AGUIRRE FURORE
DI DIO
di W.Herzog, Ger 1972
con Klaus Kinski, Ruy Guerra, Helena Rojo, Cecilia Rivera
I
rumori della foresta suonano strani a degli spagnoli che non hanno
mai messo piede prima d’ora in una foresta. Suggestionati
dall’idea che hanno della foresta non fanno altro che pensare
alla foresta, agli indigeni e poi di nuovo alla foresta. Questi
ottusi colonizzatori invece di goderselo quel paesaggio da National
Geographic hanno tentato più volte di violentarlo con i
cannoni. E quando sono finite le palle di cannone allora hanno
pensato bene di riempire il fiume con i loro cadaveri e quelli
dei nemici.
Quando la foresta si fa silenziosa allora vuol dire che qualcosa
di pericoloso sta per accadere. Inutile stare sulle spine, le
frecce prima o poi colpiranno. C’è da sperare solo
che il tuo turno capiti il più lontano possibile.
Tradire la Spagna di Filippo II è un pensiero che ti può
pure venire in mente anche se le necessità primarie sarebbero
ben altre. Metter qualcosa sotto i denti ad esempio.
Fatto fuori il bastian contrario la strada comincia ad aprirsi.
L’equipaggio viaggia su tre zattere. Una finisce in un vortice.
Mai guardarsi indietro. E’ il costo che bisogna pagare.
Peccato che se avessero voluto li avrebbero salvati in un niente,
ma si sa quando hai lo stomaco pieno e non ti manca niente perché
preoccuparsi degli altri. Poi magari ti tocca dividere la cena
con loro e questo non ti va. Tra elezioni poco democratiche sul
futuro imperatore di Eldorado e proclamazioni che nessuno vuole
sentire la spedizione va avanti, seppur decimata. Siamo a metà
cinquecento e una crociata che si rispetti non può far
a meno di soldati ubriachi, di schiavi e di preti. Non manca pure
un cavallo che diventa il vero capro espiatorio della sfortunata
traversata. L’imperatore che fa lo schizzinoso per il cibo
ha la fine che merita. Il prete che viaggia immancabilmente con
Bibbia alla mano non è da meno. Tenta su due piedi una
conversione a due malcapitati indigeni, che lui chiama selvaggi,
ma quelli non sembrano tanto gradire la parola di Dio. Uno dei
due dopo aver ricevuto la Bibbia se la porta all’orecchio
come per dire che lui la parola di Dio non la sente proprio. Il
prete che non è in vena di scherzare li butta nel fiume.
Alla fine rimane Aguirre, l’unico che non si è rassegnato
al sogno di una splendida Eldorado. Tra vaniloqui e allucinazioni
Aguirre promette di entrare nelle pagine della storia. Il più
grande tradimento della storia. Tradire la Spagna e sposare sua
figlia per dare origine a una dinastia pura e invincibile. E’
proprio cotto, ma non si arrende. Si arrenderà solo durante
i titoli di coda anche se non lo si potrà vedere.
Kinski regge bene la scena quando si circonda di animali, topi
e scimmie soprattutto. Con loro ha giurato di essersi trovato
veramente bene, non altrettanto ha potuto dire degli altri attori
del cast. Le scimmie intervistate a proposito di Kinski hanno
sostenuto che con quel tizio da qui in avanti non avrebbero nemmeno
voluto passarci una vacanza assieme. p.n.
ALEXANDRA’S PROJECT
Di Rolf De Heer, Australia 2002
Con Gary Sweet, Helen Buday
Cosa vorresti
per il tuo regalo di compleanno? Pensaci e poi me lo dici.
Non vorrei quello che Alexandra ha regalato a suo marito Steve.
Una video messaggio delirante sulla loro vita matrimoniale con
sorpresa finale. Il problema non è se Steve se lo meritasse
o meno quel tipo di regalo. Un regalo di quel tipo sarebbe persino
troppo anche per il più grande figlio di puttana di tutta
l’Australia. Steve non sarà uno stinco di santo,
ma cose del genere non si fanno. Prima gli auguri dei suoi figli,
poi lei gli fa un discorsetto da adulti con tanto di spogliarello
mal riuscito. Le cose non vanno bene. Non è che te la
fai con la tua segretaria? Vatti a prendere una birra. Solo
l’alcool ti aiuterà a reggere il seguito della
storia. Lei ha un cancro al seno. Quel seno che lo faceva tanto
divertire. L’hai bevuta. Guarda che le cose non stanno
così. Si prende gioco di te. E’ solo fuori di testa.
Niente malattia al seno. Poi comincia a fare la stupida con
la pistola. Stai per assistere al suo suicidio. Ma che fai,
credi anche a questo? La pistola è scarica. Qui si mette
male. Non c’è limite al peggio. Mandi avanti la
videocassetta. Spunta una mano di un uomo dove non dovrebbe
stare. Sul corpo di tua moglie. E’ il tuo maledetto vicino
di casa. Quel giardiniere peloso e ripugnante. Lei un modo per
far soldi l’ha trovato. Ha venduto il suo corpo, quello
che ti faceva così impazzire. Hai il voltastomaco. Il
mondo ti crolla addosso. Sei nella merda e non te tirerai più
fuori. Che bel regalo di compleanno. E pensare che oggi avevi
avuto una promozione. Niente più figli, niente più
moglie. Sei diventato una nullità. Solo ora puoi capire
come si è sentita Alexandra in tutti questi anni di matrimonio.
