duemilaquattro dalla E alla O

Elephant
eXistenZ
Frida
Gadjo Dilo
Goodbye mr. Vengeance
Hedwig
In My Country
Le invasioni barbariche
L'isola
Kill Bill vol.2
Kissed
Kitchen stories

Kops
Lost in La Mancha
Lost in traslation
I lunedì al sole
Lupo Solitario
La maledizione della prima luna
Mystic River
Noi Albinoi
Oasis
Ore 11.14 - Destino Fatale
Out of Time

 

ELEPHANT
Di G.Van Sant, USA 2003

Sulla strage alla Columbine school si era già visto il documentario di Michael Moore. Questo film invece si occupa dei ragazzi, delle loro vite e delle loro solitudini. La macchina da presa li riprende da dietro mentre camminano nella scuola, li accompagna passo dopo passo nelle loro attività. Le vite dei ragazzi si intrecciano e si sfiorano. Poi il punto di vista cambia e i protagonisti diventano solo comparse nella vita degli altri. C’è il ragazzo che ama la fotografie, quello che ha problemi col padre ubriaco, le ragazzine superficiali che prima mangiano in mensa e poi vomitano tutto nei bagni per non ingrassare, e c’è quella bruttina che si vergogna di tutti e scappa di fronte agli altri. E poi ci sono quei due matti che si comprano fucili automatici in internet e un giorno come un altro decidono di fare una strage. Hanno un piano preciso, si sono preparati alla perfezione. Sparare sui compagni di scuola per loro non è diverso da una partita ai videogame. j.n.

joenat
***½ 
paolo
***½
berto
 
nexuno
 

eXistenZ
Di D.Cronemberg, Canada/Gb 1999

Allegra progetta giochi di realtà virtuale ed eXistenZ è la sua ultima creatura. Creatura in senso letterale perché è una specie di playstation biomeccanica, praticamente una schifezza di carne ed ossa che funziona connettendola direttamente alla spina dorsale grazie ad una particolare porta, e crea realtà parallele dove puoi giocare a fare il detective o il killer di turno, comodamente seduto in poltrona. Scegli tu chi vuoi essere e porti a termine la tua missione… Il fatto è che questi giochi fanno uscire di cervello parecchia gente, e poi ci sono le case produttrici concorrenti.
Per questo Allegra rischia la vita, almeno finché il gioco non sarà uscito. Tentano di farla fuori per catturare il segreto del suo gioco e distruggerlo, così lei è costretta a giocare una partita per trovare la salvezza. Così realtà e fantasia, vita reale e gioco si confondono fino al punto che nessuno riesce più a capire quale sia la realtà e quale la finzione. Regista compreso. j.n.

joenat
* 
paolo
berto
 
nexuno
 

FRIDA
Di J.Taymor, 2002
Con Salma Hayek, Alfred Molina, Geoffrey Rush, Ashley Judd, Edward Norton, Antonio Banderas, Valeria Golino

Essere una pittrice in Messico agli inizi del novecento non dev’essere cosa semplice, soprattutto se il marito è il grande pittore Diego Rivera, famoso in tutto il Messico e molto richiesto anche negli Stati Uniti e dal signor Rockfeller in persona. Il marito poi è uno che non si fa mancare niente in fatto di donne, e allora può succedere che si perda la testa, che non si faccia più distinzione tra uomini e donne. Poi c’è la malattia. L’incidente che da giovane l’ha quasi paralizzata e che ora la tormenta dal dolore. Poi ci si mette anche la storia di mezzo, ospiti famosi come Trotsky, che non si limitano ad apprezzare la cucina locale, ma vogliono qualcosa di più... Come scaricare tutta la rabbia e il dolore se non in quadri che dipingano tutta la sua sofferenza.
Forse è il solito film biografico, che idealizza la figura della protagonista e rende macchiette tutti gli altri personaggi, ma alla fine non è così male come può sembrare. j.n.

joenat
*** 
paolo
berto
 
nexuno
 

GADJO DILO
Di T.Gatlif, Fra 1998
Con Romain Duris

Cammina lungo una strada nel bel mezzo del nulla. Inutile sperare in un passaggio. Se la fa a piedi. La notte è dei lupi e dei disperati. Un vecchio, Isidor, annega nell’alcool la sua preoccupazione per un figlio finito chissà dove. Non puoi tirarti indietro. Ti fai anche tu un goccetto. Solo uno straniero pazzo può venire in Romania. Tutti dalla Romania prima o poi se ne vanno e invece questo qui c’è venuto di proposito. A fare che? Cerca una cantante. Nora Luca. Ma non c’è fretta. L’ospite è sacro. Matrimoni combinati. Una donna in cambio di una mercedes. Funerali musicati. Balletto di rito, lezioni di lingua e provocazioni sessuali. p.n.

joenat
 ***
paolo
*** 
berto
 
nexuno
 

GOODBYE MR.VENGEANCE
Di Park Chan-wook , Corea S.2002
con Song Kang-ho (Dong-jin), Shin Ha-kyun (Ryu), Bae Du-na (Young-mi)

