ELEPHANT
Di G.Van Sant, USA 2003
Sulla
strage alla Columbine school si era già visto il documentario
di Michael Moore. Questo film invece si occupa dei ragazzi, delle
loro vite e delle loro solitudini. La macchina da presa li riprende
da dietro mentre camminano nella scuola, li accompagna passo dopo
passo nelle loro attività. Le vite dei ragazzi si intrecciano
e si sfiorano. Poi il punto di vista cambia e i protagonisti diventano
solo comparse nella vita degli altri. C’è il ragazzo
che ama la fotografie, quello che ha problemi col padre ubriaco,
le ragazzine superficiali che prima mangiano in mensa e poi vomitano
tutto nei bagni per non ingrassare, e c’è quella
bruttina che si vergogna di tutti e scappa di fronte agli altri.
E poi ci sono quei due matti che si comprano fucili automatici
in internet e un giorno come un altro decidono di fare una strage.
Hanno un piano preciso, si sono preparati alla perfezione. Sparare
sui compagni di scuola per loro non è diverso da una partita
ai videogame. j.n.
eXistenZ
Di D.Cronemberg, Canada/Gb 1999
Allegra
progetta giochi di realtà virtuale ed eXistenZ è
la sua ultima creatura. Creatura in senso letterale perché
è una specie di playstation biomeccanica, praticamente
una schifezza di carne ed ossa che funziona connettendola direttamente
alla spina dorsale grazie ad una particolare porta, e crea realtà
parallele dove puoi giocare a fare il detective o il killer di
turno, comodamente seduto in poltrona. Scegli tu chi vuoi essere
e porti a termine la tua missione… Il fatto è che
questi giochi fanno uscire di cervello parecchia gente, e poi
ci sono le case produttrici concorrenti.
Per questo Allegra rischia la vita, almeno finché il gioco
non sarà uscito. Tentano di farla fuori per catturare il
segreto del suo gioco e distruggerlo, così lei è
costretta a giocare una partita per trovare la salvezza. Così
realtà e fantasia, vita reale e gioco si confondono fino
al punto che nessuno riesce più a capire quale sia la realtà
e quale la finzione. Regista compreso. j.n.
FRIDA
Di J.Taymor, 2002
Con Salma Hayek, Alfred Molina, Geoffrey Rush, Ashley Judd, Edward
Norton, Antonio Banderas, Valeria Golino
Essere una
pittrice in Messico agli inizi del novecento non dev’essere
cosa semplice, soprattutto se il marito è il grande pittore
Diego Rivera, famoso in tutto il Messico e molto richiesto anche
negli Stati Uniti e dal signor Rockfeller in persona. Il marito
poi è uno che non si fa mancare niente in fatto di donne,
e allora può succedere che si perda la testa, che non si
faccia più distinzione tra uomini e donne. Poi c’è
la malattia. L’incidente che da giovane l’ha quasi
paralizzata e che ora la tormenta dal dolore. Poi ci si mette
anche la storia di mezzo, ospiti famosi come Trotsky, che non
si limitano ad apprezzare la cucina locale, ma vogliono qualcosa
di più... Come scaricare tutta la rabbia e il dolore se
non in quadri che dipingano tutta la sua sofferenza.
Forse è il solito film biografico, che idealizza la figura
della protagonista e rende macchiette tutti gli altri personaggi,
ma alla fine non è così male come può sembrare.
j.n.
GADJO DILO
Di T.Gatlif, Fra 1998
Con Romain Duris
Cammina
lungo una strada nel bel mezzo del nulla. Inutile sperare
in un passaggio. Se la fa a piedi. La notte è dei lupi
e dei disperati. Un vecchio, Isidor, annega nell’alcool
la sua preoccupazione per un figlio finito chissà dove.
Non puoi tirarti indietro. Ti fai anche tu un goccetto. Solo
uno straniero pazzo può venire in Romania. Tutti dalla
Romania prima o poi se ne vanno e invece questo qui c’è
venuto di proposito. A fare che? Cerca una cantante. Nora
Luca. Ma non c’è fretta. L’ospite è
sacro. Matrimoni combinati. Una donna in cambio di una mercedes.
Funerali musicati. Balletto di rito, lezioni di lingua e provocazioni
sessuali. p.n.
GOODBYE MR.VENGEANCE
Di Park Chan-wook , Corea S.2002
con Song Kang-ho (Dong-jin), Shin Ha-kyun (Ryu), Bae Du-na (Young-mi)
Un
paio di conferme dal cinema coreano. Uno, meglio non parlare
che dire stronzate. A questo proposito il regista è abbastanza
indeciso, il protagonista è muto, ma tutti gli altri
non perdono occasione per sparare cazzate. Due, il piacere per
le scene forti. E ce n’è davvero per tutti i gusti,
dai punteruoli piantati nella giugulare, al taglio dei tendini,
al coltello piantato in pieno petto, al tizio che si affetta
la pancia, al padre che assiste all’autopsia della figlia
uccisa ecc… C’è poi un classico del cinema
orientale, il gusto per l’umorismo del cazzo: scene di
masturbazione di gruppo, con 4 tizi che si “fanno”
scambiando i gemiti di sofferenza provenienti dalla stanza accanto,
per ben altro. Poi c’è un tizio handicappato che
si trascina tirandosi per la giacchetta, e i quattro terroristi
“cattivissimi” che vendicano la morte della loro
compagna nel finale, che fumano all’unisono e sembrano
più innocui degli impiegati della posta.
