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Personaggi e didattica

- Vol. II -


Volume I

  1. Precario
  2. Il docente congelato
  3. Lo studente plexiglassato
  4. I membri del Consiglio di classe
  5. Il dubitatore esistenziale
  6. Il solvente (del dubbio)
  7. La navigatrice solitaria
  8. La sig.na Pausa
  9. L'innominato
  10. Gli innominabili, ovvero la Sig.ra Privacy
  11. Il dott. Laboratorio (di Storia)
  12. Il sig. «Tuttavia»
  13. Il Profeta
  14. The first new day
  15. Manager... Coca-cola
  16. Il Filosofo del diritto
  17. Corso 626
  18. Il docente alias
  19. Il beato martire della graticola
  20. Mr. Efficienza, ovvero Copia e Incolla

Volume II

  1. School connection, ovvero il ‘bambacione®’
  2. L'abilitazione degenere
  3. Il docente asteriscato
  4. La medievalista
  5. La Provvidenza guercia
  6. L'educazione subdolo-subliminale
  7. Il buon samaritano
  8. Fotocopia e fotoincolla
  9. Primo sentimento vecchiaia
  10. Le tappe del Calvario
  11. La scuola nel buco
  12. Le gite, il cameriere e i pomoli...
  13. Asterisco: cifra della scuola
  14. Gli intercalari e lo spirito dei tempi
  15. La griglia del crociato...
  16. Ubi, ubi ubi (ubique), ubiquitatem
  17. Il gruppo e il suo lavoro nel campo
  18. Il circolatiere, ovvero...
  19. Guerrino elettronico o...
  20. La stanchezza preventiva

Volume III

  1. Gessetto lungo, gessetto corto
  2. L'attualizzatrice dell'Illuminismo
  3. L'attualizzatore della sofistica
  4. Colpo di mano: il viceré e il popolo
  5. L'innovatore didattico, i prenotati, i piccoli indiani
  6. Corso 626, la vendetta; anzi, l'apocalisse
  7. L'umano e la carta dei diritti
  8. L'analista
  9. L'ambientalista
  10. Tipi (ideali) e mode di accoglienza
  11. Il legionario e Salomone
  12. Cenerentola
  13. La bottiglia di plastica...
  14. L’incantatore dei pacchi di compiti
  15. La fotocopia-dono
  16. Colori, simboli, ed emblemi della tradizione: l’u/official-ità
  17. Funzioni strumentali e strumenti funzionali
  18. La tavola rotonda: i cavalieri, il sacro Graal, re Artù
  19. Bollino col timbro: soluzione finale...
  20. Prof. cerotto e prof. uncino

Volume IV

  1. «Que s’agit?» ovvero, la gita all’estero
  2. Ci presentiamo...
  3. Gli orfani prolificati e certificati
  4. Precario Val Brenta e innovazioni...
  5. Funzioni strumentali e simboli-funzionali
  6. Non tornano... i Cont
  7. Io, robot
  8. Io-robot e il Collegio docenti
  9. Io-robot e il Consiglio d'Istituto
  10. Fiat lux, ragione, fede, creazionismo
  11. Moltiplicatori di buone pratiche
  12. La prima trans
  13. Madonna Privacy del Registro
  14. Studente col timbro
  15. Il miracolo di madonna Privacy
Garanzia per il territorio nazionale - International Warranty

Ultimo aggiornamento: Mercoledì, 9 luglio 2003

E' possibile il voto elettronico sui personaggi semiseri: Vota il personaggio





























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School connection, ovvero il ‘bambacione®’
No, non è un programma di scambi internazional-virtuali riservato all’aggiornamento dei docenti di lingue con la complicità dell’UE...
E’ una complicità ben più ampia e ramificata, sul modello della Pizza connection o della Piovra 25.
Veniamo alla punta dell’iceberg (una connection è sempre un iceberg perché il più è invariabilmente sommerso): il rapporto IARD sulle condizioni di vita e lavoro nella scuola italiana semplicemente offre una conferma statistica e scientifica, a cura di un illustre sociologo, di ciò che tanto si sapeva benissimo.
Dunque la punta corrisponde all’ovvio, l’ovvio allo scientifico, il dato statistico alla punta e il cerchio s’è chiuso sulla School connection.
La scienza ci dice: il docente è più povero, meno soddisfatto, sta uscendo dalla classe media [io direi è già proletariato, infatti dato l’andamento demografico la propria prole è l’unica futura possibile fonte di sostentamento!], ricopre un ruolo marginale nelle dinamiche culturali del paese, ha sempre meno potere nei confronti degli studenti e del suo datore di lavoro, lo Stato; nella professione vengono sottolineati sempre più gli aspetti burocratici a scapito di quelli contenutistici: in nome della fobia di un ricorso al TAR degli studenti.
Nei giornali di Reggio Emilia è apparsa questa notizia: «Armati aggrediscono l’insegnante, il giudice li perdona».
A questo sono possibili due atteggiamenti: quello del credere in una School connection, a rischio di essere accusati di soffrire di psicosi persecutiva, oppure quello del continuare a credere nella buona fede della società, del Ministero, delle istituzioni, a rischio però di passare per cretini, anzi ‘bambacioni®’.