Un paio di conferme dal cinema coreano. Uno, meglio non parlare che dire stronzate. A questo proposito il regista è abbastanza indeciso, il protagonista è muto, ma tutti gli altri non perdono occasione per sparare cazzate. Due, il piacere per le scene forti. E ce n’è davvero per tutti i gusti, dai punteruoli piantati nella giugulare, al taglio dei tendini, al coltello piantato in pieno petto, al tizio che si affetta la pancia, al padre che assiste all’autopsia della figlia uccisa ecc… C’è poi un classico del cinema orientale, il gusto per l’umorismo del cazzo: scene di masturbazione di gruppo, con 4 tizi che si “fanno” scambiando i gemiti di sofferenza provenienti dalla stanza accanto, per ben altro. Poi c’è un tizio handicappato che si trascina tirandosi per la giacchetta, e i quattro terroristi “cattivissimi” che vendicano la morte della loro compagna nel finale, che fumano all’unisono e sembrano più innocui degli impiegati della posta.
Eppure il filma parte piano, affrontando temi sociali. Il protagonista sordomuto si occupa della sorella che ha assoluto bisogno di un trapianto di reni. Non potendole donare il suo, decide di fidarsi del mercato nero di organi e scambiare il suo rene (più 10 milioni) con uno compatibile per la sorella. Lo fregano, ma la cosa peggiore è che i dottori trovano il rene per il trapianto e a quel punto non ha più i soldi per pagare l’operazione. L’unica cosa da fare è rapire la figlia del suo datore di lavoro, che nel frattempo lo ha licenziato, e chiedere un riscatto… e fin qui, tutto bene.
Poi deve essere successo qualcosa, perché come per rispondere ad un irrefrenabile necessità di vedere del sangue, improvvisamente il registro cambia e uno alla volta tutti cominciano a morire come mosche: la sorella si suicida, la bambina rapita annega, tutta la famiglia dell’altro uomo licenziato muore avvelenata, la vendetta del padre si scatena prima contro la ragazza del protagonista ammazzata a furia di scariche elettriche e poi contro il sordomuto annegato e fatto a pezzi. E quando tutto sembra finito anche il padre viene fatto fuori in modo ridicolo.
Insensato abbiamo pensato, ma sarebbe bastato conoscere un po’ più l’inglese ed era già tutto nel titolo… stupidi noi!
j.n.

joenat
*½
paolo
 
berto
 
nexuno
 

HEDWIG – La diva con qualcosa in più
Di J.Cameron Mitchell, USA 2000

Se devo definirlo con due parole questo film, allora dico “Musical Transessuale”. Due parole che già prese singolarmente allontanerebbero la maggior parte degli spettatori, immaginatevi cosa succede a vederle messe assieme.
La storia è la classica biografia, i soliti tentativi di arrivare al successo della solita star di turno, fino al successo finale. Solo che qui la star, come ci tiene a ricordare puntualmente il titolo, ha qualcosa in più, e quel qualcosa sta in mezzo alle gambe. E poi il successo finale non è proprio quel successo che immaginava. Insomma, individuato il genere, la storia scorre tra gioie, amori e delusioni, ma soprattutto queste ultime. E sulle canzoni cosa dire… quelle più veloci sono anche belle, ma i lenti fanno venire il latte alle ginocchia. Per non parlare del fidanzatino adolescente che diventa rockstar rubando le sue canzoni. j.n.

joenat
*½ 
paolo
berto
 
nexuno
 

IN MY COUNTRY
Di J.Boorman
Con Juliette Binoche, Samuel Jackson

Chissà se prima o poi la finiranno di prendere come scusa la vita e la tragedia di persone e popoli come Nelson Mandela e i Sudafricani, per fregare la gente e rifilargli la solita merda sulla solita scappatella extraconiugale. Se l’idea è quella di raccontare le torture della polizia durante l’apartheid, i processi di “ripacificazione” in cui vittime e carnefici venivano messi a confronto e di fronte al pentimento di questi ultimi si procedeva ad una specie di super condono, dove anche il più sanguinario aveva diritto al perdono e all’annullamento della pena. Se l’idea è questa.. bè.. allora rimane molto sullo sfondo. E se la storia deve essere solo lo sfondo un po’ folcloristico per la trama scontata di un film, allora preferisco diecimila volte un documentario. j.n.