Eppure il filma parte piano, affrontando temi sociali. Il protagonista
sordomuto si occupa della sorella che ha assoluto bisogno di
un trapianto di reni. Non potendole donare il suo, decide di
fidarsi del mercato nero di organi e scambiare il suo rene (più
10 milioni) con uno compatibile per la sorella. Lo fregano,
ma la cosa peggiore è che i dottori trovano il rene per
il trapianto e a quel punto non ha più i soldi per pagare
l’operazione. L’unica cosa da fare è rapire
la figlia del suo datore di lavoro, che nel frattempo lo ha
licenziato, e chiedere un riscatto… e fin qui, tutto bene.
Poi deve essere successo qualcosa, perché come per rispondere
ad un irrefrenabile necessità di vedere del sangue, improvvisamente
il registro cambia e uno alla volta tutti cominciano a morire
come mosche: la sorella si suicida, la bambina rapita annega,
tutta la famiglia dell’altro uomo licenziato muore avvelenata,
la vendetta del padre si scatena prima contro la ragazza del
protagonista ammazzata a furia di scariche elettriche e poi
contro il sordomuto annegato e fatto a pezzi. E quando tutto
sembra finito anche il padre viene fatto fuori in modo ridicolo.
Insensato abbiamo pensato, ma sarebbe bastato conoscere un po’
più l’inglese ed era già tutto nel titolo…
stupidi noi! j.n.
HEDWIG – La
diva con qualcosa in più
Di J.Cameron Mitchell, USA 2000
Se devo definirlo con due parole questo film,
allora dico “Musical Transessuale”. Due parole che
già prese singolarmente allontanerebbero la maggior parte
degli spettatori, immaginatevi cosa succede a vederle messe
assieme.
La storia è la classica biografia, i soliti tentativi
di arrivare al successo della solita star di turno, fino al
successo finale. Solo che qui la star, come ci tiene a ricordare
puntualmente il titolo, ha qualcosa in più, e quel qualcosa
sta in mezzo alle gambe. E poi il successo finale non è
proprio quel successo che immaginava. Insomma, individuato il
genere, la storia scorre tra gioie, amori e delusioni, ma soprattutto
queste ultime. E sulle canzoni cosa dire… quelle più
veloci sono anche belle, ma i lenti fanno venire il latte alle
ginocchia. Per non parlare del fidanzatino adolescente che diventa
rockstar rubando le sue canzoni. j.n.
IN MY COUNTRY
Di J.Boorman
Con Juliette Binoche, Samuel Jackson
Chissà se prima o poi la finiranno
di prendere come scusa la vita e la tragedia di persone e
popoli come Nelson Mandela e i Sudafricani, per fregare la
gente e rifilargli la solita merda sulla solita scappatella
extraconiugale. Se l’idea è quella di raccontare
le torture della polizia durante l’apartheid, i processi
di “ripacificazione” in cui vittime e carnefici
venivano messi a confronto e di fronte al pentimento di questi
ultimi si procedeva ad una specie di super condono, dove anche
il più sanguinario aveva diritto al perdono e all’annullamento
della pena. Se l’idea è questa.. bè..
allora rimane molto sullo sfondo. E se la storia deve essere
solo lo sfondo un po’ folcloristico per la trama scontata
di un film, allora preferisco diecimila volte un documentario.
j.n.
LE INVASIONI
BARBARICHE
Di D.Arcand, Canada 2003
Il
film parte bene con la camera che segue l’infermiera
tra le corsie di uno dei tanti ospedali statali così
disastrati da accumulare pazienti nei corridoi, tra fili
che penzolano e letti in disordine, mentre porta ai pazienti
l’ostia per la comunione. Ma è solo l’inizio,
perché poi comincia una galleria di personaggi e
di luoghi comuni da mettergli letteralmente le mani addosso.
In breve ecco la storia. Remy è un professore universitario
che nella sua vita ne ha viste di tutti i colori, amante
delle donne e del vino, orgoglioso di essere un comunista,
ma ora è agli sgoccioli per colpa di un tumore. Il
figlio Sebastien è un manager di successo, abituato
a risolvere tutto coi soldi e uno schiocco di dita, non
va molto d’accordo col padre, ma spinto dalla madre
cerca di rendere meno tristi e dolorosi i suoi ultimi giorni.
E allora basta ungere un po’ le ruote, come si suol
dire, e un intera corsia viene messa a disposizione del
vecchio professore. Poi bisogna contattare gli amici che
vengono da mezzo mondo con il loro carico di ricordi e di
cazzate.
