TRIESTE:
La mattina del 1 novembre 1918
(festa di Tutti i santi)) il 39° battaglione dell'11° reggimento bersaglieri era accampato a Sala
di Campagna di Treviso. Dopo il rancio della
mattina e la Messa, arrivò l'ordine di marcia. Incolonnati
sui lati della strada i bersaglieri si trasferirono in stazione a
Treviso. Da li con una tradotta si portarono allo scalo marittimo di
Venezia.
Il segreto della destinazione stava cedendo e sempre più
spesso si sentiva dire che la meta era Trieste. Alloggiati in un
capannone fino alle 17 del giorno 2 ebbero anche il tempo di fare una
passeggiata in città. Sulla far della sera vennero imbarcati su due trasporti
scortati che
fecero rotta lungo la costa. In mare
c'erano ancora molte mine e si doveva fare molta attenzione.
La sera del
3 con un altro battaglione, il 10° del 7° reggimento, sempre della 2a brigata bersaglieri viene ufficialmente preso
possesso della città alla vigilia dell'armistizio. Sul molo ad
attenderli, civili armati ed una folla festante. Fanfara in testa, il
reggimento di formazione si incammina verso la caserma Oberdan. Le
trombe attaccano " Le ragazze di Trieste "
ed allora
fu un tripudio con la gente che usciva in strada sicura ormai della
liberazione e le donne che si accalcavano per prendere una piuma. Il giorno seguente in Piazza Unità
d'Italia ci fu la rivista generale (vedi foto) con tutti gli altri reparti,
carabinieri e marinai
compresi che erano nel frattempo affluiti.
Un gruppo di signore, dette il
quartetto del fiore ( Lucilla Luzzato, Maria Schiller, Nerina Slataper,
Bianca Stuparich), aveva cucito e ricamato in quei tre anni di guerra un
tricolore che venne donato ai bersaglieri. Nei giorni seguenti
iniziarono i servizi verso l'interno e verso L'Istria (Pisino).
Chi
rimase in città si dovette occupare anche dello smistamento dei
prigionieri italiani, caduti in mani austriache, che laceri ed affamati
affluivano a Trieste. Disse un bersagliere che esaurite le scorte alimentari per due
giorni si patì la fame come non si era mai patita in quei tre anni in
trincea. In trincea, i più non se n'erano neanche accorti ma erano
arrivati i ragazzi del 900 e tra
questi Eduardo De Filippo. Da aprile si stavano addestrando nelle caserme che la classe
dei ragazzi del 99 aveva
lasciato per il fronte del Piave. Una piccola parte, gli specializzati,
era stata già inserita nei reparti di linea. Verranno congedati nei primi
mesi del 19 e richiamati alla fine
dell'anno per il loro turno normale di leva. Ricordiamo che i ragazzi erano minorenni fino a 21 anni e solo dai 18
potevano accedere al servizio militare con l'assenso dei genitori.
E' finita o quasi
- Diario di Luigi Gasparotto - 1 novembre 1918
... “Quando si arriva alle porte di Motta (di Livenza), alla chiesa delle Grazie,
dalla semplice e bella facciata del Sansovino, crepita la
mitragliatrice. E’ caduto un momento fa un amico, il tenente Barbesti.
Stamane si è presentato al comando del 5° reggimento bersaglieri a
offrire i suoi servigi un giovane triestino, il comandante del porto
militare di Motta. Troppo tardi.”
“Sulla Livenza è stata gettata una testa di ponte.
E’ opera generosa dei
bersaglieri dell’8° reggimento, i quali all’ordine di passare alla
riserva, si buttarono in acqua e passarono invece al di là. Santa
disobbedienza! Durante la notte, il Genio getta i ponti; il nemico spara
sul paese ravvivando l’incendio delle case bruciate e uccidendo parecchi
borghesi; i bersaglieri estendono la testa di ponte sui due rami della Livenza; arrivano prigionieri, contro i quali le donne di Motta,
inferocite, scagliano sassate ed insulti. Arde ancora la casa del poeta
Giacomini”.
Bollettino Ufficiale del Quartier Generale – 31 ottobre 1918
1. “…La X armata ha portato il suo fronte alla Livenza. La III armata si
spinge avanti, travolgendo e catturando il nemico che di fronte ad essa
si accanisce nella resistenza. Truppe czeco-slovacche partecipano
all’azione” (nostra).
2. “…La III armata si porta sulla linea della X e sta per raggiungere la
Livenza. Nostre punte sono entrate in Motta di Livenza e in Torre di
Mosto. Si annunzia da ogni parte la cattura di prigionieri, di cannoni e
di bottino”. Firmato DIAZ.
