LE OFFENSIVE DEL 1915

 

"Qui è stato più crudele vivere che morire"

La guerra in Cadore, gli Alpini, la cintura dei Forti, Ceccherini, Giulietti, Paolini, Rismondo, Corridoni e la trincea alle Frasche

Abbiamo appena visto dell'attacco al Mrzli (31/5) che non rientra nelle offensive vere e proprie ma nella conquista di posizioni privilegiate per lo sviluppo delle successive operazioni (vedi sotto piantina). In tale ambito anche lungo tutto l'arco Alpino che andava dallo Stelvio al Tonale, dal lago di Garda all'altopiano di Asiago, dalla Marmolada alla Carnia scattarono le operazioni militari. Una forza di quasi 500.000 italiani si contrapponeva a 80.000 soldati imperiali poco esperti e male armati (si trattava spesso delle landsturm territoriali, la maggioranza dell'esercito di campagna era sul fronte orientale e sarebbe arrivata qualche mese dopo). A differenza di noi loro conducevano e condurranno per mesi una guerra difensiva arroccati in postazioni dominanti e trincee protette da diversi ordini di reticolati per proteggere la loro inferiorità numerica. Avrebbero fermato chiunque si lanciasse in attacchi frontali improvvisati.

La guerra in Cadore: OBIETTIVO PUSTERIA

Il piano operativo generale ideato da Cadorna prevedeva un'azione principale sul fronte giuliano a est per superare la linea dell'Isonzo e attestarsi sulla linea della Sava, tra Kranj e Lubiana !!!; un'azione difensiva strategica sul fronte tridentino per non incorrere in loro offensive verso la pianura, alle nostre spalle, e offensive parziali in Cadore e in Carnia da parte della IV ARMATA (Cortina sarà subito nostra) con obiettivo la linea ferroviaria a Dobbiaco (Toblach) e S. Candido (Innichen) 2 capitoli in Val Pusteria, linea che collegava Lienz con Innsbruck via Fortezza (in Alto Adige) e Brennero. Oltre Lienz lungo la Drava la Carinzia che avremmo raggiunto dalla Val Canale (Tarvisio) con obiettivo (per il momento) Villach.

"…fummo informati poco e male; non fummo mai in grado di avere un'esatta situazione aggiornata delle forze dei belligeranti, dei movimenti delle truppe e delle riserve, dell'impiego dei nuovi mezzi e nuove forme di combattimento per l'offesa e la difesa" . Affermazione in parte inesatta !! del Gen. O. Marchetti

La guerra di movimento, che avrebbe permesso, se non altro, una più rapida penetrazione nel cuore dell'impero, lasciava poco dopo il posto alla guerra di posizione, così com'era già successo ai tedeschi sul fronte occidentale e in misura minore sul fronte orientale. Era la trincea ormai la grande protagonista del conflitto, anche sul fronte italiano. Un errore dell'autore-editore nella piantina. Attraverso il Predil non si va da nessuna parte (anche con grosse difficoltà) e non andammo oltre, se non di pochi Km, in qualsiasi altra parte del Fronte. Il Predil non fu mai nostro anzi, sotto il suo tunnel, vi passarono i materiali per lo sfondamento nord il 24/10/1917.

