, ordina di sparare direttamente sul colle vaticano, col rischio di colpire S. Pietro. Dopo la prima salva arriva puntuale la resa dei pontifici.

Scrive il giorno dopo il giornalista Edmondo de Amicis inviato speciale " .. tutto quello che ho veduto ieri mi sembra ancora un sogno; sono ancora stanco dalla commozione, non sono ben certo d'essere qui, d'aver visto quello che ho visto, d'aver sentito quello che sentii ... La strada che conduce a Porta Pia è fiancheggiata ai due lati dal muro di cinta dei poderi. Ci avanzammo verso Porta Pia; la strada era dritta e la porta si vedeva benissimo a gran distanza... a 3-400 metri dalla barricata due grossi pezzi d'artiglieria traevano contro la porta e il muro. C. Ademollo: La breccia di Porta PiaQuando la porta fu affatto libera e la breccia vicina aperta fino a terra due colonne di soldati furono lanciate all'assalto... la sola immagine enorme della Madonna che le sorge dietro era rimasta intatta... il suolo intorno è sparso di mucchi di terra, frammenti di statue, materassi fumanti (erano stati messi a protezione di case e statue), di berretti di zuavi, d'armi ....

La cronaca http://www.avirel.it/bd/autori/de_amicis/tre_capitali/roma.html

il libro di Ugo Pesci - Come siamo entrati in Roma - http://digilander.libero.it/freetime1836/libri/libri91.htm 

La breccia

Alle 6.40 i combattimenti erano iniziati su tutta la fronte; alle 8.45 la breccia vicino a Porta Pia predisposta sul limite tra la 1l a e la 12 a Divisione, è giudicata praticabile e ad essa si stanno avvicinando il 34° da Casa del Pino oltre Villa Albani, il 12° da Villa Falzacappa, il 35° da Villa Patrizio. Verso la breccia muovono anche altri reparti di fanteria. Il fuoco di fucileria iniziato alle 8.35 nella zona di Porta Pia, si sviluppa anche al Pincio dove avanza il 21° battaglione bersaglieri su Porta del Popolo raggiunta dalla fanteria della stessa Divisione che alle 9.30 riceve l'ordine di ripiegare e di spostarsi sulla Salaria. Alle 6.40 le prime fucilate erano state scambiate anche ai Tre Archi. I battaglioni bersaglieri 15° e 36° passarono in riserva della propria 13 a Divisione e così i bersaglieri della 9a Divisione. I tre battaglioni bersaglieri della 2a Divisione sul cui fronte il fuoco di fucileria è iniziato alle 7.45 circa, alle 8 si spiegano al Casino Quattro Venti, inviando alcuni reparti su tutta la fronte della Divisione, e si portano a circa 200 metri dalle mura. Alle 9.35 una pattuglia di bersaglieri del 34° battaglione con un caporale del Genio, da Villa Albani si avvicina alla breccia per accertarne lo stato. L'Ufficiale è ferito gravemente. Alle 9.45 la bandiera tricolore viene alzata a Villa Patrizi come segnale per far cessare il fuoco di artiglieria e dare l'ordine dell’assalto conclusivo. Il 12° in testa alla propria colonna da Villa Falzacappa si porta a 90 metri dalle mura subito raggiunto da reparti del 41° Reggimento Fanteria. I primi ad entrare sono quelli  della 2a compagnia del XII (12°) Cap. Alarico Ripa, morto per ferita alcuni giorni dopo) e XXXIV battaglione, che perde il suo comandante il maggiore Giacomo Pagliari , seguono i fanti del 19° e 39° reggimento della brigata Bologna poi quelli della Modena. I sottoposti del XII, Tenenti Serra, Cocito, Palazzi portano avanti gli uomini affiancandosi alla 3a e 4a compagnia del 19° reggimento. Arresasi la guarnigione pontificia si contano da parte italiana 43 morti e 132 feriti, mentre in campo pontificio rispettivamente 20 e 49.  Un giovane ufficiale sotto le mura di Roma, Alberto Crispo Cappai 