Già, perché da quando entrano in scena loro
è tutto un susseguirsi di battute del cazzo e sul
cazzo. Ci sono le sue due amiche che ricordano con nostalgia
i tempi in cui riuscivano a fatica a staccargli la loro
bocca di dosso, l’amico finocchio che vive a Roma
col suo amichetto italiano e che ci tiene a render noto
il ritmo delle sue copule e poi quell’altro, anche
lui professore, ma sposato con una giovane bionda tutta
tette e culo e niente cervello. E via col passato, il presente
e il futuro. Non c’è argomento su cui non venga
risparmiata una battuta o un commento. Il terrorismo e l’11
settembre, la morte e l’eutanasia, il servizio sanitario
pubblico e privato, la religione e la filosofia, i poliziotti
e i sindacati corrotti, la politica canadese e americana,
e figurarsi un po’, per accattivarsi il pubblico italiano
c’è persino una battuta su Berlusconi (a meno
che non sia opera dei doppiatori!).
Poi le condizioni del malato peggiorano e il figlio gli
procura una ragazza che di droghe se ne intende e gli pratica
una terapia del dolore a base di eroina e cocaina, fino
a che non c’è più nulla da fare e non
resta altro che morire, nel modo più indolore possibile.
Ma non prima che tutti gli amici lo abbiano salutato uno
alla volta come fosse in partenza per un viaggio, senza
risparmiarsi un’ultima cazzata, prima di chiudere
gli occhi pensando all’unica cosa per cui è
valso davvero la pena vivere. Un bel paio di gambe di donna.
j.n.
L’ISOLA
Di Kim Ki Duk, Corea S. 2000
con Jung Suh , Kim Yoosuk, Sung-Hee Park, Jae-Hyun Cho,
Hahng-Seon Jang
I
coreani non hanno molto da dire, è gente di poche
parole, che ama i gusti forti e più di tutto il
silenzio. Per questo Hiun-Shik si rifugia in una delle
isole galleggianti, zattere a forma di casetta, affittate
ai pescatori dalla giovane e muta Hee-Jin. Per questo
e anche per nascondere l’assassinio della moglie
e del suo amante. L’affitta-isole è una ragazza
che sa quello che vuole. Per arrotondare lo stipendio
procura prostitute per allietare le notti dei clienti
pescatori e di tanto in tanto si offre lei stessa. Ma
il nuovo arrivato la intriga più di altri, è
disposta a tutto pur di averlo. Uccide per lui. Ma quando
arriva la polizia a far domande Hiun-Shik sceglie un modo
nuovo per suicidarsi. Ingoia una manciata di ami da pesca
e poi…zac. Tira la lenza. Lei lo nasconde alla polizia
e poi lo ripesca salvandogli la vita. Ma la gratitudine
non è il suo forte e decide di andarsene, così
ora è lei a farsi del male usando lo stesso modo
del suo amato. Stavolta però il metodo, se possibile,
è ancor più doloroso. Gli ami questa volta
li inserisce in un’altra “cavità”,
che non staremo qui a svelarvi… Il rimorso fa tornare
l’uomo sui suoi passi e l’amore trionfa, mentre
la zattera va alla deriva, come i personaggi di questo
film, trascinati dalla corrente verso un destino fatale.
j.n.
KILL BILL vol.2
di Q.Tarantino, USA 2004
Recensione
vol.1
Mancava
ancora qualche capitolo per vedere la fine della vendetta
della sposa, così torniamo al supermercato del cinema
sei mesi dopo e prendiamo posto. Tutto è rimasto
uguale, la sposa è ancora a terra e Bill sta per
bucarle il cervello. Bang!
Ma come sono andate davvero la cose? Meglio non fidarsi
della stampa locale, tendono sempre ad esagerare le cose.
Meglio che sia lei a raccontare come andarono effettivamente
le cose.
Tanto per cominciare non era il giorno delle nozze, erano
solo le prove. E allora perché la sposa era vestita
“da sposa”, non porta mica male? In effetti.
A Bill la storia del matrimonio non è andata proprio
giù, sapete come è fatto Bill…
Ma questo è successo tanto tempo fa, oggi è
tutto diverso. La sposa è tornata per prendersi ciò
che è suo… Bill. Ma prima bisogna regolare
i conti con le altre due Vipere rimaste ancora vive.
Budd non se la passa granché bene. Fa il buttafuori
in uno strip bar e pulisce i cessi quando si spaccano. Sa
che lei sta per arrivare e le prepara una gran bella sorpresa.
Per quanto perfetta possa essere una spada giapponese, non
può nulla contro un buon vecchio fucile americano.
La penserebbe così anche Johnny Cash che suona in
sottofondo. E la sposa se ne va a sorpresa dritta sottoterra
per una delle scene più angoscianti di tutto il film.
Essere sepolti vivi non fa davvero un bell’effetto.
Non è il momento per l’amarcord, ricordare
i bei tempi passati non potrà certo aiutare la sposa
ad uscire di lì… o forse si. Già, il
maestro di arti marziali cinese, quello con la puzza sotto
il naso, le sopracciglia da guinness dei primati e il pizzo
più saccente che si sia mai visto. Le ha insegnato
qualche trucchetto che fa al caso suo.
Per qualche attimo pensiamo di aver sbagliato sala, siamo
capitati nel bel mezzo dell’ “Alba dei morti
viventi”, ma è solo un momento e subito siamo
nel profondo West di Sergio Leone, mancano solo cinturoni
e cavalli.
Elle non l’ha presa bene. Voleva ammazzarla lei la
sposa, così prepara una sorpresa velenosa per il
suo vecchio amico Budd. Chissà perché ma le
DiVAS (le vipere assassine di Bill) tendono sempre ad ammazzarsi
tra loro. Poi arriva lei.