 http://www.arsmilitaris.org/pubblicazioni/Grandeguerra/grande_guerra.htm  

Fra gli obiettivi primari c'e quindi il passaggio dell'Isonzo prima che gli Austriaci facciano saltare i ponti di Pieris e Sagrado. Sull'altopiano di Asiago, e in altri punti della catena alpina, entrano in azione i grandi forti (cintura dei forti) che devono fronteggiare quelli Austriaci. Alle 4 del 24 maggio 1915 viene sparata dal forte di Verena la prima cannonata contro l'ooposto nemico forte Verle (o Busa Verle) e, con essa, l'Italia entra ufficialmente in guerra contro l'Impero Austro-Ungarico. Poco dopo rombano tutti gli altri cannoni dei forti italiani sugli altipiani. Le nostre granate che tempestano lo "Spitz" di Vezzena, ma che passano anche oltre, cadono su Levico e Caldonazzo costringendo gli abitanti alla fuga. Gli Austriaci lasciano Primolano e i suoi forti (la Frazione di Cismon del Grappa sul Brenta  a 2 Km dal vecchio confine verso la Valsugana era posizione strategica  per lo sbarramento del Brenta e per la difesa delle strade che si dipartono da una parte per Feltre e, dall'altra, per Asiago. Vennero costruite 4 opere fortificate sulla strada di Feltre (La Scala)  e al Col del Gallo, nonché una fitta rete stradale per permettere il rapido accesso delle artiglierie. L'avanzata italiana in Val Sugana ne azzerò l’importanza fino alla ritirata del novembre del '17. Occupata dagli Austriaci che, peraltro, vennero fermati in fondo valle, venne liberata l’anno dopo con la battaglia finale di Vittorio Veneto) raddrizzando la linea del fronte tra Borgo Valsugana e Levico per raccordarsi con le linee fortificate del Lagorai. In 4 giorni di bombardamenti ininterrotti il Verle austriaco fu colpito da oltre 5.000 granate, vennero sparati quasi 20.000 colpi: vedere ancora oggi il terreno circostante oltre che il forte. Il 30 maggio la fanteria italiana tenta l'assalto al forte dal Basson ma finisce miseramente intrappolata nel groviglio di campi reticolati posti a protezione della linea, e martoriata dai cannoni dei vicini forti Luserna e dello Spitz. Primo temerario tentativo di assalto anche verso lo "Spitz". "Bandiera Bianca" sul Luserna semi demolito e preparativi finali d'assalto italiani, ma il comando austriaco corre ai ripari sparando dal "Belvedere" e dal malconcio "Verle" nel frattempo rioccupato dalla guarnigione e dallo Spitz sui "deboli" del Luserna che hanno osato pensare a una resa. Tentativi per annientare il forte italiano di cima Verena. Il difficile obiettivo venne colpito con gli obici da 305 posti sul M. Costalta.

Uno dei due sbocchi alla pianura, grazie a vecchie carte geografiche venete era rimasto a loro, dopo il 1866, ed era stato munito di conseguenza. L'altro sbocco come vedremo produsse il  disastro di Caporetto. Il confine sud-orientale invece scendeva lungo il fiume Judrio, per lasciare poi questo prima di Medea, passando a Est di Palmanova (ma ad ovest di Cervignano) e riprendendo dopo volute la direzione verso il mare a Castions, Dogana (Torre Zuino), Aussa fino alla laguna di Marano e Punta Guardia di Finanza a Isola di S. Andrea. Il 5 e 6 giugno vengono occupate Gradisca e M. Fortin e più a sud Monfalcone (9/6). Negli stessi giorni la brigata Ravenna passa l'Isonzo a Plava. L'operazione più riuscita è quella del 15 quando gli Alpini del Susa e dell'Exilles Cap. Albarello e S.Ten. Picco con azione di sorpresa conquistano il Monte Nero (m. 2240).

I Bersaglieri nei primi giorni di guerra sono con il 41° btg. aut. (autonomo) al ponte di Caffaro nelle Giudicarie, il 7° Rgt. in Trentino alla cima Cadria, il 4° sull'altopiano di Asiago, il 3° a San Pellegrino con la IV armata e l'8° in Comelico sempre con IV armata (I Cda) (XVIII Btg. e XX (3°) al Col di Lana, il V (8°) al Cavallino e il XLVIII Btg aut. al Monte Croce). La divisione speciale bersaglieri (6°-9-11-12) dalla testata del Natisone sfocia sull'Isonzo col 9° sul Matajur e il 12° a Luico per il Mrzli. Il 5° si porta sul Kolovrat mentre nella pianura i bersaglieri ciclisti dei battaglioni 5-6-7-9-10-12 dilagano verso posizioni migliori ai piedi del Carso. Alle ore 2 a.m di quel 24 maggio una compagnia di bersaglieri ciclisti, partita da San Pietro al Natisone, passò il confine a Stupizza e puntò verso Caporetto senza incontrare resistenza. Nelle stesse ore un altro reparto di bersaglieri, partendo da Cepletischis, in comune di Savogna, raggiunse la Valle dell’Isonzo attraverso Luico. " Le fluide formazioni ciclistiche sono tra le prime a tagliare il confine e a guizzare per tutte le strade come mute di veltri usciti di catena... doganieri austriaci in fuga, pali nero gialli confinari abbattuti e distrutti..fossati e torrenti guadati a rompicollo, portaordini trafelati, vento lieve di piumetti rapidi nella conquista di paesi che si destano e brillano al sole. Su tutto il sorriso di maggio che veste di luce il primo giorno di guerra" Don Giovanni Petricig: ”Alle 4, i nostri soldati, partendo da Jainich, sono già nel territorio austriaco. Alle 16.30 arrivavano sul Corada senza sparare perché libero”. Il fatto di essere penetrati così in profondità nel territorio nemico senza incontrare opposizioni, meravigliò non poco le truppe italiane, che erano preparate a combattere non appena oltrepassata la linea di confine. Gli austriaci avevano diffuso notizie false e si erano ritirati sui monti, dove erano state allestite le opere di difesa. «Questo sovrapporsi di notizie” scrive Del Bianco “per se stesse incontrollabili spiega in parte, come durante i primi giorni di guerra, la Divisione di cavalleria (di Palmanova, ndr) varcato il confine, forse per timore di imboscate, si attardasse prima di giungere all’Isonzo, mentre a Gorizia si attendevano le truppe italiane a mezzogiorno del 24 maggio 1915 !!!". La divisione austriaca del generale Ervin Zeidler, che difese poi strenuamente la città, giunse sulle posizioni del Podgora che la sovrastano e precedono appena 4 o 5 giorni dopo. Zeidler si meravigliò e molto di non esservi stato preceduto dagli italiani.