I Bersaglieri fra morti e feriti hanno più di 50 uomini. Il più noto è il già detto comandante del 34° (XXXIV) battaglione Giacomo Pagliari  da Cremona. Del XII furono feriti il capitano Serra Leopoldo e Ripa Andrea Alarico. Ripa Alarico da Ravenna morì pochi giorni dopo in seguito a ferita. Morirono anche il caporale trombettiere Tumino Giuseppe e il Bersagliere Pezzetto o Perretto Pietro. Del 21° battaglione morì il furiere maggiore Leoni Andrea e ferito il Sottotenente Vittorio Lodolo. Del 34° il caporale Iaccarino Luigi e i bersaglieri Cardillo Beniamino e Bertuccio Domenico. In genere questi bersaglieri vengono colpiti da Fucili Remington a ripetizione (in dotazione agli zuavi Papalini)  donati dai cattolici americani. Altri reparti persero i bersaglieri Gioia Guglielmo, Mazzocchi Domenico, Musini ?. Risultò ferito il luogotenente Ivar o Ivan Key del reggimento Granatieri Guardie Reali Svedesi, ammesso temporaneamente fra i Bersaglieri del 20° Battaglione. Da un altro testo rileviamo fra i morti il Luogotenente del 7° artiglieria Cesare Paoletti e Augusto Valenzani del 40° Fanteria. Il conto dei tre ufficiali morti in azione sotto le mura dovrebbe così coincidere (3 ufficiali e 29 di bassaforza). Morti successivamente in seguito a ferita anche il capitano del 39° fanteria Bosi Cesare. Fra i feriti Rosso Roberto, lanciere del Novara, Giolitti Cesare (Davide) Tenente Colonnello del 40° fanteria e De Ferrari Giovanni capitano sempre del 40° fanteria, Ramanini Alessandro luogotenente del 34° Battaglione Bersaglieri e Strada Giulio sottotenente del 35° Battaglione Bersaglieri. Viale Michele Sottotenente del 19° fanteria. Altri feriti al 3° Granatieri, Colombo Pietro, Moro Vincenzo, Giacomini Giuseppe, Tubaro Luigi, Zironi Enrico, Ferrari G. Battista, gli artiglieri Valleriga Simone, Mazzoni Antonio, Moretti Giovanni, Ubaldo Gennaro, Ingenito Giuseppe, Cosenza Giovanni, Caviola Lorenzo, Turri Alessandro, Cue Giacomo, Castagno Carmelo, Pelliccia Giulio, Maffei Michele, Tarini Mariano, Zotti Giovanni, De Stefano Francesco, Piccian Giuseppe, Crea Domenico, Giacobbi Giovanni, Berno Giuseppe, Tranchese Giovanni, Benivegna Ignazio, Digiuno Michele, Creppi Giovanni che stanno a significare che i pontifici si difesero, I Genieri Mainardi Giovanni, Gritti Amedeo, Andrioli Giuseppe e tanti altri bersaglieri, lancieri e fanti

Fra i pontifici i morti furono 20 e i feriti 49. Mancano quindi i nomi di molti feriti leggeri del 12 e 35° battaglione, circa 27. 

Con la capitolazione cala il sipario sul millenario (dal 700 d.c. fuori da confini territoriali di Roma) potere temporale del Papa in Italia. Questo non era sorto in virtù dell'editto di Costantino del 324 d.c., bensì si era alimentato, avvallato o sostenuto su questo.  La donazione in cui si parlava di "province, palazzi e distretti della città di Roma e dell'Italia e delle regioni occidentali" venne infatti utilizzata nel medioevo per avvalorare un diritto superiore virtuale che permetteva anche di dirimere contese internazionali come nel caso della disputa tra Spagna e Portogallo sul dominio del Nuovo Mondo (1493) che all'epoca di Costantino non era stato ancora scoperto. Il falso o almeno la sua publicizzazione risale all'anno 1200 (ma la sua paternità ad opera di ignoti va indietro di qualche secolo - seconda metà dell'VIII secolo o IX) e venne confutato nel 1440 in uno studio dell'umanista italiano Lorenzo Valla (si usavano termini sconosciuti nel 324 d.c.) ma reso noto solo nel 1517 ad opera di chiese protestanti. A questo punto il falso (per ovvie ragioni) diventava la riscrittura protestante caduta nella blasfemia.

Il generale Kanzler, ritiratosi all'interno del Vaticano (
La città Leonina comprendeva oltre al complesso di San Pietro e il retrostante parco vaticano i palazzi del Laterano e Castelgandolfo), si reca a Villa Albani ora Torlonia per trattare la resa e firmare i patti. Un codazzo di diplomatici stranieri, che lo segue quasi a dare la fisionomia d'un atto internazionale alla resa, vien presto liquidato da Cadorna che lo rispedisce entro le mura. Questi i patti in controproposta a quelli del Kanzler non tutti accettabili:  

1)Roma città sarà consegnata alle truppe italiane. 2)Tutta la guarnigione della piazza uscirà con le bandiere e le armi domani alle 7 per gli onori. 3)Tutte le truppe straniere saranno sciolte e subito rimpatriate a cura dello stato italiano. 4)Le truppe indigene saranno costituite in deposito senza armi colle competenze che adesso ricoprono.

Trasloco dei francesiIl giorno 2 ottobre si tiene in tutto il Lazio un referendum per l'annessione al Regno d'Italia. Su 167.548 iscritti al voto (ma mancano all'appello oltre 30.000 persone) i no sono 1507. Alcuni giorni dopo una delegazione si presenta al Re, a Firenze nella reggia provvisoria di palazzo Pitti, e questi nell'accoglierla licenzia il proclama dell'unità d'Italia.  

Il 26 aprile 1861 il Papa Pio IX aveva scritto all'ambasciatore di Francia: «La sovranità non è una cosa da desiderarsi in un tempo come questo, ed io lo so meglio di ogni altro. Quello che domando è solo un piccolo angolo di terra dove io sia il padrone ... fintanto che non avrò questo piccolo angolo non potrò esercitare liberamente le mie funzioni spirituali». Egli insomma affermava la necessità di mantenere un possedimento, anche modesto, dove poter esercitare nella loro pienezza le funzioni spirituali. Se fosse stato privato anche di tale, seppur piccolo, pezzo di terra, riteneva di non poter far sussistere la propria sovranità, e quindi di non poter evitare la dipendenza. E infatti non a caso, ancora alla fine del secolo, quando si arrivò a un graduale superamento dell'astensionismo dei cattolici, culminato con l'abolizione del Non expedit da parte di Benedetto xv, si mantenne aperta sul piano diplomatico la questione romana, e i contatti presi dal Presidente del Consiglio Orlando nel 1919 fallirono proprio per il rifiuto di concedere al Papa un territorio di sovranità.

 

 


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