joenat
0
paolo
berto
 
nexuno
 

LE INVASIONI BARBARICHE
Di D.Arcand, Canada 2003

Il film parte bene con la camera che segue l’infermiera tra le corsie di uno dei tanti ospedali statali così disastrati da accumulare pazienti nei corridoi, tra fili che penzolano e letti in disordine, mentre porta ai pazienti l’ostia per la comunione. Ma è solo l’inizio, perché poi comincia una galleria di personaggi e di luoghi comuni da mettergli letteralmente le mani addosso. In breve ecco la storia. Remy è un professore universitario che nella sua vita ne ha viste di tutti i colori, amante delle donne e del vino, orgoglioso di essere un comunista, ma ora è agli sgoccioli per colpa di un tumore. Il figlio Sebastien è un manager di successo, abituato a risolvere tutto coi soldi e uno schiocco di dita, non va molto d’accordo col padre, ma spinto dalla madre cerca di rendere meno tristi e dolorosi i suoi ultimi giorni. E allora basta ungere un po’ le ruote, come si suol dire, e un intera corsia viene messa a disposizione del vecchio professore. Poi bisogna contattare gli amici che vengono da mezzo mondo con il loro carico di ricordi e di cazzate.
Già, perché da quando entrano in scena loro è tutto un susseguirsi di battute del cazzo e sul cazzo. Ci sono le sue due amiche che ricordano con nostalgia i tempi in cui riuscivano a fatica a staccargli la loro bocca di dosso, l’amico finocchio che vive a Roma col suo amichetto italiano e che ci tiene a render noto il ritmo delle sue copule e poi quell’altro, anche lui professore, ma sposato con una giovane bionda tutta tette e culo e niente cervello. E via col passato, il presente e il futuro. Non c’è argomento su cui non venga risparmiata una battuta o un commento. Il terrorismo e l’11 settembre, la morte e l’eutanasia, il servizio sanitario pubblico e privato, la religione e la filosofia, i poliziotti e i sindacati corrotti, la politica canadese e americana, e figurarsi un po’, per accattivarsi il pubblico italiano c’è persino una battuta su Berlusconi (a meno che non sia opera dei doppiatori!).
Poi le condizioni del malato peggiorano e il figlio gli procura una ragazza che di droghe se ne intende e gli pratica una terapia del dolore a base di eroina e cocaina, fino a che non c’è più nulla da fare e non resta altro che morire, nel modo più indolore possibile. Ma non prima che tutti gli amici lo abbiano salutato uno alla volta come fosse in partenza per un viaggio, senza risparmiarsi un’ultima cazzata, prima di chiudere gli occhi pensando all’unica cosa per cui è valso davvero la pena vivere. Un bel paio di gambe di donna.
j.n.

joenat
 **
paolo
 *
berto
 
nexuno
 

L’ISOLA
Di Kim Ki Duk, Corea S. 2000
con Jung Suh , Kim Yoosuk, Sung-Hee Park, Jae-Hyun Cho, Hahng-Seon Jang

I coreani non hanno molto da dire, è gente di poche parole, che ama i gusti forti e più di tutto il silenzio. Per questo Hiun-Shik si rifugia in una delle isole galleggianti, zattere a forma di casetta, affittate ai pescatori dalla giovane e muta Hee-Jin. Per questo e anche per nascondere l’assassinio della moglie e del suo amante. L’affitta-isole è una ragazza che sa quello che vuole. Per arrotondare lo stipendio procura prostitute per allietare le notti dei clienti pescatori e di tanto in tanto si offre lei stessa. Ma il nuovo arrivato la intriga più di altri, è disposta a tutto pur di averlo. Uccide per lui. Ma quando arriva la polizia a far domande Hiun-Shik sceglie un modo nuovo per suicidarsi. Ingoia una manciata di ami da pesca e poi…zac. Tira la lenza. Lei lo nasconde alla polizia e poi lo ripesca salvandogli la vita. Ma la gratitudine non è il suo forte e decide di andarsene, così ora è lei a farsi del male usando lo stesso modo del suo amato. Stavolta però il metodo, se possibile, è ancor più doloroso. Gli ami questa volta li inserisce in un’altra “cavità”, che non staremo qui a svelarvi… Il rimorso fa tornare l’uomo sui suoi passi e l’amore trionfa, mentre la zattera va alla deriva, come i personaggi di questo film, trascinati dalla corrente verso un destino fatale. j.n.

joenat
 ***½
paolo
***
berto
 
nexuno
 

KILL BILL vol.2
di Q.Tarantino, USA 2004

Recensione vol.1
Mancava ancora qualche capitolo per vedere la fine della vendetta della sposa, così torniamo al supermercato del cinema sei mesi dopo e prendiamo posto. Tutto è rimasto uguale, la sposa è ancora a terra e Bill sta per bucarle il cervello. Bang!
Ma come sono andate davvero la cose? Meglio non fidarsi della stampa locale, tendono sempre ad esagerare le cose. Meglio che sia lei a raccontare come andarono effettivamente le cose.
Tanto per cominciare non era il giorno delle nozze, erano solo le prove. E allora perché la sposa era vestita “da sposa”, non porta mica male? In effetti. A Bill la storia del matrimonio non è andata proprio giù, sapete come è fatto Bill…
Ma questo è successo tanto tempo fa, oggi è tutto diverso. La sposa è tornata per prendersi ciò che è suo… Bill. Ma prima bisogna regolare i conti con le altre due Vipere rimaste ancora vive.
Budd non se la passa granché bene. Fa il buttafuori in uno strip bar e pulisce i cessi quando si spaccano. Sa che lei sta per arrivare e le prepara una gran bella sorpresa. Per quanto perfetta possa essere una spada giapponese, non può nulla contro un buon vecchio fucile americano. La penserebbe così anche Johnny Cash che suona in sottofondo. E la sposa se ne va a sorpresa dritta sottoterra per una delle scene più angoscianti di tutto il film. Essere sepolti vivi non fa davvero un bell’effetto.
Non è il momento per l’amarcord, ricordare i bei tempi passati non potrà certo aiutare la sposa ad uscire di lì… o forse si. Già, il maestro di arti marziali cinese, quello con la puzza sotto il naso, le sopracciglia da guinness dei primati e il pizzo più saccente che si sia mai visto. Le ha insegnato qualche trucchetto che fa al caso suo.
Per qualche attimo pensiamo di aver sbagliato sala, siamo capitati nel bel mezzo dell’ “Alba dei morti viventi”, ma è solo un momento e subito siamo nel profondo West di Sergio Leone, mancano solo cinturoni e cavalli.
Elle non l’ha presa bene. Voleva ammazzarla lei la sposa, così prepara una sorpresa velenosa per il suo vecchio amico Budd. Chissà perché ma le DiVAS (le vipere assassine di Bill) tendono sempre ad ammazzarsi tra loro. Poi arriva lei.
La roulotte di Budd è un po’ stretta, soprattutto se si decide di incrociare le lame di Hanzo. E quale vendetta migliore che togliere a un semicieco ciò che ha di più caro.
Ora è rimasto solo Bill, ma la storia è ancora lunga così vi dirò che è qualcosa che ha a che fare col Messico, col vecchio amico pappone di Bill, con Superman e Clark Kent, col pesciolino rosso che non batte più la sua coda e con B.B.
E poi c’è quel colpo mortale che quando te lo fanno ti restano solo cinque passi e poi sei fottuto perché il cuore ti esplode dentro.
E allora non ci resta che rimanere seduti e non rialzarci più da queste comode poltroncine… almeno finché l’ultimo titolo di coda ha attraversato lo schermo
. j.n.