"Questa sarà una guerra breve alla garibaldina" si sente ripetere "entro la fine dell'estate torneremo a casa vittoriosi". La brillantezza delle offensive, il movimento, non era nel nostro DNA. Ci vorranno 41 mesi per chiudere la partita !!!. Mesi di angoscia, di trincee, di filo spinato. Così lascerà scritto un anonimo bersagliere "Qui è stato più crudele vivere che morire"

I "vecchi"

In linea a fianco dei giovani presta servizio un vecchio leone, decorato del 1866, Radamisto Stanislao, sergente di 72 anni (classe 1843), ma anche un generale, sottotenente a Custoza nel 1866, Cossu Giuseppe e un Tenente Volontario Francesco Lorenzo Pullè classe 1850 (volontario, già con Garibaldi nel 1866) con una carriera politica (senatore) e d'insegnamento in corso, il Gen. Marcello Prestinari classe 1847 e per finire il Generale Alberto Crispo Cappai classe 1851sottotenente dei Bersaglieri a Porta Pia nel 1870 e al momento Comandante del Corpo d'armata di Bari.

Dalle posizioni fin'ora conquistate, ma con un mese lasciato al nemico per rafforzarsi, il comando supremo sferra la prima delle dodici battaglie d'attacco dette dell'Isonzo. Il mattino del 23 giugno il primo settore ad essere impegnato è quello del Sabotino-Oslavia. Qui si infrangono gli attacchi delle brigate Re, Casale, Pistoia, Perugia, Lombardia, Livorno, Napoli e Ravenna. Il giorno 26 è il M. S. Michele - Sei Busi ad essere interessato agli attacchi. Seconda battaglia 18/7-3/8: l'attacco si sviluppò su tutto il fronte carsico da Gorizia al mare con obiettivo le solite cime del Sabotino e del S. Michele. Sul Podgora (m. 240) il 19 il III btg carabinieri e il 12° Casale si batterono all'ultimo sangue lasciando sul terreno il 40% degli uomini fra morti e feriti.

Al Grafenberg (le colline di Oslavia, del Peuma o Piuma, del Calvario o Podgora fronteggiano Gorizia ad Ovest di qua dall'Isonzo dal Lenzuolo bianco a Lucinico  e sono protette dall'artiglieria del Sabotino - 609 m) fu la volta dei Finanzieri e della Brigata Re. Sul S. Michele i reiterati attacchi a quota 170 e Bosco Cappuccio portati dalle Brigate Brescia,Siena e Ferrara aprirono la strada all'11° ciclisti di Sante Ceccherini e ai fanti della Brigata Regina e della Bologna per la conquista della vetta. 1600 i prigionieri austriaci.  Il massiccio contrattacco austriaco però riportò i reparti al punto di partenza. L'attacco venne reiterato dalle Brigate Bari, Piacenza e dall'8° Bersaglieri ciclisti che raggiunsero nuovamente la vetta.  Qui il 21 luglio il bersagliere Francesco Rismondo da Spalato (irredento) venne fatto prigioniero forse ferito e di lui non si seppe più nulla. Solo una successiva indagine scaturita da testimoni che dissero d'averlo visto al patibolo a Gorizia il 10 agosto portò al conferimento nel 1952 !!! della Medaglia d'oro. Anche questa volta gli austriaci con le truppe ungheresi Honved reagirono in massa riportando le posizioni al punto di partenza. Sante Ceccherini scende per ultimo ricevendo gli elogi del Re e più tardi la Legion d'Onore Francese. Dei 1000 uomini che lo hanno seguito rispondono all'appello in 200. Toccherà poi al 56° Btg autonomo replicare coi fanti della Pisa e della Regina, ma il risultato non cambierà.