Fuori tra due minuti partirà l’irrigatore. Ti è
rimasto il prato e nient’altro. Anzi no. Ci sarebbero
quei due secondi di filmato sui tuoi figli . Non li rivedrai
mai più perché lei se li è portati via.
E allora resti attaccato a quei due secondi finché potrai
reggere una situazione del genere.
p.n.
AMERICANI
Di J.Foley, USA 1992
Con Al Pacino, Jack Lemmon, Alec Baldwin, Ed Harris, Alan Arkin,
Kevin Spacey
Fare
il venditore è il peggiore dei mestieri che mi venga in
mente, specie se i “contatti” fanno cagare…
Come cazzo fai a rifilare una casa nel deserto a un pellerossa,
quello non ha un dollaro e poi non è mica un coglione.
Salve, sono io, mi riconosce? Ci siamo sentiti per telefono, volevo
consegnarle quel premio di cui le parlavo… sa passavo di
qua, ho un aereo che parte tra un paio di ore e… insomma
volevo proporle un affare che non può assolutamente rifiutare…
ho pensato di offrire a lei quest’opportunità perché
mi è molto simpatico… Come non le interessa?... Che
significa non compro niente, mi faccia spiegare prima di cosa
si tratta… Come vaffanculo fuori di qui, cazzo, io le propongo
l’affare del secolo e lei mi butta fuori di casa?... Vaffanculo
tu brutto stronzo, spilorcio del cazzo!
Non so se mi spiego, davvero un mestiere del cazzo. Come diavolo
fa quel tizio in ufficio a chiudere tutti quei contratti? Anche
questo mese vincerà lui la cadillac, a meno che…
A meno che non mi inventa qualcosa… Sono o non sono il migliore
sulla piazza… non per niente mi chiamano “la macchina”.
Ecco, quando comprate casa ricordatevi che quelli delle agenzie
non sono poi tanto lontane da quelle del film, anche se non somigliano
per niente ad Al Pacino. j.n.
UN AMERICANO A
ROMA
Di Steno, Ita 1954
Con Alberto Sordi
Viene
un momento in cui bisogna chiudere i conti col passato. Non si
può continuare a scrivere recensioni se non si sono visti
tutti quei i film che hanno fatto la storia del cinema. E noi
in materia siamo alquanto in ritardo… Per fortuna sotto
Natale la televisione ci viene spesso in soccorso e finalmente
possiamo colmare le nostre lacune, una volta per tutte. Armati
di guida tv e videoregistratore siamo pronti a fare piazza pulita…
Cominciamo con Alberto Sordi. Un Americano a Roma, hai presente,
quello della scena famosa… come quale, quella dei maccheroni…
“Maccarone, m’hai provocato e io me te magno…”…
Ah si, certo, però questo film non l’avevamo mai
visto intero. E non è che c’eravamo perso chissà
cosa….
Prendiamo tutte le altre cassette coi film vecchi e anche per
quest’anno le mettiamo da parte. Per la storia del cinema
c’è sempre tempo… E allora… Questa la
do al gatto… questa al sorcio… e co’questa c’ammazzo
le cimici! j.n.
ANIMAL FACTORY
Di S.Buscemi, USA 2000
Con Edward Furlong, Willem Dafoe, Mickey Rourke, Edward Bunker
Genere
carcerario. Meglio mettere subito le cose in chiaro. Il film è
tratto dall’omonimo libro di Edward Bunker, vero esperto
del genere visto che ha passato in carcere buona parte della sua
vita. È la storia di un giovane finito al fresco che deve
imparare a proteggere il suo culo dai brutti ceffi che circolano
in quel posto. Per sua fortuna finisce nel giro giusto e il suo
“protettore” non è in vena di smancerie. È
un duro. Anzi si direbbe che è lui il proprietario del
carcere. Fa quello che vuole e si muove come vuole e quando è
in pericolo, è lui a salvare il culo del giovane (letteralmente).
Quando poi le cose si mettono male è meglio tentare la
fuga. Il camion della spazzatura è il modo giusto. Alla
fine solo il giovane riesce ad evadere, ma non importa. Dopotutto
l’ dentro lui è il re e fuori sarebbe un nessuno,
come tutti gli altri. Simpatica la partecipazione di Rourke nei
panni di un travestito. j.n.
BAMBOOZLED
Di S.Lee, USA 2001
Questo
è uno dei più brutti film di Spike Lee. A metà
tra un documentario e un film, in digitale, tanto da sembrare
una di quelle fiction di Raidue, in cui i temi sociali pian piano
si annacquano per sciogliersi nei luoghi comuni sui neri che si
vergognano di essere neri e sul successo che cambia le persone
fino a portarle all’autodistruzione. Delacroix è
un autore televisivo di scarso successo finché non mette
su uno spettacolo basato sulle quelle prese in giro dei neri che
erano i minstrel, spettacoli che andavano di moda nell’America
di inizi secolo, in cui cantanti bianchi si dipingevano di nero
imitando luoghi comuni e stereotipi, sui neri. Lo spettacolo ha
enorme successo, ma solleva le critiche della comunità
nera che lo prende per un prodotto razzista, tanto che un gruppo
di rapper anarco-terroristi il cui gesto più estremista
fino ad allora era stato intitolare una canzone “blak”
senza “c”, sequestra il protagonista nero della sit-com
e gli fa la festa in diretta via internet. Fanno tutti una brutta
fine, compreso lo spettatore che si trova catapultato da un documentario
sulla condizione dei neri alla predica di Spike Lee sui buoni
sentimenti…
Tra le cose da salvare il padre di Delacroix e il suo spettacolo
comico.. j.n.