***

Recensione vol.2
Ci pensa Tarantino a sollevare il morale della confraternita scassata. Una bella impresa considerato che il loro morale di questi tempi è sotto le scarpe. I superstiti di quella che un tempo era una banda di tutto rispetto si contano sulle dita di una mano a cui hanno fatto saltare via due dita. Se siete bravi con la matematica siete arrivati a capire che i superstiti sono tre. Mr Paolo al servizio della società alias ScrollaPiscio, Mr Giuseppe l’incantatore di bambini alias Il miglior amico dei bambini, Mr Berto al servizio del Menini alias Cornastorte. I tre tizi non si parlano. Non scorre buon sangue tra loro. Perché? Semplicemente perché il passato non si ripete. Le idee si sono appiattite come merda calpestata, per intenderci. Cornastorte fa il girotondo con la sua auto. Il miglior amico dei bambini fischietta qualcosa di poco allegro. ScrollaPiscio non fa quello per cui gli è stato dato il nome. Otto e trenta. Se qualcuno di voi qui in sala ha intenzione di trasgredire la legge sul copyright, bè non lo faccia. Se l’avete già fatto siete pregati di autodenunciarvi alla caserma più vicina. E adesso che si fa? Me la sto facendo sotto.
El Paso. Niente è così lontano che Bill non possa arrivarci. Vuoi farmi credere che tu vuoi sposare quel cazzone? Bè ci credo. Fai come vuoi. Io mi siederò dalla parte della sposa. Me ne starò lì tranquillo. Non ti rovinerò la festa, ma non chiedermi di accompagnarti all’altare. E non dirmi che questo è il giorno più bello della tua vita, altrimenti mi farei una considerazione errata su tutto quello che è stato il resto della tua vita. Far credere a una persona che ti ama che non ci sei più è la peggior cosa che si possa fare. Sei una troia. Ma non prendertela. Anch’io sono un poco di buono. Siamo killer. Noi due. E ad un killer non puoi chiedere di chiamarsi fuori. Nasci killer e ci muori. Ho cercato di farti fuori in molti modi. Te la sei cavata. Meriti la tua vendetta. Siamo persone sbagliate per questo cazzo di posto. Sai qual è il mio supereroe preferito. Superman? Certo come fumetto non era un gran che, ma la filosofia di quello che ci stava dietro. Bè, quella si che era forte. Sai di quel tizio anonimo, pallido e sfigato? Clark Kent! Clark Kent era come Superman vedeva noi umani. Era la sua interpretazione dell’umanità. Per farsela con gli umani Superman vestiva i panni di Kent. Io e te siamo come superman. Ci proviamo ad essere come gli altri Kent, ma non riusciremo mai abbastanza ad esserlo. Essere la mamma di quella bambina non sarà sufficiente a farti dimenticare la tua vera natura. Sei un killer. Quindi facciamola finita. Kill Bill, se ne sei capace.
p.n.

joenat
****½ 
paolo
***** 
berto
 
nexuno
 

KISSED
Di L.Stopkewich, Canada 1996
con Molly Parker, Peter Outerbridge, Jay Brazeau, Natasha Morley, Jessie Winter Mudie, Joe Maffei

Sandra è una ragazzina curiosa, anche troppo. Non è come le altre bambine, niente bambole inanimate. Se proprio deve giocare con qualcosa di inanimato, meglio farlo con qualcosa che almeno una vita l’ha avuta. E’ così che nasce la sua collezione di cadaveri di animaletti: topi, scoiattoli, uccellini… roba da far scappare tutte le sue amiche. I suoi gusti particolari la portano verso la solitudine. Difficile fare amicizia con una cui piace da morire l’odore dei corpi in decomposizione. Passano gli anni e la ragazza cresce e quale lavoro può essere più adatto se non una agenzia di pompe funebri? E allora eccola lì a maneggiare cadaveri, alternandosi tra lavoro e corsi di medicina legale all’università. Maneggia oggi, maneggia domani, finisce che uno si affeziona a quei corpi senza vita… ma il suo interesse diventa molto particolare. Anche quando riesce a trovare un ragazzo in carne ed ossa che si interessa a lei, non riesce a fare a meno del suo hobby. Tanto che il suo boyfriend trova un estremo rimedio per poterla conquistare definitivamente! j.n.