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L’abilitazione degenere
Le normative sono complicate. Se c’è chi anela a un’abilitazione, c’è anche chi non sa come fare a liberarsi da una acquisita, perché questa non gli va più bene e deve però togliersela di dosso per poter rendere valida un’altra più soddisfacente.
E’ chiaro come ottenerne una: letto il bando, occorre fare la domanda. Solo è difficile leggerlo il bando: per anni non viene scritto e, quando qualcuno lo scrive, ha incipit del tipo: «vista la L. ..., il DPR..., sentito il parere non ostativo..., decreta...»
Ancora più difficile, però, è togliersela un’abilitazione: non c’è nessun bando che stabilisca chi ne ha diritto, né nessun funzionario dei Provveditorati-che-non-esistono-più che sappia dire come fare.
Eppure in Italia c’è il divorzio, posso rinunciare alla cittadinanza, posso cambiare nome... se ho un figlio degenere posso ripudiarlo. Nessuno può ripudiare un’abilitazione: così dicono orgogliosamente gli addetti, per dare una risposta precisa e che li tolga dall’impiccio.
A qualcuno però è venuta in mente una vecchia norma: presente sicuramente nell’Italia spagnola, poi probabilmente passata nel codice Napoleonico, dunque norma europea.
Basta presentarsi al funzionario addetto, magari di fronte al più alto in grado cioè il Provveditore-che-non-esiste-più, e pronunciare una formula, non una formula magica, ma di ripudio. Quella formula è bene urlarla, onde evitare che il funzionario dica di non averla udita, ed urlarla di fronte a due testimoni poi disposti a giurare il tutto.
Chissà come reagirà il funzionario.

**** Alcuni commenti ****

Mario: «Beh!, uno potrebbe sposarsi, divorziare e nella divisione dei beni cercare di lasciare alla futura ex-moglie l'abilitazione indesiderata.»

Maria Pia: «Nel Dubai per facilitare la possibilità di ripudiare la propria moglie (visto che ne hanno tante la procedura sarebbe veramente lunghissima...) possono inviare un SMS e la legge considera il ripudio avvenuto. Per l'autore dell'articolo, invece di pronunciare 3 volte la frase Talaq (ti ripudio) basta un SMS, l'unico problema sarà da parte della moglie accertare che il messaggio provenga davvero dal marito...»

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Il docente asteriscato
In attesa del bollino... l’asterisco. Anche per le scuole la certificazione di qualità passa attraverso il bollino: ISO 9000 e qualcosa. Tuttavia l’autonomia diverge dalla standardizzazione, così nelle scuole non è ancora chiaro chi possa rilasciare bollini e su che cosa; dunque, in base all’autonomia si è proceduto ad una sorta di autocertificazione che passa attraverso l’asterisco e si realizza nei docenti con orario asteriscato o, tout court, nel docente asteriscato.
Ma cos’è l’ora con asterisco? E’ un’ora di compresenza, un’ora cioè in cui non si fa una sola materia, ma se ne fanno due.
Le compresenze, a fronte di una attenta progettazione, potrebbero servire a integrare discipline o argomenti specifici fra loro più o meno distanti (esigenza questa sempre più pressante in clima di multidisciplinarietà, n.d.r.); tuttavia l’orario asteriscato viene fuori da una decisione che stipula il contratto formativo con gli studenti affermando: «mai più di 30 ore la settimana per qualunque classe o indirizzo».
Le norme dei contratti, benché semplici, a volte sono difficili da leggere: in pratica questo significa che non si faranno più le seste ore perché, poniamo, la terza o la prima ora ha avuto una compresenza. Insomma, paghi uno e prendi due.
Proprio in quest’ottica, onde evitare che sempre e solo le stesse due materie si sobbarchino l’onere/onore dello sconto, tutti i docenti nell’arco dell’anno potranno fregiarsi a rotazione dell’asterisco: ecco perché non ci si trova tanto di fronte a un’ora con l’asterisco ma piuttosto al «docente asteriscato» , un docente insignito sul campo di una onorificenza quasi assimilabile a un ordine nobiliare.
Sulla scia dell'entusiasmo per il riconoscimento ottenuto (anch’io avrò il mio asterisco!) sorge un dubbio: la multidisciplinarietà non è solo fra due materie e, poi, una volta stabilito un principio occorre portarlo avanti in tutti i casi e in tutte le condizioni. Allora perché non fare tutte le ore con asterisco e con compresenza multipla di tre o quattro materie?
Si semplificherebbe pure l’orario: basterebbero due ore con asterisco multiplo al giorno, dalle 9 alle 10 e dalle 10,10 alle 11,10 mantenendo un intervallo di dieci minuti come irrinunciabile e fondamentale attività di socializzazione, settimana corta e poi... tutti a casa.