BASIC
Di J.McTiernan, USA 2003
Con John Travolta, Samuel L. Jackson, Connie Nielsen, Brian Van
Holt
Campo
di addestramento militare USA a Panama. Pare che alcuni militari
siano usciti di cervello e abbiano iniziato ad ammazzarsi tra
loro, approfittando del fatto per far fuori quel bastardo del
loro sergente istruttore. Come rimproverarli, vista la testa di
cazzo che era, chiunque lo avrebbe fatto fuori. Ad indagare c’è
una giovane investigatrice militare, ma il capo non si fida. Meglio
chiamare qualcuno più esperto, magari quel vecchio amico
agente della DEA messo fuori perché accusato di essere
corrotto. Le cose non stanno così come sembrano. I sopravvissuti
si contraddicono, i conti non tornano. Sennò che gusto
c’è. Sotto sotto c’è il doping, militari
che si “bombano” per sopportare gli sforzi dell’addestramento,
manco fossero calciatori di serie A. E poi associazioni segrete,
corruzione, spaccio di droga e chi più ne ha più
ne metta, altrimenti si corre il rischio di annoiarsi. E se non
fosse per il fatto di rivedere assieme Travolta e Samuel Jackson
dopo Pulp Fiction, questo film non lo avremmo mai visto…
ci accontentiamo di poco. j.n.
BIRTHDAY GIRL
Di J.Butterworth, Gb 2001
con Nicole Kidman, Ben Chaplin, Vincent Cassel, Mathieu Kassovitz,
Kate Evans
A
volte è difficile riuscire a trovare la donna giusta per
te e allora lascia fare a chi se ne intende. Le agenzie matrimoniali
esistono per questo. Non importa che la ragazza sia bella, ciò
che conta è solo che sia intelligente e pronta a capirti.
Facile. Basta mettere i dati nel computer ed ecco fatto. Nicole
Kidman nei panni di Nadia, una ragazza russa che non conosce una
parola di inglese, ma è pronta a donare tutta “sé
stessa” all’uomo che l’ha scelta. Come dire
di no? Per forza che ci caschi. Non una parola, solo silenzio
di giorno e sesso di notte. Peccato che c’è la sorpresa.
Il giorno del suo compleanno ti piombano in casa il suo cugino
un po’ troppo affettuoso e il suo amico. Come fare a sbatterli
fuori. Ma non è questo il problema, la questione non è
come farai tu a buttare fuori di casa loro, ma come faranno loro
a fotterti per bene. Già perché il cugino in realtà
è il ragazzo di Nadia e il trio è famoso nel mondo
per aver fregato allo stesso modo un bel po’ di tontoloni.
Fai entrare Nadia nella tua vita, poi arrivano loro e ti fregano
tutto, lasciandoti in mutande. E prova allora ad andare alla polizia
a denunciarli. Sarai lo zimbello dell’intero paese. E fin
qui il film regge, ma la necessità del colpo di scena a
tutti i costi e dell’happy end di rigore, uccide quel poco
di buono che fin qui si era visto. E allora i russi costringono
il malcapitato a derubare la banca per cui lavora, Nadia si pente
della truffa e si innamora di lui, lui non le crede più
ma alla fine fregano i cattivi e scappano in Russia per vivere
finalmente insieme. j.n.
BLACK HAWK DOWN
Di R.Scott, USA 2001
God
bless America. Si perché se non ci fossero loro come faremmo?
Se non è l’Afghanistan è l’Iraq e se
non è la Bosnia è la Somalia… Già la
Somalia! Che belle spiagge, che mari incontaminati (a parte qualche
cadavere galleggiante, certo). E magari gli Americani pensavano
di passare un periodo di ferie lì, tranquilli, a godersi
il sole. E invece, il solito ordine dall’alto: bisogna rapire
quattro pericolosi trafficanti di armi. Una missione facile facile.
Mezz’ora e siamo a casa. Certo. Così passano venti
minuti di film di preparativi e due ore di sparatoria come non
se n’è mai viste prima. Elicotteri abbattuti, militari
USA che saltano in aria combattendo fino all’ultimo con
onore. E la battaglia che doveva durare mezz’ora finisce
per durare un giorno intero.
Non c’è che dire, gli effetti sono davvero speciali,
e la guerra sembra proprio la guerra. Ma che due palle con tutti
quegli spari, a saperlo prima mi presentavo con una cuffia. E
poi basta con questa storia degli eroi americani che fanno il
loro dovere.
Alla fine il risultato (vero) è di 18 uomini e 2 elicotteri
contro 1000 morti somali. Bè, tanto chi volete che ci faccia
caso a loro, sono i cattivi di turno. A pensarci bene, erano anni
che non mi capitava di vedere dei neri che nel doppiaggio “barlano
e si muovono gome le scimmie”, altro che bu razzisti negli
stadi. Gli americani regolano i loro conti a colpi di mitra.
j.n.
BLOW
Di T.Demme, USA 2001
Con J.Depp, P.Cruz
L’America è la terra
delle opportunità, il sogno americano è dietro l’angolo,
basta solo impegnarsi un po’ e tutto è possibile.