La roulotte di Budd è un po’ stretta, soprattutto
se si decide di incrociare le lame di Hanzo. E quale vendetta
migliore che togliere a un semicieco ciò che ha di
più caro.
Ora è rimasto solo Bill, ma la storia è ancora
lunga così vi dirò che è qualcosa che
ha a che fare col Messico, col vecchio amico pappone di
Bill, con Superman e Clark Kent, col pesciolino rosso che
non batte più la sua coda e con B.B.
E poi c’è quel colpo mortale che quando te
lo fanno ti restano solo cinque passi e poi sei fottuto
perché il cuore ti esplode dentro.
E allora non ci resta che rimanere seduti e non rialzarci
più da queste comode poltroncine… almeno finché
l’ultimo titolo di coda ha attraversato lo schermo.
j.n.
***
Recensione vol.2
Ci pensa
Tarantino a sollevare il morale della confraternita scassata.
Una bella impresa considerato che il loro morale di questi
tempi è sotto le scarpe. I superstiti di quella che
un tempo era una banda di tutto rispetto si contano sulle
dita di una mano a cui hanno fatto saltare via due dita.
Se siete bravi con la matematica siete arrivati a capire
che i superstiti sono tre. Mr Paolo al servizio della società
alias ScrollaPiscio, Mr Giuseppe l’incantatore di
bambini alias Il miglior amico dei bambini, Mr Berto al
servizio del Menini alias Cornastorte. I tre tizi non si
parlano. Non scorre buon sangue tra loro. Perché?
Semplicemente perché il passato non si ripete. Le
idee si sono appiattite come merda calpestata, per intenderci.
Cornastorte fa il girotondo con la sua auto. Il miglior
amico dei bambini fischietta qualcosa di poco allegro. ScrollaPiscio
non fa quello per cui gli è stato dato il nome. Otto
e trenta. Se qualcuno di voi qui in sala ha intenzione di
trasgredire la legge sul copyright, bè non lo faccia.
Se l’avete già fatto siete pregati di autodenunciarvi
alla caserma più vicina. E adesso che si fa? Me la
sto facendo sotto.
El Paso. Niente è così lontano che Bill non
possa arrivarci. Vuoi farmi credere che tu vuoi sposare
quel cazzone? Bè ci credo. Fai come vuoi. Io mi siederò
dalla parte della sposa. Me ne starò lì tranquillo.
Non ti rovinerò la festa, ma non chiedermi di accompagnarti
all’altare. E non dirmi che questo è il giorno
più bello della tua vita, altrimenti mi farei una
considerazione errata su tutto quello che è stato
il resto della tua vita. Far credere a una persona che ti
ama che non ci sei più è la peggior cosa che
si possa fare. Sei una troia. Ma non prendertela. Anch’io
sono un poco di buono. Siamo killer. Noi due. E ad un killer
non puoi chiedere di chiamarsi fuori. Nasci killer e ci
muori. Ho cercato di farti fuori in molti modi. Te la sei
cavata. Meriti la tua vendetta. Siamo persone sbagliate
per questo cazzo di posto. Sai qual è il mio supereroe
preferito. Superman? Certo come fumetto non era un gran
che, ma la filosofia di quello che ci stava dietro. Bè,
quella si che era forte. Sai di quel tizio anonimo, pallido
e sfigato? Clark Kent! Clark Kent era come Superman vedeva
noi umani. Era la sua interpretazione dell’umanità.
Per farsela con gli umani Superman vestiva i panni di Kent.
Io e te siamo come superman. Ci proviamo ad essere come
gli altri Kent, ma non riusciremo mai abbastanza ad esserlo.
Essere la mamma di quella bambina non sarà sufficiente
a farti dimenticare la tua vera natura. Sei un killer. Quindi
facciamola finita. Kill Bill, se ne sei capace.
p.n.
KISSED
Di L.Stopkewich, Canada 1996
con Molly Parker, Peter Outerbridge, Jay Brazeau, Natasha
Morley, Jessie Winter Mudie, Joe Maffei
Sandra
è una ragazzina curiosa, anche troppo. Non è
come le altre bambine, niente bambole inanimate. Se proprio
deve giocare con qualcosa di inanimato, meglio farlo con
qualcosa che almeno una vita l’ha avuta. E’
così che nasce la sua collezione di cadaveri di animaletti:
topi, scoiattoli, uccellini… roba da far scappare
tutte le sue amiche. I suoi gusti particolari la portano
verso la solitudine. Difficile fare amicizia con una cui
piace da morire l’odore dei corpi in decomposizione.
Passano gli anni e la ragazza cresce e quale lavoro può
essere più adatto se non una agenzia di pompe funebri?
E allora eccola lì a maneggiare cadaveri, alternandosi
tra lavoro e corsi di medicina legale all’università.
Maneggia oggi, maneggia domani, finisce che uno si affeziona
a quei corpi senza vita… ma il suo interesse diventa
molto particolare. Anche quando riesce a trovare un ragazzo
in carne ed ossa che si interessa a lei, non riesce a fare
a meno del suo hobby. Tanto che il suo boyfriend trova un
estremo rimedio per poterla conquistare definitivamente!
j.n.