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La medievalista
- Te piace er medioevo?
- ... e tornace!



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La Provvidenza guercia
Qualcuno ha scritto: «appartengo alla generazione che prima ha ubbidito ai genitori e poi ha dovuto ubbidire ai figli.»
Ma, si potrebbe parafrasare: «appartengo alla generazione che da studente ha ubbidito ai docenti e da docente ha dovuto (in nome delle innovazioni pedagogiche) ubbidire agli allievi». La centralità dell’allievo e gli altri paradigmi della multi-scuola non sono altro che questo.
La fortuna è cieca, si dice, dunque può arrivare quando meno la si aspetta; ma perché la Provvidenza, pur senza limiti, è guercia?

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L’educazione subdolo-subliminale
Se Giovanni Gentile, ministro fascista e neoidealista, ha assegnato ai docenti di filosofia l’insegnamento della storia applicando un congruo ragionamento a partire dalla premessa secondo cui la filosofia dà il criterio della storia (ovviamente oggi le considerazioni sulla storia e la filosofia sono cambiate), la Repubblica ha assegnato agli insegnanti di storia quello dell’educazione civica stabilendo una congrua posologia: 1 ora ogni 15 giorni e al bisogno anche educazione stradale, alla salute, alla sicurezza, alla mondialità, all’Europa, all’Euro, all’ambiente, all’igiene... e qualunque altra educazione possa appunto «bisognare».
Eccetto che per pochi fortunati, le ore settimanali di storia sono due, dunque 8 o 9 al mese, dunque la posologia dell’educazione civica è un 20-25% del totale di storia. Se i contenuti di una materia non sono un elastico che possa essere indifferentemente allungato o accorciato a piacere, non è semplice trovare il tempo che la posologia prescrive.
Dunque, occorre ingegnarsi usando tutte le occasioni storiche e scolastiche per fare educazione civica: i casi in cui nella storia entrano diritti, norme di tipo costituzionale, forme statali e quelli in cui nella scuola entrano le assemblee, manifestazioni per antonomasia della democrazia.
Occorre però ricordarsi di avvisare i ragazzi che, mentre si sta spiegando un paragrafo, si fa anche educazione civica (magari con un raffronto storico o istituzionale). Ancora più occorre avvisarli che, mentre loro fanno assemblea (che giammai deve degenerare in pura bagarre come in Parlamento), quella è educazione civica: in modo da realizzare almeno qualche ora di educazione subliminale.
Se non li si avvisa, è sempre educazione civica (e la si può inserire nel registro personale), ma di tipo subdolo-subliminale.
Tuttavia, mi rimane un dubbio: questi tipi di educazione, oltre che innovativi, sono anche multi-media?

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Il buon samaritano
- «Ma prof.! Io sto copiando gli esercizi per lui che adesso è interrogato.»



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Foto-copia e foto-incolla
Riprendo hegelianamente il tema di una essenza, quella del «copia e incolla». Un personaggio che rappresenta, dunque, una modalità universale di essere.
La sua essenza costituisce una tesi che ancora è astratta e non si è estraniata da sé nella materialità, essa è tutta concentrata ‘in sé’ e per questo non si avvede di quel che pur sarebbe errore (di trascrizione): appunto una figura dello spirito che si manifesta in una serie di istruzioni software...
Questa figura è doppia al suo interno: il copia richiede l’incolla, l’incolla richiede il copia in un avvilupparsi che è lo svilupparsi perenne dello spirito software.
L’antitesi consiste nel prendere una pagina, fotocopiarla, ritagliarla e di nuovo fotocopiarla: si usa carta e toner, materia, calore, leggi fisiche e natura...
Questa antitesi è una nuova figura, non più software ma hard-ware primigenio: forbici e carta e colla che assieme costruiscono un intero mondo, o un suo pezzo comunque autosufficiente, dunque un ‘per sé’. Ovviamente fra questi esiste lo stesso avvilupparsi che si è visto nel copia-incolla: avvilupparsi che lascia stavolta traccia materiale di sé, nel cestino ove finiscono i ritagli.
Solo non ho ancora trovato la sintesi: dovrebbe essere qualcosa di più vero sia della copia sia della fotocopia, di più vero sia dell’incolla sia del fotoincolla, magari da superare a sua volta in sintesi ulteriori...