Anche mettersi in proprio e diventare il più grosso spacciatore
di coca di tutti gli Stati Uniti. Basta volerlo. Quindi che aspetti.
Sei un giovane spacciatore di marijuana? Vuoi allargare il giro?
Basta un po’ di spirito imprenditoriale e puoi fare il salto
di qualità. E se poi le cose finiscono male ci puoi fare
sempre ricavare un film. Chiami uno bravo a dirigere. Uno che
ha studiato i migliori registi. E magari rifacciamo “Quei
bravi ragazzi” o “Casinò” di Scorsese,
magari la gente nemmeno se ne accorge.
Solo che le copie vengono sempre peggio dell’originale,
anche se è Depp a fare la tua parte. E allora puoi perdere
tutto il tempo che vuoi a ripetere che è una storia vera…
j.n.
BLOW OUT
Di B.De Palma, USA 1981
Con John Travolta, Nancy Allen, John Lithgow
John
Travolta è un tecnico del suono che lavora per film horror
di serie B, ma ha un passato da poliziotto non molto fortunato.
Un microfono messo male e il malcapitato oltre ad essere ustionato
ci ha rimesso la vita. Meglio cambiar lavoro, almeno nel cinema
nessuno si fa male, e invece… Una notte, mentre è
fuori per registrare dei rumori, assiste e registra l’incidente
in cui muore il candidato presidente. Solo che non era un incidente…
E allora ecco che riaffiora il suo passato di ex-poliziotto. Il
film barcolla un po’, ma è ben girato. Travolta è
talmente bravo nel suo primo ruolo drammatico che Tarantino lo
sceglierà per il ruolo di Vincent Vega in Pulp Fiction
grazie alla sua prova in questo film. j.n.
THE BUTTERFLY EFFECT
Di E. Bress & J.M.Gruber
Se
ti capita di riuscire a tornare nel passato ricorda di non toccare
nulla, basta un attimo e tutta la storia comincia a correre nella
direzione sbagliata. E non importa se lo fai per il motivo giusto,
per rimettere le cose a posto. Meglio lasciare tutto così
com’è, questo vale anche per il protagonista del
film. Per lui è un vizio di famiglia, anche il padre aveva
questo potere e alla fine è finito in manicomio. j.n.
C’ERA UNA VOLTA IN MESSICO
Di R.Rodriguez, Mex-USA 2003
C’è
un regista che si diverte a prendere in giro il pubblico, girando
e rigirando migliaia di volte lo stesso film. Non è la
trama, ma la storia di Rodriguez e della gran parte delle sue
opere. Si vede che è amico di Tarantino, hanno lo stesso
modo di intendere il cinema. A uno piace prendere quello che è
stato il peggio del cinema, o quello che è sempre stato
considerato il peggio del cinema di serie B, rimescolarlo, dargli
un tocco personale a base di dialoghi brillanti e originali e
trasformare il tutto in grandi film. All’altro, invece,
piace fare e rifare lo stesso film del suo esordio. Certo la prima
volta è stato necessario per tirar su un po’ di soldi.
El Mariachi, il suo primo film, era in lingua spagnola, girato
in Messico con attori locali, in pochi giorni e con pochi mezzi,
soprattutto economici. Una volta venduto alla Columbia e ottenuti
i soldi, Rodriguez gira la versione USA dello stesso film con
Banderas, Hayek, Buscemi e una piccola parte per l’amico
Tarantino. La storia è quasi la stessa, aumentano solo
le esplosioni. Ora ecco “C’era una volta in Messico”.
Certo non si può dire che la storia sia la stessa, ma la
sensazione del già visto è presente dall’inizio
alla fine. Sarà perché gli stessi attori giocano
a rifare gli stessi personaggi, c’è il solito mariachi
Banderas, la solita Hayek e la solita guest star, stavolta è
Johnny Depp. Aumentano ancora le esplosioni e il volume di fuoco,
e alla fine sembra di aver giocato per più di un’ora
e mezza a un videogioco, sparando e saltando di quadro in quadro
senza averci capito nulla. j.n.
101 REYKJAVIK
di B.Kormakur, Islanda 2000
con Hilmir Snaer Gudanson, Victoria Abril, Hanna Maria Karlsdottir
Hlinur
è un trentenne islandese che vive a casa con la mamma e
campa grazie al sussidio di disoccupazione. Più che vivo
si sente morto. Per fortuna c’è internet. I film
porno sono il massimo. Quando ne ha abbastanza dei giochetti erotici
via cavo se ne va con gli amici al solito locale notturno dove
un mucchio di islandesi strafatti si scatenano con la musica house
e il sesso. Anche lui ha quindi una vita sociale? Niente che non
valga la pena di essere perso. Gli uomini sono solo donatori di
sperma. Ma come funziona? No dico, se lo vuoi fare di lavoro!
Hlinur odia la campagna, anche se è solo la periferia di
Reykjavik. Non si muoverebbe mai dal centro della città
se non fosse che quella stronza di sua sorella lo invita tutti
i santi Natale a passare da loro le feste. Ogni anno gli stessi
individui decadenti, gli stessi discorsi di fine anno. Meglio
un funerale, almeno in quel caso c’è uno stronzo
di meno. E’ un uccello stanziale lui, mai uscito dai confini
di Islanda. Una terra che se ti ci trovi è perché
ci sei nato. Gli Islandesi si stanno estinguendo, dovrebbero scopare
di più. Gli svantaggi di vivere da queste parti? Poca luce
e la merda ghiacciata. I vantaggi? Non ci sono insetti e poi..
bè bisogna rifletterci un attimo, sai anche il cervello
ti si può ghiacciare. Noi islandesi abbiamo importato tutto.