KITCHEN STORIES
Di B.Hamer, Sve-Nor 2003
Svezia
e Norvegia non sono i primi posti che ti vengono in mente
quando si parla di divertimento. Sarà il paesaggio
che non aiuta, soprattutto d’inverno, oppure saranno
i suoi abitanti e la loro grande vivacità. Ma si
sa, la gente del nord non è proprio quello che potresti
definire “chiacchierona”. E’ gente colta,
gente che studia. Anche le cose più inutili. E’
così che un’industria per l’arredamento
casalingo decide di far partire uno studio sul comportamento
domestico dei single norvegesi. Strano che non sia venuta
in mente anche a noi un’idea del genere. Alcuni osservatori
partono per la loro missione, armati del loro monolocale
a quattro ruote sotto forma di roulotte verde, seggiolone
da arbitro di tennis e quaderno per gli appunti, dove tracciare
tutte le traiettorie percorse dallo sventurato soggetto
preso in esame. Unica regola, vietato fraternizzare con
il soggetto studiato. Non è una regola da poco. Starsene
lì arrampicato su quel seggiolone come un bambino
un po’ troppo cresciuto, aspettando che il tizio faccia
un qualsiasi movimento senza mai potergli rivolgere la parola
potrebbe rivelarsi un lavoro più complicato del previsto.
Già qualche altro osservatore è andato fuori
di testa. E anche noi rischiamo grosso visto che prima ci
si mette la pellicola a fare i capricci: salta l’audio
e le voci si sentono lontano, lontano come affondate nella
neve. Ma non è un effetto voluto, qualcuno dev’essersi
addormentato in sala proiezioni per almeno un quarto d’ora,
visto che poi l’audio torna, anche se ormai i protagonisti
hanno finito gli argomenti. Poi è colpa del film
che stenta a decollare, trascinandosi stancamente fino allo
scontato finale. L’osservato diventa osservatore,
fa un buco nel soffitto della cucina per spiare quello che
lo spia. Un po’ per curiosità un po’
per vendetta, decide di non scendere al piano di sotto e
cucinare in camera pur di non sentirsi quegli occhi sempre
addosso, finché tra i due non nasce quell’amicizia
che rende impossibile continuare l’esperimento. j.n.
KOPS
Di J.Fares, Sve 2002
Con Fares Fares, Torkel Petersson
La
Svezia è un posto tranquillo, specie in provincia.
Bè, a dire il vero qualche volta può capitare
che una mucca calpesti dei fiori o che qualche simpatica
nonnetta bari a poker. Certo, la polizia passa il tempo
al chiosco dei wurstel, a fare partite di hokey in mezzo
alla strada, a giocare a carte e a insegnare al cane a fare
il coniglio. E vi sembra questo un buon motivo per chiudere
la stazione di polizia locale? C’è Jacob che
mette annunci sul giornale per trovare una madre per sua
figlia e che non può fare a meno di suonare tre volte
il clacson ogni volta che esce dall’auto, anche nelle
situazioni più impensabili. C’è Benny
che sogna di essere un superpoliziotto alla Bruce Willis,
di affrontare i delinquenti con effetti speciali alla Matrix,
segue il metodo del “Precrimine”, e impiega
28 secondi ad entrare in casa, irrompere in ogni stanza,
pistola alla mano, accertarsi che tutto sia in ordine e
servire il pasto al gatto. Poi ci sono Lasse e Agneta, marito
e moglie che non perdono l’occasione di offendersi
a vicenda, chi per la pancia troppo grossa e chi per le
tette pendule.
Ma forse qualcosa si può fare per dimostrare all’ispettrice
venuta a chiudere la stazione di polizia: basta alterare
un tantino le statistiche. Magari cominciare con qualcosa
di inoffensivo, chessò, distruggere un cestino della
spazzatura o pagare l’ubriacone del paese per rubare
una confezione di wrustel dal droghiere. Poi, se proprio
non dovesse bastare, si potrebbe imbrattare qualche muro,
distruggere qualche macchina e incolpare dei vandali venuti
da fuori. E se proprio l’ispettrice non dovesse berla,
si potrebbe far saltare in aria il chiosco dei wurstel e
incolpare la mafia o organizzare un rapimento finto…
già!
E se non dovesse funzionare? Potrebbero sempre fare i pizzaioli!
j.n.
LOST IN LA
MANCHA
Di K.Fulton e L.Pepe
Certi film nascono male e non c’è
niente che puoi fare per raddrizzarli. Questo è il
documentario sul fallimento dell’ultimo film di Terry
Gilliam, se tutto fosse andato come sarebbe dovuto andare
sarebbe stato uno di quei tanti extra che raccontano in
dietro le quinte del film, magari con le solite interviste
ad attori che ripetono le stesse identiche cose per ogni
regista e ogni collega.
Ma Gilliam ha già avuto esperienze del genere in
passato. Fare un film significa trovare gli attori giusti,
ma il problema è che gli attori giusti non abbiano
il fisico a pezzi. Poco importa se Jean Rochefort sia perfetto
nella parte di Don Chisciotte se poi non riesce a star seduto
sul cavallo per via della prostata… Se poi ci si mette
anche il tempo, allora… Un temporale così in
Spagna non lo vedevano da anni. Tutto spazzato via, costumi,
scenografie, macchinari. Vaglielo a dire tu ai produttori
che non è rimasto più nulla. Le assicurazioni
poi, quelle non rimborsano mai un tubo. Riescono sempre
a cavarsela quando si tratta di sborsare. E così,
anche se hai a disposizione un Depp che sarebbe stato un
Rancho Panza da morir dal ridere, non resta che rinunciare…
e magari rimandare tutto a tempi migliori… Pioggia
permettendo. j.n.