joenat
** 
paolo
 *
berto
 
nexuno
 

KITCHEN STORIES
Di B.Hamer, Sve-Nor 2003

Svezia e Norvegia non sono i primi posti che ti vengono in mente quando si parla di divertimento. Sarà il paesaggio che non aiuta, soprattutto d’inverno, oppure saranno i suoi abitanti e la loro grande vivacità. Ma si sa, la gente del nord non è proprio quello che potresti definire “chiacchierona”. E’ gente colta, gente che studia. Anche le cose più inutili. E’ così che un’industria per l’arredamento casalingo decide di far partire uno studio sul comportamento domestico dei single norvegesi. Strano che non sia venuta in mente anche a noi un’idea del genere. Alcuni osservatori partono per la loro missione, armati del loro monolocale a quattro ruote sotto forma di roulotte verde, seggiolone da arbitro di tennis e quaderno per gli appunti, dove tracciare tutte le traiettorie percorse dallo sventurato soggetto preso in esame. Unica regola, vietato fraternizzare con il soggetto studiato. Non è una regola da poco. Starsene lì arrampicato su quel seggiolone come un bambino un po’ troppo cresciuto, aspettando che il tizio faccia un qualsiasi movimento senza mai potergli rivolgere la parola potrebbe rivelarsi un lavoro più complicato del previsto. Già qualche altro osservatore è andato fuori di testa. E anche noi rischiamo grosso visto che prima ci si mette la pellicola a fare i capricci: salta l’audio e le voci si sentono lontano, lontano come affondate nella neve. Ma non è un effetto voluto, qualcuno dev’essersi addormentato in sala proiezioni per almeno un quarto d’ora, visto che poi l’audio torna, anche se ormai i protagonisti hanno finito gli argomenti. Poi è colpa del film che stenta a decollare, trascinandosi stancamente fino allo scontato finale. L’osservato diventa osservatore, fa un buco nel soffitto della cucina per spiare quello che lo spia. Un po’ per curiosità un po’ per vendetta, decide di non scendere al piano di sotto e cucinare in camera pur di non sentirsi quegli occhi sempre addosso, finché tra i due non nasce quell’amicizia che rende impossibile continuare l’esperimento. j.n.

joenat
** 
paolo
 *
berto
 
nexuno
 

KOPS
Di J.Fares, Sve 2002
Con Fares Fares, Torkel Petersson

La Svezia è un posto tranquillo, specie in provincia. Bè, a dire il vero qualche volta può capitare che una mucca calpesti dei fiori o che qualche simpatica nonnetta bari a poker. Certo, la polizia passa il tempo al chiosco dei wurstel, a fare partite di hokey in mezzo alla strada, a giocare a carte e a insegnare al cane a fare il coniglio. E vi sembra questo un buon motivo per chiudere la stazione di polizia locale? C’è Jacob che mette annunci sul giornale per trovare una madre per sua figlia e che non può fare a meno di suonare tre volte il clacson ogni volta che esce dall’auto, anche nelle situazioni più impensabili. C’è Benny che sogna di essere un superpoliziotto alla Bruce Willis, di affrontare i delinquenti con effetti speciali alla Matrix, segue il metodo del “Precrimine”, e impiega 28 secondi ad entrare in casa, irrompere in ogni stanza, pistola alla mano, accertarsi che tutto sia in ordine e servire il pasto al gatto. Poi ci sono Lasse e Agneta, marito e moglie che non perdono l’occasione di offendersi a vicenda, chi per la pancia troppo grossa e chi per le tette pendule.
Ma forse qualcosa si può fare per dimostrare all’ispettrice venuta a chiudere la stazione di polizia: basta alterare un tantino le statistiche. Magari cominciare con qualcosa di inoffensivo, chessò, distruggere un cestino della spazzatura o pagare l’ubriacone del paese per rubare una confezione di wrustel dal droghiere. Poi, se proprio non dovesse bastare, si potrebbe imbrattare qualche muro, distruggere qualche macchina e incolpare dei vandali venuti da fuori. E se proprio l’ispettrice non dovesse berla, si potrebbe far saltare in aria il chiosco dei wurstel e incolpare la mafia o organizzare un rapimento finto… già!
E se non dovesse funzionare? Potrebbero sempre fare i pizzaioli!
j.n.

paolo
***
joenat
 ***
berto
 
nexuno
 

LOST IN LA MANCHA
Di K.Fulton e L.Pepe

Certi film nascono male e non c’è niente che puoi fare per raddrizzarli. Questo è il documentario sul fallimento dell’ultimo film di Terry Gilliam, se tutto fosse andato come sarebbe dovuto andare sarebbe stato uno di quei tanti extra che raccontano in dietro le quinte del film, magari con le solite interviste ad attori che ripetono le stesse identiche cose per ogni regista e ogni collega.
Ma Gilliam ha già avuto esperienze del genere in passato. Fare un film significa trovare gli attori giusti, ma il problema è che gli attori giusti non abbiano il fisico a pezzi. Poco importa se Jean Rochefort sia perfetto nella parte di Don Chisciotte se poi non riesce a star seduto sul cavallo per via della prostata… Se poi ci si mette anche il tempo, allora… Un temporale così in Spagna non lo vedevano da anni. Tutto spazzato via, costumi, scenografie, macchinari. Vaglielo a dire tu ai produttori che non è rimasto più nulla. Le assicurazioni poi, quelle non rimborsano mai un tubo. Riescono sempre a cavarsela quando si tratta di sborsare. E così, anche se hai a disposizione un Depp che sarebbe stato un Rancho Panza da morir dal ridere, non resta che rinunciare… e magari rimandare tutto a tempi migliori… Pioggia permettendo. j.n.