Prima la musica rock, poi l’aids e alla fine anche le lesbiche.
Quelle sono arrivate dalla vicina Danimarca. Sbagliato. Qualcuna
arriva pure dalla Spagna, si chiama Lola e guarda caso è
la compagna di tua mamma. Se poi te la scopi e lei resta incinta,
il problema non è come chiamerete il bambino. Il problema
è chi sei tu, per il neonato. Se ti sei scopato tuo patrigno
allora sei diventato fratello oppure se ti sei scopato la ragazza
di tua madre allora sei diventato padre. Sotterrati sotto la neve
così diventerai di certo cadavere. La vita è una
pausa in mezzo alla morte. Sei morto prima di nascere e muori
dopo aver vissuto. In realtà quello che tu chiami vita
è solo morte.
Da morti non si lavora, a che serve un lavoro da vivi, quando
puoi prenderti una pensione di invalidità. Fare niente
nella vita non è da tutti. Non è come si pensa,
non hai mai un momento libero per poter lavorare, c’è
sempre niente da fare che ti occupa un sacco di tempo. Ci sono
quelli che campano solo facendo multe agli automobilisti. Pensa
agli altri, pagagli un'altra ora di parcheggio a tue spese così
vediamo in quali pasticci si mette quello che vive facendo multe
al prossimo. Se tutti facessero come Hlinur il mondo andrebbe
avanti lo stesso. Cominciate a farlo anche voi e vedrete che lui,
un tipo non del tutto normale, non ha tutti i torti.
Il film è tratto dal libro di Hallgrimur Helgason, di cui
troverete notizie sul nostro sito. Un nostro amico più
o meno dell’età di Hlinur, una sera, non sapendo
scegliere tra un film porno e un film d’autore ha pensato
di ripiegare sulla letteratura. La gente alle volte è davvero
strana. Il tizio non avendo in casa dei libri decenti ha pensato
di trovare notizie in internet su un tale islandese, scrittore,
che io e mio fratello avevamo segnalato. Il tizio ha trovato quello
che cercava. Ha pensato per un attimo. La grafica di questo sito
non mi è nuova, ma poi ha lasciato perdere. Il giorno dopo
ha scoperto di aver visitato il nostro sito. Il tizio a dire il
vero collabora al nostro sito. Come è piccolo il mondo
e come sono attenti i nostri collaboratori.
p.n.
CITY OF GOD
Di F.Meirelles, 2003
Le
favelas di Rio de Janeiro non sono il posto più tranquillo
del mondo, si respira un aria pesante, e non è solo per
via di tutta quell’erba che si fumano. Il territorio è
controllato da bande che sanno il fatto loro, gente che non ci
mette più di un secondo a decidere se meriti di vivere
o morire. E non è che ci tengano così tanto alla
vita degli altri. Zè Pequeno ha in mano gran parte della
città, sotto di lui non vola una mosca che lui non voglia.
L’altra parte della favela è controllata da Manu
Galinha.
Il fatto è che a nessuno piace arrivare secondo, così
la guerra è inevitabile. In mezzo c’è Buscapé
un ragazzo delle favelas che sogna di fare il fotografo e che
riesce a realizzare il suo sogno trovandosi nel posto giusto al
momento giusto.
Quasi tutti i ragazzini del film vengono veramente dalle favelas
e non sono attori. L’idea era girare il film nei luoghi
raccontati nel libro da cui è tratto “Cidade De Deus”
di Paulo Lins, ma la gang che controlla la zona non ne ha voluto
sapere. Gran parte delle vicende narrate sono accadute davvero,
compresa la violenza e gli assassini a sangue freddo. Dopo tutto,
ormai chi si meraviglia più di niente. j.n.
COFFEE AND CIGARETTES
Di J.Jarmush
Lo
sai adesso cosa ci vorrebbe? Un caffè. Esatto. Scusa hai
da accendere? Come no, lo sai che quando bevo caffè una
sigaretta non me la faccio mai mancare. Situazioni da bar. Due
tazzine di caffè, un posacenere e fumo di sigaretta. E’
l’ambiente adatto per scambiare quattro parole nella buona
e nella cattiva salute. Il piacere della conversazione. Più
tardi cominci, prima si raffredda, il caffè e la conversazione.
La visita dal dentista può essere una buona scappatoia
da un incontro non programmato. Il caffè aiuta la digestione
delle quattro parole da bar. Parlare e non capirsi. Non trovare
divertente quello che per l’altro è il massimo del
divertimento. La caffeina facilita il lavoro fisico e intellettuale.
Che lavoro fai? Ancora non lo so. Mi tremano le mani. Sarà
colpa di tutto quel caffè che bevi. Ma no, lui che c’entra.
Io devo andare. Lo vedo. Allora vado. Lo sto vedendo.
Dei gemelli ce n’è sempre uno buono e uno cattivo.
Anche Elvis aveva un gemello. Non è stato Elvis a ridursi
in quel modo, ma il suo gemello. Pausa caffè. Due musicisti.