LOST IN
TRANSLATION
di S.Coppola, USA 2003
con Scarlett Johansson, Bill Murray
A
Tokyo la vita è frenetica. Inutile parlare delle
luci della città o dei suoi locali. A Tokyo arriva
Bob, una star del cinema. E’ lì per girare
degli spot pubblicitari, un modo per far soldi quando
la pausa tra un film e un altro diventa insostenibile.
Bob è al venticinquesimo anno di matrimonio, pochi
se consideri che un terzo della vita li passi dormendo.
Le serate sono lunghe, te ne stai un po’ al bar
dell’albergo e poi ritorni alla tua camera, sperando
che tua moglie non ti telefoni per l’ennesima volta
per domandarti se hai scelto o meno quale moquette del
campionario che ti ha spedito si intona meglio con il
tuo ufficio. Poi accendi la televisione e quello che vedi
è un concentrato di programmi trash da voltastomaco.
Ritorni al whisky.
A Tokio c’è pure Scarlett, una biondina sposata
da appena due anni con un fotografo. Deve trovarsi qualcosa
da fare, quando il marito è al lavoro. Anche lei
soffre di insonnia e passa le serate al bar dell’albergo.
Una notte Bob e Scarlett si incontrano e passeranno il
tempo che li separa dal loro ritorno all’altro capo
del Mondo andando i giro per ristoranti, feste private,
discoteche e locali di karaoke. Tokyo diventa meno gelida
e solitaria anche se rimane per alcuni suoi aspetti ancora
incomprensibile. E’ normale che ci siano delle fasi
poco esaltanti nella vita, prima o poi tutti le superano,
basta aspettare. Supererai anche questa. Lei ci conta,
ma dirsi addio rimane lo stesso doloroso come lo sono
la maggior parte degli addii.
p.n.
I LUNEDI'
AL SOLE
Di F.L.de Aranoa, Spagna
Brutta
cosa la disoccupazione. Non è facile trovarsi sulla
strada quando sei così vicino ai cinquanta, niente
prospettive, niente lavoro, niente famiglia. Rimane il
bar, e l’alcool. Gli scioperi, gli scontri con la
polizia, non sono serviti a nulla. Avevano ragione, ma
adesso è uno di loro che deve rispondere alla giustizia
per i danni che ha provocato. Pare che abbia spaccato
un lampione, un modello davvero all’ultima moda.
A quelli del cantiere navale deve 8.000 pesetas, non è
molto, ma è una questione di orgoglio. Come ottenere
un prestito in banca. Vuoi dei soldi? Allora ci vuole
qualcuno coi soldi che garantisca per te, devi essere
un soggetto “attivo” altrimenti la tua domanda
finisce nel cestino sbagliato. Quello dei rifiuti. E magari
c’è qualcuno che non si rassegna e risponde
ancora a tutti quegli annunci sul giornale, quelli che
dicono “massimo trentacinquenne, bella presenza”.
Solo che i capelli bianchi si vedono e anche la pancetta.
Niente soldi, niente speranza, e allora finisce che la
moglie di qualcuno se ne vada per sempre.
Ma questo non è solo un film di disperazione. Gli
attori sono davvero bravi e sembra di assistere a un film
di Ken Loach, ma senza il solito finale con morale incorporata
a cui Loach ci ha abituato.
I personaggi sono simpatici, sono a un passo dal disastro
ma non rinunciano a correre dietro alle donne, a passare
i loro lunedì a prendere il sole, a vedere la partita
dal tetto dello stadio anche se possono vedere solo metà
del campo, a cantare al karaoke, a perdersi le ceneri
dell’amico prima di versarle in mare, ad accettare
di sostituire una ragazzina di 15 anni come baby-sitter
e incazzarsi perché quando leggono la storia della
formica e la cicala, quella bastarda della formica non
fa un cazzo per aiutare la cicala che non ha più
niente da mangiare.
E se proprio bisogna pagare quelle 8.000 pesetas per saldare
il conto con la giustizia, allora saranno pagate. Ma appena
fuori dal tribunale non si può fare a meno di fermarsi
un attimo, prendere un sasso e spaccargli un altro lampione
a quei figli di puttana.
Il
miglior film spagnolo che abbiamo mai visto, checché
ne dicano i sostenitori di Almodovar. j.n.
LUPO SOLITARIO
di S.Penn, USA 1991
con D.Morse, V.Mortensen, P.Arquette, V.Golino, C.Bronson,
D.Hopper
C’è
poco da ridere. Quando le cose vanno storte non è
detto che si riesca sempre a raddrizzarle. Inutile pensare
al passato quando il presente ti crea un sacco di problemi.
Tuo fratello, reduce di guerra, si è rifatto vivo.
