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TIBERIO TIBERI
MARCELLO CROCE

STORIA DELLA

"VIVACE"

DI GROTTAFERRATA

La Vivace di Grottaferrata

Ritornando un po’ a ritroso nel tempo, arriviamo all’anno 1922, quando non s’erano ancora spenti in Italia gli effetti clamorosi del tremendo conflitto mondiale, da poco terminato.

Grottaferrata allora era una tranquilla oasi di pace e serenità, distesa con le sue pittoresche vecchie case lungo le verdi e solatie colline tuscolane. Pochi i suoi abitanti, per la maggior parte dediti alla viticoltura, molti i dipendenti della ex S.T.E.F.E.R., in seguito assorbita dall’A.CO.TRA.L.; pochi i commercianti, mentre numerosi erano gli artigiani. Nacque così, nel 1922, in questo tranquillo paese, che non arrivava allora a 3.000 abitanti, una delle prime e più famose Società calcistiche dei Castelli Romani, quando neppure l’"A.S.Roma", oggi così popolare, era ancora nata.

Suoi fondatori furono Giuseppe Tiberi, ora scomparso, da non confondersi però con l’omonimo, detto Peppino, anch’esso scomparso e che fu tra i primi giocatori della nuova squadra; inoltre Antonio Ciocca Alfredo Principini e Carlo Pisani. Da quest’ultimo abbiamo appreso che la prima riunione, nel corso della quale fu costituita la nuova Società, ebbe luogo nei locali della Trattoria denominata "Antico Capannone" e situata lungo l’attuale Corso del Popolo, laddove in seguito si trovava il negozio della fioraia "Clementina", allora proprietà del Sig. Federico Furlani. Inizia così anche per Grottaferrata l’avventura del pallone. A tal proposito si racconta che in quell’anno o nell’anno avanti, il primo pallone comparve a Grottaferrata ad opera di un tal misterioso personaggio, di nome Laudace, non meglio identificato.

Bisognava ora dare il nome alla squadra; il compito non era dei più facili, tanto che si ricorse all’aiuto del Dott. Giuseppe Luccichenti, nativo del luogo, il quale propose una rosa di aggettivi latini; prevalse quello di "Vivax" e la nuova Società fu chiamata così: "Società Sportiva Vivace".

Come colori sociali furono scelti il bianco-rosso, che più tardi divenne anche il colore del Gonfalone Comunale.

Il primo campo di giuoco della neonata società non era prettamente regolare, nè certo erboso ed era parallelo, secondo la lunghezza, all’ora magnifico Viale S. Nilo, detto Olmata, perchè fiancheggiato da bellissimi olmi, sostituiti, ora è qualche anno, da giovanissimi platani. Una delle porte era all’altezza dell’attuale villino dell’Avv. Rossotti e l’altra era a fianco di Via Roma.

Dapprima si disputarono solo partite amichevoli con Ariccia e Frascati, non regolate dalla Federazione Calcio. L’anno dopo (1923) si disputò la 1ª Coppa, messa in palio dal Dott. A. Folchi, eletto poi, nel II dopoguerra, deputato nelle liste della D.C. Al Torneo parteciparono 4 squadre (girone all’italiana): il "Genzano", l’"Ariccia", il "Frascati" e la stessa "Vivace"; tutte le gare si svolsero sul nostro campo. Si può immaginare l’accanimento con cui venne disputato il torneo e certamente nelle partite, più che la tecnica, prevalse, è il caso di dirlo, la vivacità e l’ardore delle contendenti. Ne uscì vincitrice la "S.S. Vivace", che così alla sua prima uscita acquistò subito prestigio nel mondo del calcio castellano. La squadra, allenata dal Sig. Alfredo Principini, nativo di Frascati, ma coniugato a Grottaferrata, era così composta: Luigi Centioni; Lello Brunelli, Mario Ciocca; Guido Ciocca, Presti, Giuseppe Conversi; Alfredo Spalletta, Antonio Spalletta, Cesare Tiberi, Pietro Centioni ed Ercole Tiberi.