Ognuno lavora a modo suo. Stanno bene come stanno. Una signorina
legge una rivista di armi e beve il suo caffè. Il cameriere
gliene versa ancora e gli equilibri saltano. Scoprire che hai
per cugino un personaggio famoso può essere una bella sorpresa
per te, ma non per quello famoso. Salire e scendere dalla cresta
dell’onda il tempo di bersi un caffè in compagnia.
Due amici alla fine della loro amicizia. Mi dà da pensare.
Cosa? Perché ci vediamo se non hai problemi. Sei sicuro
di non averne. Te l’ho gia detto. Va tutto bene. Lei è
Bill Murray? Cosa ci fa qui? Vacci piano amico con tutto quel
caffè. Te la do io la medicina. Fatti i risciacqui con
la candeggina. Se non funziona usa l’acido. Grazie per il
consiglio.
Per me un espresso. Lo metta sul conto. Due cugine. Una ce l’ha
fatta. E’ una celebrità. L’altra è al
verde. Lo so come sei. Un giorno sei a Los Angeles e domani sei
a Parigi e adesso che sei qui con me in realtà con la testa
sei chissà da quale altra parte.
Al bar davanti a una tazzina sorseggiando caffè in compagnia
di uno con cui non ti ritrovi. Quante volte vi è capitato?
All’inizio ci parli. Sembrate sulla stessa lunghezza d’onda.
Entri in sintonia. Ma che cazzo non sei mica una stazione radio.
Un punto in comune. Ci girate attorno a quel punto. Poi quello
se ne esce con una frase. Lui la trova divertente. Tu no. Non
siete più sulla stessa lunghezza d’onda. Non lo siete
mai stati. Colpa di una interferenza. Finisci il caffè.
Il fondo della tazzina ti consiglia di mollarlo lì su due
piedi. Ti alzi. Sei spiacente, ma hai un impegno che ti costringe
ad andartene. Più è grave l’impegno che ti
sei inventato, più velocemente sei autorizzato ad andartene.
Addio. Chi non muore si rivede o non ci si rivede e basta o se
ci si rivede non lo dai a vedere e fine della storia. Magari ci
si vede per un altro caffè. Il caffè ci va sempre
di mezzo. Tra le bevande è quella più sfortunata.
Sorbirsi tutti quei patetici appuntamenti umani è il conto
più salato da pagare. Dal giudice. Caffè contro
tutto il genere umano. Da oggi potrete avere solo incontri decaffeinati.
Farà bene a voi, farà a bene al caffè. E
vedrete che le cose si sistemeranno. p.n.
DAUNBAILO'
Di J.Jarmush, USA 1986
con Tom Waits, John Lurie, Roberto Benigni, Ellen Barkin, Nicoletta
Braschi
Tre
“innocent man” gli hanno incastrati per benino. E
adesso che si fa. Qui dentro non vola una mosca. E’ un mortorio.
Piacere. I’m Roberto. Ma puoi chiamarmi Bob. Allora? Vo
a letto. Domani ne riparliamo. Noi italiani si fa amicizia su
due piedi. Questi americani sono proprio divertenti. Zack e Jack.
Vi tirerò fuori da qui. Anch’io sono innocent man.
Sono un assassino. Ho steso un uomo con una palla da biliardo.
Una bella palla. Numero otto. The black ball. Zack è un
pappone. Jack è un dj. Roberto è un bonaccione.
Quelli pensano che è un cretino e così mandano avanti
sempre lui. Lui è sprovveduto quanto basta da metter in
gioco sempre la sua pellaccia. Taccuino alla mano, traduce in
inglese l’intraducibile, a parte qualche imprecazione alla
Madonna e al buon Dio toscano. Quel my friend ce l’ha sempre
in bocca. Lo fo per voi, my friend. Dimmi un po’ Zack. Conosci
Walt Whitman. Ti faccio Bob Frost in italiano. Davvero divertente,
Bob Frost in italiano. Perché non si va in Texas? Certo
che voi americani siete proprio divertenti.
L’escape con tanto di cani a seguito va avanti. I tre girano
in barca a zonzo per una foresta. Non fatemi entrare in acqua
e non parlatemi di cani. Poi ognuno per la sua strada. Roberto
ha pensato a tutto. Tornate indietro. Un bel coniglio v’ho
preso. Animale furbo, il coniglio. Peccato che manchi olio, aglio
e rosmarino. Era così che lo faceva la mia mamma. Una donna
strana la mia mamma. Sempre ad ammazzar conigli me la ricordo.
Poi Roberto s’innamora. Lui resta lì con la sua fiamma,
gli altri due se ne vanno e di fronte a un bivio sceglieranno
strade diverse. I wish you were here.
E’ da un po’ che non si rideva di gusto. Buon esercizio
per le mascelle. Ascoltando Tom Waits non resta che augurarvi
Buona Notte. Sentiamo come se la passa la periferia di Seregno.
Rincorrendo l’ ultimo treno della serata per Basilea e bevendo
birra. Molta birra e non solo. I grilli sono dei veri nottambuli
oltre ad essere dei musicisti niente male. Io avrei finito. E
voi? Noi continuiamo con della buona musica. Vai col bourbon Tom.
p.n.
THE DAY AFTER TOMORROW
Di R.Emmerich, USA 2003
Catastrofi su catastrofi e “Io
l’avevo detto” è il sottofondo sonoro di tutti
questi film dove la Terra si prende la sua rivincita sull’uomo.