Ma non è più quello di una volta. Dà
di matto ogni tre per due. Quando la mamma è morta,
il papà (Chrales Bronson) ha avuto la cattiva pensata
di seguirla sparandosi un colpo in testa. Fuori la vita
è un casino, ma tra le mura di casa le cose vanno
pure peggio. Tira una brutta aria. Tra fantasmi indiani
e donne barbute c’è poco di che stare allegri.
Vorresti pensare solo alla tua moglie messicana (Golino)
e a tuo figlio, ma c’è sempre quel matto
di tuo fratello che ne combina una. La sua ragazza (Arquette)
è tanto carina ma ogni tanto perde il controllo
della situazione e allora tu monti di nuovo in macchina
per vedere in che casini si è messo Jo. Lui è
il fuorilegge e tu sei la legge. Non sei un eroe ma non
sei nemmeno un debole come lui che abbandona la moglie
e il figlio appena nato. Ha voltato le spalle e se ne
è andato per la sua strada sempre che di strada
ne possa fare.
Meglio de “La Promessa” (2002). Il poliziotto
ricorda tanto Clinton e il fratello cattivo è davvero
fastidioso da vedersi. Brava l’Arquette che non
si fa problemi a mostrare il proprio corpo tozzo e la
Golino, anche se doppiata. Curiosa, per chi l’ha
letto, la partecipazione dello scrittore Harry Crews.
p.n.
LA MALEDIZIONE
DELLA PRIMA LUNA
Di G.Verbinski, USA 2003
Tutto
quello che c’è da dire è che questo
è un film sui pirati. Nient’altro. C’era
proprio bisogno di un film sui pirati, vi chiederete voi.
No. Eppure eccolo qua. Ricordi di gioventù attraversano
la mia mente. C’erano una volta, in televisione,
centinaia di film sui pirati. Navi, abbordaggi, battaglie
navali, ammutinamenti, fanciulle da liberare, isole, tesori
e pappagalli sulla spalla del capitano. Lo stesso vale
per questo film. Tranne per il pappagallo, qui c’è
una scimmia sulla spalla del capitano. Tutto già
visto cento anni fa, solo che oggi ci sono gli effetti
speciali. Vuoi mettere? E allora i pirati maledetti, al
chiaro di luna diventano scheletri spaventosi che non
possono morire, per la noia di spettatori sotto i dieci
anni che ormai non si impressionano più nemmeno
a vedere gente squartata in diretta al telegiornale. E
anche un allucinato Johnny Depp che sembra uscito da Paura
e delirio a Las Vegas, non sfugge alle due ore e passa
di cose già viste.
E’ l’epoca del remake e allora prepariamoci
ad essere sommersi dai romani, dai greci (Troia, con Brad
Pitt) e dal Gesù sanguinolento di Gibson. Quello
che conta nei kolossal di oggi non è la storia,
ma quanti ettolitri di sangue ha messo a disposizione
la produzione. j.n.
MYSTIC
RIVER
Di C.Eastwood
Tutto
è cominciato molti anni fa. C’erano tre ragazzini
che stavano scrivendo il loro nome nel cemento fresco
di un marciapiede, Jimmy, Sean e Da…, ma l’ultimo
non fa in tempo a finire perché viene fermato da
due falsi poliziotti, rapito e tenuto nascosto per giorni
in una cantina dove avviene di tutto.
I tre amici vengono per sempre separati da questo evento,
ma è un altro evento tragico a far incrociare di
nuovo le loro strade. La figlia di Jimmy scompare e viene
trovata morta, Sean è il poliziotto incaricato
di risolvere il caso e Dave è l’ultimo che
ha visto la ragazza prima che fosse uccisa. Molte cose
sono cambiate. Dave si è rifatto
una vita, ma è perseguitato dai ricordi e la nuova
tragedia lo sconvolge tanto che la moglie comincia a dubitare
di lui. Jimmy è stato dentro, la famiglia della
moglie ha a che fare con la mafia. Ora gestisce un negozio,
ma basta un fischio e le vecchie conoscenze vengono in
aiuto. Sean è il classico poliziotto diligente
che alla fine riesce a risolvere il caso, ma troppo tardi.
La vendetta di Sean ha già colpito. Solo che ha
colpito l’uomo sbagliato. j.n.
NOI ALBINOI
Di Dagur Kari, Islanda 2003
Islanda.
Sentirsi isolati da queste parti è la regola. Lo
dicono le carte geografiche. Lo dicono gli abitanti del
villaggio Bolungarvik. Quelli sono meno vivi degli animali
impagliati del museo di scienze naturali. Quindi che si
fa? Si resta o si scappa lontano. Che ne so, tanto per
sognare ad occhi aperti, perché non un isola del
pacifico con tanto di palme e spiaggia bianca. Ma bisogna
andare via in grande stile. Ci vuole un abito di sartoria,
un auto, un bel po’ di soldi e lei, la ragazza del
bar. Torniamo all’inizio.
Nòi vive con la nonna rimbambita che lo sveglia
regolarmente tutte le mattine a colpi di fucile. Nòi
va a scuola, ma non ci andrà ancora per molto.