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Il primo sentimento della vecchiaia
Arrivare alla fine della IV liceo avendo perso il conto delle partite di briscola fatte.



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Le tappe del Calvario
Nel caso che l’originale da fotocopiare non sia esattamente nel formato A4, occorre fare qualche fotocopia da usare poi come master: la sintesi, dopo all’antitesi del «fotocopia e fotoincolla», va vista nelle dieci tappe per fare una fotocopia fronte e retro su due o più fogli.
  • Prima tappa: forbici e colla non ci sono. Con la fotocopia master ancora calda in mano si chiede un paio di forbici e della colla, a volte le si trova vicino al fotocopiatore, ma a volte no.
  • Seconda tappa: il nero bordo. Si elimina il bordo nero della ‘fotocopia originale’: è una contraddizione in termini, ma proprio in quel nero bordo buia terra e cupo cielo si incontrano; cioè si ritaglia e si incolla per ottenere una fotocopia master, una fotocopia che senza il bordo nero diviene essa stessa originale.
  • Terza tappa: il fronte-retro si inceppa. Si fa il numero delle fotocopie che servono sempre implorando che la fotocopiatrice non si inceppi, specie se si è avuta la cattiva idea (per risparmiare carta) di fare il fronte-retro e quella ancora peggiore (per necessità) di farne più d’uno.
  • Quarta tappa: la puntatrice rotta. Questo è il vero realizzarsi della sintesi, quello in cui si mette assieme il fotocopia e il fotoincolla in due o più fronte-retro.
    Vicino al fotocopiatore da cui faticosamente e penosamente sono usciti i fronte-retro, impastati di toner rinseccato, c’è solo una puntatrice rotta e per completare l’opera occorre trovarne una che funzioni.
  • Quinta tappa: il camino alla ricerca della puntatrice. Occorre andare dall’altra parte della scuola, dagli altri bidelli, per l’altra puntatrice; a volte la ricerca dell’altra puntatrice deve spingersi fino in segreteria.
  • Sesta tappa: il luogo dei punti. Occorre trovare un luogo in cui poter riposare e in una calma solo apparente e temporanea poter finalmente applicare i punti alle serie di fotocopie fronte-retro. Questo è un luogo in cui per un istante si assapora il fermarsi del tempo, nell’aspirazione e prefigurazione della fine dell’opera; subito dopo si inizia a puntare le fotocopie.
  • Settima tappa: i punti finiscono. Dal luogo di temporaneo ‘riposo’ occorre tornare dagli altri bidelli, o a volte in segreteria, per trovare i punti che mancano.
  • Ottava tappa: manca una fotocopia. Forse inavvertitamente la si è puntata assieme a qualche altra, oppure mancava fin dall’inizio; basta poco per decidere che la cosa più semplice, piuttosto che controllare tutto e dover pure trovare l’arnese per togliere i punti, è fare l’ultima fotocopia.
  • Nona tappa: l’ultimo fronte-retro. Così si torna mestamente al fotocopiatore per fare un altro, l’ultimo, il più importante, fronte-retro.
  • Decima tappa: l’ultimo punto. E’ questa anche l’ultima tappa con l’ultimo punto sull’ultima fotocopia dell’ultima serie di fronte-retro.

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La scuola nel buco
Ormai sono diversi mesi, e la notizia è passata inosservata per le solite carenze dei mezzi di comunicazione di massa, ma un articolo su «Italia oggi» del 18/09/2001 affermava testualmente: «Le ore di buco rientrano nella flessibilità oraria e danno diritto a un compenso [...] dunque potrà finalmente essere applicato al comparto scuola il dispositivo dell’art. 6, ultimo coma, primo periodo, del Regio Decreto legge 1825 del 1924...»
Allora, se così è, traslando l’affermazione nutrita di sano razionalismo greco «datemi un punto d’appoggio e sollevo il mondo» si può affermare in un meno sano razionalismo burocratico «datemi un buco e sollevo la scuola». Forse proprio per questo Provveditorati-che-non-esistono-più e Presidi-manager della nuova scuola che sta assistendo alla nuova riforma Bertagna si sono ben guardati dal dare attuazione e tanto meno informazione sulle nuove disposizioni che renderebbero possibile nella scuola l’applicazione del vecchio Regio Decreto che ai tempi suoi stava assistendo ad altra riforma...
L’insanità e la falsa coscienza di questo razionalismo burocratico, che spesso si allea alle Sirene informatiche, è esplicita in un’iniziativa di cui mi è giunta notizia dalla Lombardia sulla «Scuola e l’autovalutazione»: il progetto AIR, acronimo accattivante nel suo alludere alla levità dell’aria in cui la scuola può librarsi grazie alle nuove riforme, all’informatica, a internet, infatti sui buchi ci si può solo librare (non ‘librirsi’, forse al massimo ‘e-librirsi’ con un e-text), ma soprattutto tutto ciò è ben diverso da un modesto e vecchio sollevarsi con leve meccaniche che hanno il sapore della fatica e l’odore del ferro.
L’acronimo sta per ‘Autoanalisi [psicoanalitica?] di Istituto in Rete [internet?]’, ovvero la coscienza d’Istituto «spammata» fra i buchi senza i quali nessuna rete è tale?