E' un copione che viene replicato decine, centinaia di volte. Terza e quarta battaglia 18/10-2/12: Queste offensive ne formano una sola poiché l'azione ebbe solo una interruzione di 5 giorni, dal 4 al 9 novembre. La disfatta dei Russi a Tarnow e l'andamento negativo generale ad Est e ad Ovest richiesero agli italiani un nuovo attacco per alleggerire gli altri. Gli italiani sono ancora numericamente superiori, ma le postazioni austriache non vengono scalfite dal pesante cannoneggiamento. Attacchi reiterati alle solite quote e cime con lievi progressi. La Siena tentava la conquista della Trincea delle Frasche e nell'azione, il 23 ottobre, moriva il sindacalista Filippo Corridoni . All'attacco venivano ora mandati i bersaglieri del 1°Rgt bis (poi 15°) del Colonnello Emilio De Bono e di rinforzo  anche i ciclisti del 1° e 11°. A quota 65-70 del Selz operava la Brigata Speciale del Gen. Giuseppe Paolini composta dai battaglioni ciclisti 3-4-8° e dal 76° fanteria.  Le postazioni austriache sopraelevate potevano vedere tutte le fasi della preparazione compreso gli uomini corazzati (Farina) che si apprestavano a tagliare i fili. L'attacco più volte ripetuto con furibondi corpo a corpo non portò ad alcun progresso. Negli scontri il Generale Paolini venne ferito più volte ed insignito della medaglia d'oro. All'appello questa volta mancavano 70 ufficiali e 1300 bersaglieri. Il 25 ottobre le perdite complessive sono già di 39.000 uomini.

Sul fronte alpino trentino, in Val Cismon, intanto anche il 2° Bersaglieri andava all'assalto delle postazioni austriache di Malga Pioverna Alta (vedi in questa sezione un racconto dettagliato). Ai primi di ottobre  il neo sottotenente Giuseppe Giulietti (richiamato), in azione di apertura di un  varco nei reticolati con esplosivo, veniva ferito ma non desisteva dal successivo assalto. La guerra di trincea dopo quattro assalti (le chiamavano spallate, ma la porta non veniva giù) non riusciti era diventata routine e in quelle condizioni ci si preparava, nel Carso esposto ai freddi venti del Nord e della Russia, ad un gelido inverno. La disciplina, dopo i rovesci, si inaspriva portando a forme di disubbidienza che per il momento le gerarchie militari non erano in grado di gestire. In questo scenario va visto il caso che vede protagonista Il Generale Graziani, uomo estremamente duro coi suoi stessi bersaglieri. A fine guerra ne pagherà le conseguenze.

Ottobre 1915: gli attacchi italiani continuano inutilmente verso il Plaut, Bocca di Valle Orsara; il Gen. Andrea Graziani guida da Costa d’Agra l’assalto al Durer: al fallimento dell’azione si mette a sparare sulle immediate retrovie per evitare una possibile nostra ritirata. A finire sul banco degli imputati, con l'accusa di vigliaccheria, anche un gruppo di bersaglieri che si "ammutina" seduta stante gettando viveri e bevande alcoliche in uno strapiombo. Graziani ordina allora alle artiglierie di sparare anche contro di loro, causando molti morti. Queste azioni vengono messe subito a tacere e per anni circoleranno solo tramite Radio Gavetta. Solo con Caporetto si arriverà ad una "parziale" resa, più che di conti e di metodi, di professionalità, responsabilità e capacità (commisurata ai mezzi disponibili: non la famosa "carne da cannone" di cui Cadorna vantava l'abbondanza).

MEDAGLIERE DEL 1915    FATTO STORICO                                        
Argento XI ciclisti Per i combattimenti sul San Michele 21 luglio 1915
Argento al 12° Rgt  Per i combattimenti sul Mrzli -Sleme 1/6-14/8  1915
Bronzo al VIII ciclisti Per i combattimenti sul San Michele 21 luglio 1915
Bronzo al 15° Rgt ex 1bis Per i combattimenti della Trincea delle Frasche 2/11/1915 


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