A che serve frequentare le lezioni quando un registratore
può farlo meglio di lui. Il padre di Nòi,
un fallito dall’aria di poeta maledetto, ci conta
sul figlio. Non vuole che segua la sua strada, perché
non porta da nessuna parte. Ma Nòi fa di testa
sua. Beve la birra pagandosela coi soldi della slot-machine
opportunamente manomessa, poi va alla libreria dal suo
amico pseudofilosofo a giocare a dama e poi ogni tanto
la sera si vede con suo padre. Le cose non vanno bene,
senza soldi . Nòi deve trovarsi un lavoro. Non
può continuare a prendere in giro quelli che si
fanno il culo. E chi sarebbero questi? Per caso il preside
della scuola o quello psicologo da quattro soldi oppure
il prof di francese che gli insegna come preparare una
buona maionese. Ecco quello che deve fare. C’è
da scavare una buca nel pieno di una tempesta di neve.
I becchini da queste parti lavorano a questa maniera.
Al diavolo tutto. Il grido di disperazione chi mi ama
mi segua è una delle prime cause della desertificazione.
Nòi ci crede alla fuga. La ragazza prima sì,
poi no, poi sì, poi no. Qui poi non è così
male. E poi io un posto ce l’ho. Sei tu, bè
si sei tu che non sai più da che parte girarti.
Non se lo sono detti, ma è quello che lei pensava.
Poi la catastrofe. Il terremoto. E’ la natura che
gli da una mano a dare una svolta alla sua vita, seppure
in modo tragico. Morta la nonna, il padre, la ragazza.
Rimane solo lui. Non è un buon inizio, ma qualcosa
è cambiato. E adesso che si fa. Non male quella
spiaggia, le palme e tutto il resto.
Un film che non sa che farsene degli effetti speciali.
Le bufere di neve sono vere bufere di neve e i meno trenta
gradi centigradi sono i meno trenta gradi centigradi.
Da applausi le scene girate a manica corta che si fanno
beffa del freddo opprimente. E pensare che da noi basta
una goccia d’acqua per smobilitare una piazza.
p.n.
OASIS
Di Lee Chang dong, Corea del Sud 2002
Con Sol Kyung-gu, Moon So-ri
Jong-du non ha tutte le rotelle a posto,
è appena uscito di prigione per aver ucciso in
un incidente i genitori di Gong-ju, e subito si ricaccia
nei guai. Gong-ju è handicappata, ha una paralisi
cerebrale che le impedisce di comunicare, ma non di provare
sentimenti. Jong-du con la scusa di chiedere perdono per
il danno procurato, si introduce in casa sua e tenta di
violentarla. Desiste, ma da quel momento comincia a frequentare
la casa in cui la ragazza vive sola, nonostante il suo
handicap, in modo autosufficiente. Chi deve occuparsi
di lei in realtà ne approfitta, l’unico che
tiene davvero a lei è Jong-du che la va a trovare
e si prende cura di lei. Quando però i due vengono
sorpresi a letto assieme scoppia lo scandalo e il ragazzo
viene arrestato per stupro, senza che la ragazza riesca
a far capire quali siano i suoi sentimenti verso di lui.
E chi crede di agire per il bene della ragazza non fa
altro che cedere al pregiudizio accrescendone il dolore.
Premio Speciale per la regia alla 59° Mostra del cinema
di Venezia. j.n.
ORE 11.14:
Destino Fatale
Di G.Marks
Certe volte è meglio non uscire
di casa. Ci sono momenti in cui tutto ciò che può
andare storto va esattamente come deve andare. Non è
questione di sfortuna, è il destino, anzi il destino
fatale!
Ore 11.14, fossi in te eviterei di andare in giro in auto,
potrebbero accaderti cose strane, chessò cadaveri
che piovono giù dal cavalcavia, oppure potresti
investire qualcuno che passa di lì per caso. E
poi, se proprio ti scappa, evita di farla fuori dal finestrino
dell’auto, non si sa mai. Potrebbe succedere che
ne so, una frenata improvvisa e allora…ZAC. Dev’essere
parecchio doloroso. Insomma se sono le 11.14 evita di
farti vedere in giro, altrimenti potresti passartela molto
male. Potresti trovarti al cinema mentre danno questo
film… e allora si che sono cazzi. j.n.
OUT OF
TIME
Di C.Franklin, USA 2003
Con Denzel Washington, Eva Mendes
Di solito i film con Denzel Washington
sono talmente laccati da attentare al buco nell’ozono,
e questo non è che faccia eccezione.Solito poliziesco
coi soliti luoghi comuni. Pare che su circa una trentina
di film girati, questo sia il decimo in cui D.W. fa
la parte del poliziotto… sarebbe ora di finirla,
e invece no! Lui è il capo di un piccolo distretto
di polizia, si è appena lasciato con la moglie,
una collega della Omicidi molto più brava di
lui, Eva Mendes, una specie di nuova Jennifer Lopez,
credibile quanto Babbo Natale nel ruolo della superispettrice
di polizia.
Lui ha perso la testa per una giovane che lo tira in
mezzo in una truffa a sua insaputa, lei deve scoprire
l’inganno. E il film è tutto un rincorrersi
dove D.W. cerca di anticipare le mosse della sua ex
per salvarsi il culo e risolvere il caso prima di lei.
Naturalmente alla fine i due… lo dico o non lo
dico… ma si!…Tornano insieme. Pensa te che
sorpresa. j.n.
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