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Le gite, il cameriere e i pomoli di materiale imprecisato
All’agenzia era stato chiesto un albergo in centro e a tre stelle, pensando di avere in questo modo qualche garanzia in più sul servizio offerto, infatti si è optato per il preventivo più alto che rispettasse queste esigenze.
Dopo qualche giro a vuoto siamo finalmente giunti di fronte all’hotel, non segnato su nessuna mappa in nostro possesso neanche su quelle tramandateci da gite precedenti, scortati da una indigena: ancora stentavamo a vederlo. In realtà l’hotel è la dependance di un motel costruita dietro al magazzino di un supermercato di periferia, solo la reception si trova davanti in uno stile autentico loft camuffato. Naturalmente il vicolo da percorrere la sera, dopo la cena nel locale sopra la reception, non è illuminato; di giorno, invece, nel supermercato appena prima della chiusura si vuotava il pullman...
Ma ancora in questa storia manca il personaggio principale, l’eroe.
Dopo che la sveglia era stata data con 45 minuti di ritardo e dopo che gli insegnanti erano già passati a bussare nelle stanze, è giunta la notizia del girare senza fine e senza effetti del pomolo dentro e fuori, con un ragazzo chiuso in bagno. Così l’unico cameriere presente (per 50 persone) si è preoccupato di liberarlo smontando pomoli e serratura, mentre gli insegnanti hanno continuato a servire la colazione ad alcuni allievi; fortunatamente la mattina alla reception non si alternavano i due invalidi del resto della giornata.

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Asterisco: cifra della scuola del nuovo millennio
Asterisco è cifra. Cifra in senso jaspersiano, non è un numero preciso, ma «il linguaggio della trascendenza», un simbolo non calcolato e non calcolabile, un’immagine, una parola, un suono che rimandano a qualcosa al di là di ogni soggetto e di ogni oggetto: una situazione-limite del mondo che rimanda ad altro.
Cifra della scuola del nuovo millennio è l’asterisco. Ci sono le ore con l’asterisco (e il docente asteriscato), poi i sei con l’asterisco.
In questo caso l’asterisco dona la sufficienza per la media e la promozione, ma nasconde un voto più basso che sparisce. Nessuno sa quanto vale la cifra, per quanto si possa arguire un numero fra 1 e 5 se addizionato, oppure fra 1,2 e 6 se moltiplicato... ma in realtà non tanto la matematica né tanto meno la didattica sanno quale operazione stia dietro all’asterisco e solo con la giurisprudenza si capisce come esso sia una situazione-limite e cifra della scuola: falso in atto pubblico obbligatorio per legge.
Ecco che un asterisco di fianco all’orario degli scrutini di alcune classi ha creato col suo solo apparire scompiglio, perplessità, preoccupazione: esulava dalle forme finora conosciute della cifra medesima.
- Forse l’orario è provvisorio, ma io a quell’ora comunque devo presentarmi.
- Forse, se si fa troppo tardi, salta al giorno dopo.
- Forse si metteranno tutti gli scrutini con asterisco nello stesso giorno dopo tutti gli altri.
- Forse saranno presieduti dal vicepreside.
- Forse...
L’asterisco era, stavolta, solo un errore di battitura o, forse, il risultato di un tic di cui inizia a soffrire il personale della segreteria nel nuovo millennio (come in ‘Tempi moderni’, n.d.r.).