Tutti i giocatori, ad eccezione del Presti, erano nativi del luogo e di pura estrazione popolare, poichè per la maggior parte si dedicavano al lavoro dei campi, praticavano l’arte muraria od erano artigiani, sicchè gli allenamenti si facevano di rado e irregolarmente, mentre la domenica tutte le energie venivano profuse sul campo di giuoco con un tale ardore da rasentare il fanatismo, mentre un pizzico ed anche più di campanilismo, molte volte portava ad eccessi gli spettatori paesani, che, senza distinzione di età, numerosissimi accorrevano alle accalorate dispute. Il tifo aveva fatto la comparsa anche sui nostri campi.

Nel 1924, per esigenze edilizie (si iniziavano infatti a costruire nella zona le prime case popolari), fu giocoforza spostare il campo in senso perpendicolare a quello di prima, cioè parallelamente, secondo la lunghezza, a Via Roma, dove allora vegetavano rigogliosamente numerosissimo alberi di gelso. Questa via per la sua pendenza e perchè in terra battuta, come quasi tutte le strade della Grottaferrata d’allora, si prestava molto bene alle corse dei cavalli, che si effettuavano, così si usava, durante le feste patronali e le Fiere. Lungo la stessa via si svolgevano nella bella stagione accesissime gare del "Giuoco del cacio", che consisteva nel far ruzzolare il più lontano possibile una grossa forma di pecorino, la quale spettava in premio ai vincitori.

Ma lasciamo da parte il folclore e ritorniamo al calcio. Una delle porte del nuovo campo, quella più verso Roma per intenderci, era quasi all’altezza del Viale S.Nilo, mentre l’altra era in prossimità di Via Trento. Certamente il campo non risultava esattamente orizzontale, ma lievemente in declivio verso il Viale stesso. Intanto la Società si preparava ad entrare ufficialmente nei campionati federali, disputando partite ora con questa, ora con quella squadra.

Specialmente nella bella stagione, numerosi giocatori, appartenenti alla "S.S. Lazio", alla "Fortitudo" e alla "Roma", come Bernardini, Nicolini, Fineschi ed altri, che venivano a villeggiare a Grottaferrata, meta estiva preferita dai Romani o erano amici dei villeggianti, si univano agli elementi locali per disputare partite amichevoli, sicchè questi ultimi ne traevano particolari vantaggi, soprattutto dal lato tecnico.

A tale proposito ricordiamo che fra i migliori e più assidui allenatori della "S.S.Vivace" furono gli studenti del Collegio Scozzese di S. Anna. la cui costruzione settecentesca è stata trasformata da alcuni anni in Ospedale dall’Istituto Neurotraumatologico Italiano. Essi, provenienti da Roma, dove studiavano, venivano a Grottaferrata a trascorrere nella loro ampia villa, distesa fra i vigneti, le vacanze estive. Ricordiamo che più volte, durante l’estate, scendevano dal loro Collegio, vestiti del loro abito talare, di un tal rosso acceso, da eccitare tanto la nostra fervida fantasia di ragazzi, e si portavano al campo sportivo di Viale S.Nilo. Là, smessa la loro veste religiosa ed indossata la loro divisa sportiva, che consisteva in una maglia, calzoncini bianchi e calzettoni bianco-rossi a strisce orizzontali, iniziavano i loro allenamenti con i nostri giocatori, che da essi traevano sempre nuovi progressi. Non per nulla erano figli di quella Gran Bretagna, dove l’italiano gioco della palla era stato rielaborato e regolato con termini prettamente inglesi.

Intanto il paese andava sempre più espandendosi nella zona dove sorgeva il campo sportivo, sicchè fu necessario spostarlo una seconda volta. Incerta però ne rimane la data; chi parla dell’anno 1925, chi del 1926; fatto è che il nuovo campo fu allestito di fronte al vecchio, lungo Via Roma, a destra scendendo. Certo la Società, non essendo sovvenzionata nè dalla finanza pubblica nè da quella privata, attraversava momenti difficili, tanto che i giocatori erano costretti a comperarsi personalmente gli indumenti sportivi, mentre la sede rimaneva nella cantina di Carlo Pisani, funzionando qualche volta da spogliatoio anche la cantina di Quirino Canestri, più vicina al campo sportivo.