E questa è la volta dell’era glaciale. Ma dalla finzione
alla realtà è un attimo. I film esagerano, certo,
ma quello che è successo in Asia è lì a ricordarci
che non si scherza col nostro pianeta, quello non sa nemmeno cosa
sia il senso dell’umorismo. La gente cade come mosche, ma
quello che conta è avere il filmino da far vedere a casa.
Le storie dei vip che l’hanno scampata senza nemmeno bagnarsi
le scarpe proprio come i protagonisti del film, che sopravvivono
a -100° come niente fosse mentre intorno a loro a milioni
di comparse ghiaccia il culo senza che se ne rendano conto. Ed
è un peccato che non ci sia un Emilio Fede in vacanza in
questo film a raccontare di come tutto vada bene e di come il
governo stia facendo del suo meglio per rimpatriare tutti gli
Italiani mentre la Terra sta andando a farsi fottere. Poi raccogliamo
le immagini più spaventose, le montiamo assieme e facciamo
uno speciale coi fiocchi, e magari invitiamo pure lo scienziato
che “l’aveva detto” e ci facciamo spiegare tutti
i perché… raccogliamo qualche milione di euro, lo
spediamo ai quei poveracci, ci laviamo la coscienza e ce ne dimentichiamo
come facciamo sempre… finché a qualche stronzo non
verrà in mente di sfruttare la situazione per girarci un
film sopra. j.n.
I DIARI DELLA MOTOCICLETTA
Di W.Salles
Per
chi ha letto il libro “Latinoamericana”, questo film
è un ripasso. Per chi ha visto anche il documentario di
Gianni Minà con il vero Alberto Granado, girato dietro
le quinte del film di Salles, passato qualche giorno prima dell’uscita
del film stesso su raitre, questo film è perfino di troppo.
La storia è nota. Si tratta del viaggio del giovane Ernesto
Guevara, prima che diventi il Che, con il suo amico dottore Alberto
Granado a bordo della Poderosa, la moto dell’amico, attraverso
l’America Latina. Lo spirito avventuriero dei due giovani,
la nascita della passione per i dimenticati della società,
dai minatori indios ai lebbrosi confinati a causa della loro malattia.
La nascita della passione politica che lo porterà a diventare
l’eroe rivoluzionario che tutti conoscono.
Il risultato però è il solito road movie, coi due
giovani alle prese con la loro moto scassata su strade impervie,
tra uscite di strada, amori, fughe, litigi, incontri… e
le solite cose che succedono quando si viaggia, con i due protagonisti
che passano più tempo in addii che altro.
Il problema di questo tipo di film è che hanno la pessima
abitudine di tendere alla beatificazione.
In questo film il Che si trova a curare un’anziana a un
passo dalla morte, diagnosticare il tumore ad un tizio dandogli
solo un’occhiata, stingere mani a lebbrosi, attraversare
a nuoto un fiume che mai nessuno ha attraversato… Tanto
che alla fine uno non sa più se si sta parlando del futuro
Che Guevara o di Padre Pio. Meglio affidarsi alla lettura se davvero
si vuole conoscere la vita, il pensiero e le gesta di uno dei
più importanti personaggi dello scorso secolo.
j.n.
IL DIARIO DI BRIDGET JONES
Di S.Maguire, Gb 2001
Con Renee Zellweger, Hugh Grant
L’avevamo
lasciato da parte questo film, in attesa di tempi migliori. Dai
trailer sembrava la solita commediola romantica, una di quelle
cose con Richard Gere e Julia Roberts, per intenderci, e così
l’avevamo evitato come la peste. Invece non è poi
così male. Certo, ha tutte le caratteristiche dei film
natalizi per un target di giovani coppie o single a metà
tra i trenta e quaranta, ma almeno non è buonista da far
venire il voltastomaco come i prodotti della stessa categoria
made in USA.
Bridget Jones è una single o sarebbe meglio dire zitella.
Glielo fanno pesare i genitori, i parenti e gli amici tutti. Insomma,
ha più di trent’anni e non è ancora stata
capace di trovarsi un marito. Fuma troppo, beve troppo e mangia
troppo, ma a partire da quest’anno basta. Comincia a scrivere
un diario in cui prende nota dei progressi: deve smettere di fumare,
mangiare e bere e… assolutamente… deve trovarsi un
uomo. E ne arrivano due, ma lasciamo perdere la trama che è
il punto debole del film.
Hugh Grant è il capo dongiovanni e stronzo, Renee Zellweger
è Bridget Jones, ingrassata di non so quanti chili per
l’occasione, manco fosse DeNiro in Toro scatenato. Insicura,
pasticciona e volgare quanto basta a rendere divertente un film
che altrimenti farebbe acqua da tutte le parti.
Si passa attraverso tutti i luoghi comini del caso, dal collega
in età avanzata che continua a fissarle le tette, alle
coppie che parlano e si comportano come una persona sola, alle
donne belle e streghe che le rubano gli uomini, al gruppo di amiche
e amici ficcanaso tra cui non può mancare il solito amico
gay… Nonostante tutto questo, e nonostante i titoli di coda
con Hugh Grant alle prese con donne dalla dubbia intelligenza
oltre che dal dubbio sesso, il film scorre veloce e se proprio
non è un capolavoro, almeno riesce a far ridere.
j.n.