Bene, ancora una volta il semiserio si dimostra profetico, anche se con rammarico devo ammettere di una profezia corta: il reale a grandi passi gli s’avvicina pericolosamente. Peraltro devo ancora una volta ringraziare la ministerial burocratica scelta degli acronimi.
La circolare n. 55 del 21 maggio 2002 prevede corsi per potenziare le competenze tic dei docenti così classificati: «1) docenti con scarsa o nessuna competenza (non alfabetizzati); 2) docenti capaci di usare gli strumenti tecnologici (alfabetizzati), ma non capaci di usarli in modo significativo in ambito didattico; 3) docenti esperti nell’uso didattico degli strumenti tecnologici; 4) docenti specialisti di Tic
Se queste sono le tipologie di partenza, che fare? Semplice, un mix di: «attività corsuali, autoformazione assistita da tutor, servizi e strumenti forniti in rete...»
Con quali concreti obiettivi? «a) Utilizzare in modo competente gli strumenti e le funzioni di base delle Tic...; b) utilizzare strumenti di base delle Tic, strumenti applicativi rivolti alla didattica, risorse in rete...» per i docenti analfabeti di tic. Invece per quelli già più esperti di tic: «conoscere esperienze e modelli significativi di uso delle Tic nella didattica [...] e saper indicare strategie e modalità di utilizzo delle Tic.»
In sintesi l’ordinanza recita: «Appare evidente che gli obiettivi di garantire alle giovani generazioni [...] possono essere raggiunti solo nella misura in cui l’uso delle Tic nella scuola italiana non rimane confinato all’interno di specifici ambiti disciplinari.» Solo l’allegato 2 spiega l’arcano acronimo: Tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che gli studenti devono sia saper usare, sia fruirne come «utenti consapevoli delle potenzialità e dei limiti».
Fin qui il dotto testo dell’ordinanza (solo le sottolineature sono mie), ora qualche chiosa.
«E’ altresì opportuno tenere presente che le Tic si presentano all’insegnante con una valenza triplice...»: sul modello cioè di Dante, Hegel o Guglielmo II?
Occorre fare in modo che «tutti i ragazzi abbiano acquisito una cultura digitale al termine degli studi...»: perché non usino più maiuscole, punteggiatura, congiuntivi, ma solo stringhe di 01001011...010.

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Gli intercalari e lo spirito dei tempi
Ricordo un intercalare di altri tempi, affermativo, concreto, rassicurante, forse un po’ ingenuo: «... è vero... è vero...» o la sua variante ugualmente concreta e propositiva, ma ancora più aperta e democratica: «n’è vero...»
Che differenza con i miei di oggi: «metti via... zitto... zitta... metti via... zitto...»; che differenza fra i tempi storici e i loro intercalari.

P.S. E’ notizia di questi giorni: gli intercalari volgari sono ammissibili per gli automobilisti...


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La griglia del crociato di paternità incerta
L’insegnamento a volte è missione, a volte anche bisogna prepararsi a nuove esperienze o a nuovi combattimenti.
Ecco la chiamata a una nuova griglia effettuata dall’inviato dell’imperatore cristiano (il Presidente unico di commissione, unico per una intera scuola qualunque sia il numero di alunni o sezioni, n.d.r.): griglia che sia autofondante il giudizio descrittivo e analitico, che cioè riesca nella riconquista del luogo salvifico, il Sacro Sepolcro, garanzia di salvezza da ogni malaugurato e forse demoniaco ricorso.
Come? Con le croci della nuova griglia, anzi con la grande crociata.
Ad ogni croce, una rapida descrizione ed ecco fatta contemporaneamente la crociata e la riconquista del giudizio. [cfr. qui ‘Della formula del giudizio dell’elaborato sufficiente’]
L’unico dubbio rimane sulla paternità: chi stabilisce ogni riga descrittiva in corrispondenza di ogni croce?
Ogni commissione ha le sue e, come spesso capita, si prende una fotocopia di un’altra scuola e la si cambia, così che ogni paternità sia non solo incerta, ma proprio irriconoscibile.

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Ubi, ubi ubi (ubique), ubiquitatem
Ubi è l’avverbio latino di stato in luogo che ammette un raddoppio, ubi ubi, il ‘dove (più ampio) del dove (specifico)’, cioè qualunque luogo: nel primo caso si specifica un luogo (per quanto ampio), nell’altro si è di fronte non semplicemente a un luogo ampio, ma al luogo in cui è il luogo specifico e ogni luogo specifico, dunque qualunque luogo cui non può che opporsi il limite dell’universo.
Quando un ente corrisponda a quest’idea, esso ha l’ubiquità (ubiquitatem).
A costo di ripetermi: o si individua un luogo preciso e unico, o aperta la strada alla somma dei luoghi essa non ammette alcun limite intermedio alla serie se non l’impossibilità materiale dell’aggiungere altri luoghi in un universo finito.
Così, si deve concludere, il Ministro della Pubblica Istruzione ha donato l’ubiquità ai Presidenti unici per le diverse Commissioni di ogni sede d’esame (ciascuna scuola secondaria superiore).
Si legge nei verbali di tutte le Commissioni di tutta Italia e di quelle all’estero: «Il giorno [...] alle ore [...] nei locali [...] sono presenti il presidente, prof. [...], e i commissari, prof. [...]»; solo la nota esplicita il miracolo chiarendo che «il presidente assicura la sua presenza nella sede d’esame». I verbali di ciascuna classe esaminata registrano la presenza (ubi) dei commissari e quella (ubi ubi) del presidente che non potrebbe essere in ciascuna aula quando due o più commissioni sono riunite contemporaneamente.
Sorgono alcuni dubbi: 1) se il Ministro può dare l’ubiquità con una nota dei verbali, pure ella deve essere ubiqua e non solo per semplice nota, è infatti ovvio che un ente finito spazialmente non possa dare l’ubiquità a un altro di sua emanazione mediata (i presidenti sono nominati dagli uffici scolastici regionali, n.d.r.); ma allora, perché non far risultare il Ministro come Presidente di ciascuna commissione ovunque (ubi ubi), sia in Italia sia all’estero?
2) quand’anche la Ministra ubiqua volesse nominare i presidenti mediante uffici periferici, perché pagarli dal momento che dovrebbero essere loro a pagare per avere ottenuto il dono dell’ubiquità, ammesso che quest’ultimo abbia un valore finito calcolabile o anche solo concordabile;
3) il dono dell’ubiquità è un miracolo valido solo per gli esami di maturità, oppure una volta ottenuto esso rimane? e, in questo caso, il docente ubiquo può l’anno dopo fare lezione a più di una classe contemporaneamente?