Bollettino di
Guerra n. 1272 (7 novembre 1918, ore 13) “Sul fronte occidentale
(Francia) il nostro II C.d.A dal giorno 4 corrente partecipa
brillantemente all’offensiva in corso. Mosso dalla regione di Sissonne
superò formidabili sistemazioni nemiche tra Chivres e la Rocchelle
(nord-est di Sissonne), occupò Le Thuel, vinse forti resistenze lungo il
torrente Hurtaut e nella giornata del 6 conquistò in lotta accanita
Rozoy-Sur- Serre. Sul fronte italiano le nostre truppe, accolte ovunque
col massimo entusiasmo, sono entrate in Bolzano e in Merano. Al glorioso
elenco delle unità che hanno meritato l’onore della citazione per
l’ardimento ed il valore dimostrato nella battaglia da tutte le loro
truppe e dai comandi nel vincere tenaci resistenze nemiche e gravi
difficoltà di terreno, debbono aggiungersi: il X corpo d’armata della 1a
armata; la 54a divisione della 3a armata; il XXV corpo d’armata della 7a
armata; il XIV corpo d’armata britannico (7a – 23a divisione); il XVIII
corpo d’armata ITALIANO (33a – 56a divisione), l’XI corpo d’armata
Italiano con la sua 37a e con la 23a divisione di fanteria francese, le
brigate Re (1° - 2°), e Trapani (149° e 150°), e il I raggruppamento
alpini (battaglioni Bassano, Verona, Stelvio, Tirano, Morbegno, M. Baldo
e la 742a compagnia mitragliatrici), della 12a armata”. Generale Diaz
L'ARMISTIZIO
DI VILLA GIUSTI. LE RIGHE DI WILSON
Al
casello della ferrovia T per Trento, il 29 mattina, una delegazione austriaca
si era presentata per conto del generale Weber von Webenau chiedendo l'armistizio. L'Italia non poteva decidere da sola e d'altronde
accettare voleva dire restare sulle posizioni attuali insoddisfacenti.
Con la scusa di credenziali non attendibili la delegazione fu rimandata
indietro. Un ufficiale germanico si era presentato in Val Lagarina con la
stessa motivazione. Il giorno dopo si presentò il Generale Von Webenau in persona che venne
accompagnato a Padova a Villa Giusti (del senatore omonimo). Alle ore
9,30 del 1 novembre la commissione iniziò i lavori. Faceva da interprete il Capitano
Trener cognato di Battisti, capo della delegazione italiana il Generale
Pietro Badoglio. Alla disponibilità degli italiani a
trattare, non corrispondeva il potere a farlo e per due giorni ci fu una
specie di gioco a nascondino, in attesa che da Parigi arrivasse il testo
definitivo dell'armistizio. Il 2 novembre (sabato) da Parigi parte con un corriere il testo della
bozza d'armistizio, le condizioni di resa con le disposizioni per lo sgombero oltre i vecchi
confini fino alle linee disegnate da Wilson stesso sulle carte
geografiche. A queste clausole gli italiani ne aggiunsero altre 19. Alle 18,39
del 3 novembre, senza discutere gli Austriaci firmano la resa che andrà
a valere dalle 15 del 4 Novembre. Il lasso di tempo si rende necessario per comunicare ai
sottoposti la notizia e le disposizioni: uno squillo di tromba segnerà
la cessazione ufficiale del conflitto. Il nemico aveva tempo 15 giorni
per lasciare il territorio italiano e defluire attraverso alcuni passi.
La marea dei vinti, quando venne firmato
l'armistizio, si era già messa in moto. Tutti i treni in partenza per
il nord venivano assaltati: i soldati che salivano sul tetto dei
vagoni, morivano decapitati o soffocati in galleria. Per muoversi più
in fretta abbandonarono tutti gli armamenti ed ognuno si incamminò
verso la nuova patria, che non era più l'Impero Asburgico ma una parte
di esso. Le
popolazioni di frontiera, anche austriache, erano state prese d'assalto e
depredate di cibo, animali e quant'altro servisse a muoversi. Negli ex
campi di prigionia austriaca iniziava il flusso contrario degli
internati e prigionieri italiani. Due fiumi di pezzenti si incrociavano sulle
strade e passi alpini. Le risse erano frequenti e i carabinieri, se
erano in zona, dovevano intervenire. Ma la guerra contro la Germania non
era finita. Il Kaiser aveva ordinato di difendere il fronte meridionale
della Baviera, da una possibile invasione italiana e corpi di soldati bavaresi
avevano già raggiunto Bressanone. Qui li trovarono i nostri, ma
non fecero alcuna resistenza.
Quando fu firmato l'armistizio di Villa Giusti dei 360.000 soldati catturati dalle truppe italiane
108.000 erano tedeschi, 83.000 cechi e slovacchi, 61.000 slavi del sud,
40.000 polacchi, 32.000 ucraini, 25.000 romeni «e persino 7.000 italiani
in uniforme austriaca».
Il caos che si era formato impose agli
italiani anche dietro richiesta delle autorità comunali, di raggiungere il Brennero e di calarsi ad Innsbruck, piombata
nel disordine. La marina italiana, ma anche quella della Francia e della
Inghilterra, che non si erano mai viste in alto adriatico, si presentarono
davanti alle coste dell'Istria e della Dalmazia a dire la loro !!!. Il loro contegno e la
protervia degli intenti, sarà anche causa dei disordini e della rivoluzione a Fiume. Il 4 Novembre,
alle ore 12, Diaz rilasciava il
bollettino di guerra n. 1268. L'11
novembre capitolava la Germania. Dopo 42 mesi, la guerra era finita. Il
contributo di sangue profuso da tutti i combattenti ci impone qui di
ricordare per ultima, ma non ultima la Fanteria
di Linea che ha avuto il
sacrificio maggiore in uomini.
Hanno scritto (link Ungaretti) e molti continueranno a scrivere su questi argomenti: io ho solo voluto
ricordarveli alla mia maniera.
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