joenat
***  
paolo
*** 
berto
 
nexuno
 

LOST IN TRANSLATION
di S.Coppola, USA 2003
con Scarlett Johansson, Bill Murray

A Tokyo la vita è frenetica. Inutile parlare delle luci della città o dei suoi locali. A Tokyo arriva Bob, una star del cinema. E’ lì per girare degli spot pubblicitari, un modo per far soldi quando la pausa tra un film e un altro diventa insostenibile. Bob è al venticinquesimo anno di matrimonio, pochi se consideri che un terzo della vita li passi dormendo. Le serate sono lunghe, te ne stai un po’ al bar dell’albergo e poi ritorni alla tua camera, sperando che tua moglie non ti telefoni per l’ennesima volta per domandarti se hai scelto o meno quale moquette del campionario che ti ha spedito si intona meglio con il tuo ufficio. Poi accendi la televisione e quello che vedi è un concentrato di programmi trash da voltastomaco. Ritorni al whisky.
A Tokio c’è pure Scarlett, una biondina sposata da appena due anni con un fotografo. Deve trovarsi qualcosa da fare, quando il marito è al lavoro. Anche lei soffre di insonnia e passa le serate al bar dell’albergo. Una notte Bob e Scarlett si incontrano e passeranno il tempo che li separa dal loro ritorno all’altro capo del Mondo andando i giro per ristoranti, feste private, discoteche e locali di karaoke. Tokyo diventa meno gelida e solitaria anche se rimane per alcuni suoi aspetti ancora incomprensibile. E’ normale che ci siano delle fasi poco esaltanti nella vita, prima o poi tutti le superano, basta aspettare. Supererai anche questa. Lei ci conta, ma dirsi addio rimane lo stesso doloroso come lo sono la maggior parte degli addii.
p.n.

joenat
 
paolo
 ***
berto
 
nexuno
 

I LUNEDI' AL SOLE
Di F.L.de Aranoa, Spagna

Brutta cosa la disoccupazione. Non è facile trovarsi sulla strada quando sei così vicino ai cinquanta, niente prospettive, niente lavoro, niente famiglia. Rimane il bar, e l’alcool. Gli scioperi, gli scontri con la polizia, non sono serviti a nulla. Avevano ragione, ma adesso è uno di loro che deve rispondere alla giustizia per i danni che ha provocato. Pare che abbia spaccato un lampione, un modello davvero all’ultima moda. A quelli del cantiere navale deve 8.000 pesetas, non è molto, ma è una questione di orgoglio. Come ottenere un prestito in banca. Vuoi dei soldi? Allora ci vuole qualcuno coi soldi che garantisca per te, devi essere un soggetto “attivo” altrimenti la tua domanda finisce nel cestino sbagliato. Quello dei rifiuti. E magari c’è qualcuno che non si rassegna e risponde ancora a tutti quegli annunci sul giornale, quelli che dicono “massimo trentacinquenne, bella presenza”. Solo che i capelli bianchi si vedono e anche la pancetta. Niente soldi, niente speranza, e allora finisce che la moglie di qualcuno se ne vada per sempre.
Ma questo non è solo un film di disperazione. Gli attori sono davvero bravi e sembra di assistere a un film di Ken Loach, ma senza il solito finale con morale incorporata a cui Loach ci ha abituato.
I personaggi sono simpatici, sono a un passo dal disastro ma non rinunciano a correre dietro alle donne, a passare i loro lunedì a prendere il sole, a vedere la partita dal tetto dello stadio anche se possono vedere solo metà del campo, a cantare al karaoke, a perdersi le ceneri dell’amico prima di versarle in mare, ad accettare di sostituire una ragazzina di 15 anni come baby-sitter e incazzarsi perché quando leggono la storia della formica e la cicala, quella bastarda della formica non fa un cazzo per aiutare la cicala che non ha più niente da mangiare.
E se proprio bisogna pagare quelle 8.000 pesetas per saldare il conto con la giustizia, allora saranno pagate. Ma appena fuori dal tribunale non si può fare a meno di fermarsi un attimo, prendere un sasso e spaccargli un altro lampione a quei figli di puttana.