P.S. di inizio luglio 2003: dall’ubiquità alla santificazione, il passo è dovuto...

Il miracolo è avvenuto, si è ripetuto, i testimoni hanno firmato i verbali ufficiali che lo riconoscono. Il Presidente era presente contemporaneamente in nove punti dello stesso edificio: sei commissari di nove commissioni e 199 studenti lo hanno visto [numero più o numero meno, ma l’agiografia può più della matematica e della statistica, n.d.r.].
Potrebbe trattarsi di allucinazione collettiva? Certo in questi casi occorre essere molto prudenti, come ci hanno sempre insegnato la Chiesa, santa apostolica e romana, e le sue gerarchie.
Eppure... Eppure quel che distingue un autentico miracolo da una allucinazione è il ripetersi del primo in giorni e situazioni diverse. Come il 18/6, giorno in cui si ricordano la beata Marina di Spoleto [e l’agiografia qui si congiunge alle metafore acquatiche della scuola italiana, n.d.r.], San Calogero eremita e i Santi Marco e Marcellino; e ancora il 19/6, in cui si venerano Santa Giuliana Falconieri, i Santi Gervasio e Protasio, San Romualdo.
Così il titolo dell’ubiquità, acquisito lo scorso anno per una nota ai verbali, è quest’anno miracolo certificato per lo sparire provvidenziale della medesima nota da alcuni verbali modificati dopo essere stati generati da Conchiglia 2003.
Ma certo, oltre alla provvidenza, si dovrà anche ringraziare qualcun’altro, Santo o meno che sia...

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Il gruppo e il suo lavoro nel campo
Contenuto a data 2 settembre della circolare n. 3 di anno appena iniziato domenica 1 sono gli impegni per i prossimi giorni: collegio docenti, riunione per dipartimenti (le vecchie materie), gruppi di lavoro, secondo collegio docenti (tanto per non perdere il vizio...). Poi anche ci saranno i consigli di classe.
Il calendario è intenso: si sa, bisogna tenere occupati gli insegnanti appena tornati dalle ferie e prima che inizi la scuola.
Ma che sono i gruppi di lavoro, su che e dove si lavorerà? Nessuno ne aveva ancora sentito parlare.
Così, in attesa del dipanarsi lento e ancora un po’ assopito del primo collegio docenti, si congettura:
- Forse sono qualcosa di simile a un campo di lavoro. [La semantica e la storia più che questo aiuto non riuscivano a dare]
- Siberia, kibbutz, Caienna? [E già qualcuno iniziava a vedere dipanarsi la transiberiana, o srotolarsi le onde sui mari del Sud, o i pompelmi sul deserto...]
- Ma poi, il Ministero ci paga?
- No. Forse solo il viaggio di andata, poi se vuoi tornare paghi di tasca tua.
Finalmente il Preside spiega: i gruppi di lavoro sono, per ora, solo il progetto accoglienza e l’ordinamento d’Istituto.
- Preferisco andare a spaccare le pietre in Siberia.
Un rapido sondaggio demoscopico sulle file della piccionaia: la Siberia è proprio la soluzione più votata.
- Ma perché, ancora ci sono le pietre in Siberia?
- Beh, fra il ghiaccio e gli scavi minerari, qualcuna ci sarà.

