LA SOFITA DI RICORDE di Lucio Eicher


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Prefazione

Appartato in una riservatezza che è connaturata alla gente dei monti, Lucio Eicher Clere è scrittore e poeta capace di far risuonare, con esiti misurati e lievi, la musica accorata degli affetti e di aprire il circuito della propria anima allo sguardo dialogante degli altri, così com'è deciso a difendere con partecipata convinzione di "militante" il senso della dignità umana, negli ambiti paesani e in quelli più ampi dello scenario italiano e internazionale.
In ogni caso il silenzio delle alte quote è per lui metafora di una condizione ottimale per ascoltare i battiti della storia, che si fanno ritmi di un'interiorità mai staccata dalla realtà fisica, bensì a questa strettamente connessa.
Costalta non è solo il luogo su cui si distende il suo segmento esistenziale, ma la sorgente da cui attingono linfa gli slanci creativi dedicati al canto e alla poesia. Lucio Eicher Clere tiene continuamente aperto una sorta di album di famiglia in cui, dovunque la foga di sfogliarlo capiti e si fermi, emergono nella loro nitidezza vicende legate a persone, conosciute direttamente o attraverso il racconto mediato.
Nel momento in cui la poesia le evoca, togliendole dalla polvere della soffitta, diventano familiari anche a chi quelle medesime figure sono del tutto ignote: esempi di un'umanità profondamente legata alla storia e alle tradizioni della montagna, che amplificati dalla lente dell'affetto, giganteggiano per un momento dopo aver lasciato il perimetro della loro proverbiale discrezione e abitudine al silenzio.
L'amore è la nervatura portante della poesia che scorre, di volta in volta, nelle sue gamme più diverse a dare sostanza alle persone, alle vicende, ai luoghi nei quali l'autore installa la propria capacità di percezione emotiva.
Protagonisti della riflessione, distesa in versi (in lingua ladina e nella traduzione in italiano, dello stesso poeta), sono la donna, le persone, le cose a cui si legano indissolubilmente i ricordi, i rumori, gli aromi entrati nelle narici e cristallizzati nella coscienza, le forme di un paesaggio sempre uguale a se stesso eppure diverso nelle sue cadenze e nelle strutturazioni interne.
Ogni lirica non è l'esito di uno scatto commemorativo puro e semplice, è bensì la formula del ritratto che delinea le fisionomie di umanità, tipiche della montagna e del Comelico e, nello stesso tempo, emblematiche di esperienze che, a differenti livelli e frequenze evolutive, si ripetono ancor oggi congiungendo tradizione e innovazione in una sintesi talora problematica nei suoi elementi di coesione.
Nell'opera di Lucio Eicher Clere c'è un gioco sottile a fondare l'occhio della vena poetica sulla fisicità di presenze, che continuano a pulsare anche oltre il loro tratto biografico; in questo, raggiungono la polarità concettuale della rarefazione e del simbolo, installandosi in una specie di palcoscenico, dove armonie e luci le riscattano dal buio del tempo e dal silenzio di una storia, che corre inesorabile col rischio di inghiottire nella sua voracità i riferimenti del passato, utili anche a capire il presente.
Qui lo spunto ironico dell'autore raggiunge livelli di vibrazione lirica, sospinta ad allargare la varietà di umori in una gradazione piuttosto estesa, dall'elegia pacata e talvolta malinconica al guizzo irridente e ludico. Sempre con un'attitudine piena a modulare il pensiero dentro una norma che rende cantabili le poesie, come sono recitabili i testi delle canzoni che Lucio Eicher compone da anni in onore della sua gente e della montagna a cui è strettamente legato.

Enzo Santese



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