Il miglior film spagnolo che abbiamo mai visto, checché ne dicano i sostenitori di Almodovar. j.n.

joenat
**** 
paolo
****
berto
 
nexuno
 

LUPO SOLITARIO
di S.Penn, USA 1991
con D.Morse, V.Mortensen, P.Arquette, V.Golino, C.Bronson, D.Hopper

C’è poco da ridere. Quando le cose vanno storte non è detto che si riesca sempre a raddrizzarle. Inutile pensare al passato quando il presente ti crea un sacco di problemi. Tuo fratello, reduce di guerra, si è rifatto vivo. Ma non è più quello di una volta. Dà di matto ogni tre per due. Quando la mamma è morta, il papà (Chrales Bronson) ha avuto la cattiva pensata di seguirla sparandosi un colpo in testa. Fuori la vita è un casino, ma tra le mura di casa le cose vanno pure peggio. Tira una brutta aria. Tra fantasmi indiani e donne barbute c’è poco di che stare allegri. Vorresti pensare solo alla tua moglie messicana (Golino) e a tuo figlio, ma c’è sempre quel matto di tuo fratello che ne combina una. La sua ragazza (Arquette) è tanto carina ma ogni tanto perde il controllo della situazione e allora tu monti di nuovo in macchina per vedere in che casini si è messo Jo. Lui è il fuorilegge e tu sei la legge. Non sei un eroe ma non sei nemmeno un debole come lui che abbandona la moglie e il figlio appena nato. Ha voltato le spalle e se ne è andato per la sua strada sempre che di strada ne possa fare.
Meglio de “La Promessa” (2002). Il poliziotto ricorda tanto Clinton e il fratello cattivo è davvero fastidioso da vedersi. Brava l’Arquette che non si fa problemi a mostrare il proprio corpo tozzo e la Golino, anche se doppiata. Curiosa, per chi l’ha letto, la partecipazione dello scrittore Harry Crews.
p.n.

joenat
**½ 
paolo
* 
berto
 
nexuno
 

LA MALEDIZIONE DELLA PRIMA LUNA
Di G.Verbinski, USA 2003

Tutto quello che c’è da dire è che questo è un film sui pirati. Nient’altro. C’era proprio bisogno di un film sui pirati, vi chiederete voi. No. Eppure eccolo qua. Ricordi di gioventù attraversano la mia mente. C’erano una volta, in televisione, centinaia di film sui pirati. Navi, abbordaggi, battaglie navali, ammutinamenti, fanciulle da liberare, isole, tesori e pappagalli sulla spalla del capitano. Lo stesso vale per questo film. Tranne per il pappagallo, qui c’è una scimmia sulla spalla del capitano. Tutto già visto cento anni fa, solo che oggi ci sono gli effetti speciali. Vuoi mettere? E allora i pirati maledetti, al chiaro di luna diventano scheletri spaventosi che non possono morire, per la noia di spettatori sotto i dieci anni che ormai non si impressionano più nemmeno a vedere gente squartata in diretta al telegiornale. E anche un allucinato Johnny Depp che sembra uscito da Paura e delirio a Las Vegas, non sfugge alle due ore e passa di cose già viste.
E’ l’epoca del remake e allora prepariamoci ad essere sommersi dai romani, dai greci (Troia, con Brad Pitt) e dal Gesù sanguinolento di Gibson. Quello che conta nei kolossal di oggi non è la storia, ma quanti ettolitri di sangue ha messo a disposizione la produzione.
j.n.

joenat
½ 
paolo
½ 
berto
 
nexuno
 

MYSTIC RIVER
Di C.Eastwood

Tutto è cominciato molti anni fa. C’erano tre ragazzini che stavano scrivendo il loro nome nel cemento fresco di un marciapiede, Jimmy, Sean e Da…, ma l’ultimo non fa in tempo a finire perché viene fermato da due falsi poliziotti, rapito e tenuto nascosto per giorni in una cantina dove avviene di tutto.
I tre amici vengono per sempre separati da questo evento, ma è un altro evento tragico a far incrociare di nuovo le loro strade. La figlia di Jimmy scompare e viene trovata morta, Sean è il poliziotto incaricato di risolvere il caso e Dave è l’ultimo che ha visto la ragazza prima che fosse uccisa. Molte cose sono cambiate. Dave si è r
ifatto una vita, ma è perseguitato dai ricordi e la nuova tragedia lo sconvolge tanto che la moglie comincia a dubitare di lui. Jimmy è stato dentro, la famiglia della moglie ha a che fare con la mafia. Ora gestisce un negozio, ma basta un fischio e le vecchie conoscenze vengono in aiuto. Sean è il classico poliziotto diligente che alla fine riesce a risolvere il caso, ma troppo tardi. La vendetta di Sean ha già colpito. Solo che ha colpito l’uomo sbagliato. j.n.