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Il circolatiere, ovvero delle gerarchie serventi
Fra gli esseri serventi la prima che viene in mente è Ebe, la coppiera degli Dei, più importante di qualunque maggiordomo, quand’anche fosse di casa reale.
Il maggiordomo o il cameriere di una famiglia nobile sarebbe meno importante di quello di casa reale, ma certo tanto importante quanto quello presso una famiglia di banchieri (magari svizzeri) e forse oggi quest’ultimo lo avrebbe pure superato. Certo, però, neanche da paragonare alla colf di un bancario.
Ma il circolatiere del Preside a chi andrebbe paragonato e dove andrebbe posto nelle gerarchie serventi?
Circolatiere è il coordinatore nominato per una classe nello svolgimento di una funzione specifica: quella di porgere agli studenti le circolari redatte dal Preside per la diffusione tramite i coordinatori.
Mi sorge il dubbio se un circolatiere possa proporre il circolotto al consesso dei circolatieri (il Collegio docenti, n.d.r.): una circolare al lotto. Si tratterebbe di indovinare il numero dell’ultima circolare (ce ne può essere più d’una in un giorno) dell’ultimo giorno di lezione, che non sarebbe tuttavia l’ultima dell’anno scolastico perché certo altre ne seguiranno anche dopo la fine delle lezioni.
Quest’ultima considerazione sull’anelata ultima circolare dell’ultimo giorno mi conduce a due ultime immagini: a) la circolare infinita, ovvero l’infinto circolare delle circolari, un eterno fluire che può essere compreso solo astraendo da esso (ovvero leggendone il minor numero possibile); b) la circolare perfetta, ovvero quella che sempre circola e mai viene stampata, mai viene scritta.
Si tratta di due elementi di saggezza quotidiana dal vago sapore orientale applicati al dominio delle circolari onde evitare la circolosi e la sua forma degenerativa grave nell’allucinazione circolopoietica. Spesso la logica orientale porta a benefici a livello dell’individuo che non è visto come un ingranaggio che moltiplica o distribuisce circolari, bensì come parte ineliminabile del tutto, con una sua funzione e corrispondenza rispetto al tutto.
Sintomi della circolosi: 1) aumento della sudorazione al presentarsi del pensiero delle circolari del giorno dopo o di quello delle circolari del giorno attuale; 2) difficoltà ad addormentarsi se non si sono lette le circolari del giorno; 3) secchezza delle fauci dopo che per due o tre giorni si è perso il conto delle circolari emanate dal Preside o dai collaboratori del Preside; 4) allucinazione ‘circolatoria’, cioè occasionale presentarsi di immagini di fogli fotocopiati con un numero progressivo in alto a destra.
Nel caso l’allucinazione si ripeta costantemente per più di sei giorni e nel caso gli altri sintomi tendano ugualmente ad aggravarsi, si sta probabilmente vivendo il decorso degenerativo che conduce alla follia allucinatoria di tipo circolopoietico.

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Guerrino elettronico o anche solo elettrico
Si sa, i fondi per gli acquisti di nuovi strumenti e tecnologie ci sono, ma non sono infiniti: bisogna fare delle scelte. Video TFT a matrice attiva, tastiera estesa e senza cavi, masterizzatore, computer con sistema aggiornato per la stampante laser di rete...?
- Sì, ma quando è freddo che si fa?
- No, no. Meglio cercare una stufetta delle dimensioni giuste per essere appoggiata sopra alle ruote della sedia, ovvero sotto... e, si sa, il caldo tende a salire.
- Magari fra qualche anno, con qualche nuovo finanziamento, si riuscirà pure a potenziarla perché faccia caldo in inverno e freddo in estate col regolatore elettronico di temperatura relativa: un mini-paradiso appoggiato sopra alle ruote della sedia, ovvero sotto...

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La stanchezza preventiva
- Prof., siamo stanchi.
- Come fate ad essere stanchi: stamattina avete avuto Religione, Italiano, Educazione fisica!
- Sì, ma noi siamo stanchi perché la prossima ora c’è Matematica.

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A questa galleria ritengo di aggiungere sicuramente «Io sono 67/100», un personaggio che si trova nel file sulla quantofrenia e la didattica.
Poi si può andare per qualche pseudo-personaggio anche al file dedicato a Machiavellismo e didattica.

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Garanzia valida sul territorio nazionale -
International Warranty



Italiano
E’ superfluo osservare che quanto qui riportato è frutto della realtà scolastica.
Si garantisce pertanto che, nonostante le apparenze, non ci sia quasi nulla di inventato. :-)


English
It is obvious that everything here listed comes from scolastic reality.
It's given full warranty that almost nothing is changed from reality. :-)


Français
Il est évident que tout ici énuméré vienne de la réalité scolastic.
On donne la pleine garantie que presque rien n'est changé de la réalité. :-)


Deutsch
Es liegt auf der Hand, daß hier ausgedrucktes alles von der scolastic Wirklichkeit kommt.
Wird volle Garantie gegeben, die fast nichts wird geändert von der Wirklichkeit. :-)


Español
Es obvio que todo aquí enumerado viene de realidad scolastic.
Se da la garantía completa que casi no se cambia nada de realidad. :-)


Português
É óbvio que tudo alistado aqui vem da realidade scolastic.
É dado a garantia cheia que quase nada é mudado da realidade. :-)



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