joenat
**** 
paolo
 ****
berto
 
nexuno
 

NOI ALBINOI
Di Dagur Kari, Islanda 2003

Islanda. Sentirsi isolati da queste parti è la regola. Lo dicono le carte geografiche. Lo dicono gli abitanti del villaggio Bolungarvik. Quelli sono meno vivi degli animali impagliati del museo di scienze naturali. Quindi che si fa? Si resta o si scappa lontano. Che ne so, tanto per sognare ad occhi aperti, perché non un isola del pacifico con tanto di palme e spiaggia bianca. Ma bisogna andare via in grande stile. Ci vuole un abito di sartoria, un auto, un bel po’ di soldi e lei, la ragazza del bar. Torniamo all’inizio.
Nòi vive con la nonna rimbambita che lo sveglia regolarmente tutte le mattine a colpi di fucile. Nòi va a scuola, ma non ci andrà ancora per molto. A che serve frequentare le lezioni quando un registratore può farlo meglio di lui. Il padre di Nòi, un fallito dall’aria di poeta maledetto, ci conta sul figlio. Non vuole che segua la sua strada, perché non porta da nessuna parte. Ma Nòi fa di testa sua. Beve la birra pagandosela coi soldi della slot-machine opportunamente manomessa, poi va alla libreria dal suo amico pseudofilosofo a giocare a dama e poi ogni tanto la sera si vede con suo padre. Le cose non vanno bene, senza soldi . Nòi deve trovarsi un lavoro. Non può continuare a prendere in giro quelli che si fanno il culo. E chi sarebbero questi? Per caso il preside della scuola o quello psicologo da quattro soldi oppure il prof di francese che gli insegna come preparare una buona maionese. Ecco quello che deve fare. C’è da scavare una buca nel pieno di una tempesta di neve. I becchini da queste parti lavorano a questa maniera. Al diavolo tutto. Il grido di disperazione chi mi ama mi segua è una delle prime cause della desertificazione. Nòi ci crede alla fuga. La ragazza prima sì, poi no, poi sì, poi no. Qui poi non è così male. E poi io un posto ce l’ho. Sei tu, bè si sei tu che non sai più da che parte girarti. Non se lo sono detti, ma è quello che lei pensava. Poi la catastrofe. Il terremoto. E’ la natura che gli da una mano a dare una svolta alla sua vita, seppure in modo tragico. Morta la nonna, il padre, la ragazza. Rimane solo lui. Non è un buon inizio, ma qualcosa è cambiato. E adesso che si fa. Non male quella spiaggia, le palme e tutto il resto.
Un film che non sa che farsene degli effetti speciali. Le bufere di neve sono vere bufere di neve e i meno trenta gradi centigradi sono i meno trenta gradi centigradi. Da applausi le scene girate a manica corta che si fanno beffa del freddo opprimente. E pensare che da noi basta una goccia d’acqua per smobilitare una piazza.
p.n.

joenat
**** 
paolo
 ****
berto
 
nexuno
 

OASIS
Di Lee Chang dong, Corea del Sud 2002
Con Sol Kyung-gu, Moon So-ri

Jong-du non ha tutte le rotelle a posto, è appena uscito di prigione per aver ucciso in un incidente i genitori di Gong-ju, e subito si ricaccia nei guai. Gong-ju è handicappata, ha una paralisi cerebrale che le impedisce di comunicare, ma non di provare sentimenti. Jong-du con la scusa di chiedere perdono per il danno procurato, si introduce in casa sua e tenta di violentarla. Desiste, ma da quel momento comincia a frequentare la casa in cui la ragazza vive sola, nonostante il suo handicap, in modo autosufficiente. Chi deve occuparsi di lei in realtà ne approfitta, l’unico che tiene davvero a lei è Jong-du che la va a trovare e si prende cura di lei. Quando però i due vengono sorpresi a letto assieme scoppia lo scandalo e il ragazzo viene arrestato per stupro, senza che la ragazza riesca a far capire quali siano i suoi sentimenti verso di lui. E chi crede di agire per il bene della ragazza non fa altro che cedere al pregiudizio accrescendone il dolore. Premio Speciale per la regia alla 59° Mostra del cinema di Venezia. j.n.

joenat
*** 
paolo
*** ½
berto
 
nexuno
 

ORE 11.14: Destino Fatale
Di G.Marks

Certe volte è meglio non uscire di casa. Ci sono momenti in cui tutto ciò che può andare storto va esattamente come deve andare. Non è questione di sfortuna, è il destino, anzi il destino fatale!
Ore 11.14, fossi in te eviterei di andare in giro in auto, potrebbero accaderti cose strane, chessò cadaveri che piovono giù dal cavalcavia, oppure potresti investire qualcuno che passa di lì per caso. E poi, se proprio ti scappa, evita di farla fuori dal finestrino dell’auto, non si sa mai. Potrebbe succedere che ne so, una frenata improvvisa e allora…ZAC. Dev’essere parecchio doloroso. Insomma se sono le 11.14 evita di farti vedere in giro, altrimenti potresti passartela molto male. Potresti trovarti al cinema mentre danno questo film… e allora si che sono cazzi. j.n.

joenat
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OUT OF TIME
Di C.Franklin, USA 2003
Con Denzel Washington, Eva Mendes

Di solito i film con Denzel Washington sono talmente laccati da attentare al buco nell’ozono, e questo non è che faccia eccezione.Solito poliziesco coi soliti luoghi comuni. Pare che su circa una trentina di film girati, questo sia il decimo in cui D.W. fa la parte del poliziotto… sarebbe ora di finirla, e invece no! Lui è il capo di un piccolo distretto di polizia, si è appena lasciato con la moglie, una collega della Omicidi molto più brava di lui, Eva Mendes, una specie di nuova Jennifer Lopez, credibile quanto Babbo Natale nel ruolo della superispettrice di polizia.
Lui ha perso la testa per una giovane che lo tira in mezzo in una truffa a sua insaputa, lei deve scoprire l’inganno. E il film è tutto un rincorrersi dove D.W. cerca di anticipare le mosse della sua ex per salvarsi il culo e risolvere il caso prima di lei. Naturalmente alla fine i due… lo dico o non lo dico… ma si!…Tornano insieme. Pensa te che sorpresa. j.n.

joenat
**½ 
paolo
berto
 
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FILM