DILLINGER E’ MORTO
Di M.Ferreri, Ita 1969
Con Michel Piccoli, Annie Girardot, Anita Pallenberg
Se
stai a sentire i critici, quelli veri, questo film è un
capolavoro. Noi qualche dubbio in proposito ce l’abbiamo.
Il Ferreri che piace a noi è quello della “Grande
abbuffata”.
Questa è la storia di un tizio, un ingegnere, che tornato
a casa dal lavoro, dopo essere stato tormentato per ore dal capo
con i suoi scritti pallosi, vaga senza meta per casa senza saper
bene cosa vuole. Lui è uno che fa fatica a rimanere concentrato,
e si vede. Mai che riesca a fare una cosa per più di tre
secondi. Passa dal divano alla cucina, inizia a preparare la cena,
torna al divano, va in camera dalla moglie, torna in cucina, comincia
a frugare tra gli armadi, trova una pistola, smonta la pistola,
torna in cucina, poi dalla moglie, poi davanti alla televisione,
poi di nuovo a tavola. Mica è finito. La cameriera se ne
va a letto, lui mangia, poi ci ripensa, olia la pistola, guarda
i filmini delle vacanze, rimonta la pistola, torna dalla moglie,
lei dorme, gli spara… così, perché in quel
momento gli passa per la mente di fare così. Va a letto
con la cameriera, torna ai filmini… e sogna di andare a
Thaiti… Boh! j.n.
DOGVILLE
Di L.Von Trier, Dan 2003
con Nicole Kidman
A
Dogville c’è la crisi del mattone e la gente ha pensato
di disegnarsi la casa per terra col gessetto. La privacy non gli
interessa, tanto è tutta gente che sa farsi i cazzi suoi,
sono altri i problemi. Quello che davvero ci vorrebbe a Dogville
a parte un piano regolatore decente e qualche rotonda vicino al
giardinetto è un bel manicomio in cui rinchiuderli tutti
quei mentecatti dei suoi abitanti, donne e bambini compresi. E
un posto peggiore dove andare proprio non lo poteva trovare Grace
che per fuggire da una banda di gangster finisce nelle mani del
figlio di Buttiglione, un filosofo da strapazzo che si crede scrittore
solo perché una volta ha scritto una lettera al Corriere
dei Piccoli. E quando non si crede filosofofo si diverte a fare
il maestro di vita e nel tempo libero fa pure il capo della ManPower
e così trova un bel lavoro interinale a Grace che lo ringrazia
tanto perché lei è disposta pure a fare le pulizie
pur di non lavorare in un call centre. Poi ci sono le votazioni
e il filosofo prende il 50% di sputi e il 50% di pernacchie, ed
è tutto contento perché gli è venuta un’altra
idea per una lettera al Corriere. E intanto Grace continua a lavorare
giorno e notte e quelli la pagano con le statuette dei sette nani
e le promettono che se fa la brava invece delle ferie le danno
pure Biancaneve. Ma lei ci rimane un po’ male, perché
mentre lei non la smette un attimo di fargli i servizi, quelli
a lei le fanno il servizietto. Così decide di scappare
e chiede aiuto al figlio di Buttiglione che le dice di prenderla
con filosofia e intanto le mettono le catene, nel caso le venisse
voglia di scappare sul serio, che oggi come oggi dove la trovi
una che ti fa i mestieri in casa per due lire? Ma poi arrivano
i sindacalisti della CGIL e li fanno fuori tutti, perché
va bene gli straordinari e la flessibilità, ma almeno sta
poveretta mettetela in regola. j.n.
DONNIE DARKO
Di R.Kelly, USA 2001
Il mondo finirà esattamente tra ventotto
giorni, sei ore, quarantadue minuti, dodici secondi. E’
tempo di muoversi. Peccato che uno non può starsene tranquillo
nemmeno nel letto a casa sua, che in qualsiasi momento un aereo
può perdersi un motore e allora può essere la fine.
Per fortuna il coniglio magico(?) ha fatto la soffiata e Donnie
si trova lontano da casa quando il disastro succede. Lui si sente
un miracolato, ma questo non è che lo faccia stare meglio,
anzi, accresce il suo desiderio di ribellarsi contro tutti, contro
la famiglia, contro la scuola, contro gli impostori pedofili con
la faccia gentile di Patrick Swayze…
E poi ci sono le visioni, quelle scie liquide che partono dalle
persone e che quelle seguono come fosse il loro destino. Allora
tutto è scritto? Tutto è già successo e niente
può essere diverso da come è? E se ci fosse la possibilità
di viaggiare nel tempo, si potrebbero cambiare le cose?
Insomma, le solite domande. Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.
Quelle che ogni ragazzo di quest’età dovrebbe cominciare
a porsi invece di cercare risposte nei giochini della playstation.
E se anche la fine del mondo non arriva, le cose si mettono male
comunque e solo il sacrificio può riportarci sulla retta
via. Dalla morte può rinascere la vita, soprattutto sei
hai scoperto quello che ha scoperto Donnie Darko. E allora cosa
importa se nessuno saprà mai il perché le cose sono
andate come sono andate. j.n.
***
Donnie
Darko è un dorminpiedi. Per curarsi deve prendere delle
pillole e andare dall’analista. Il suo amico immaginario
Frank gli mette i bastoni tra le ruote. Ma cosa diavolo è
Frank? Un coniglio, Dio o solo quello stronzo che ha tirato sotto
Gretchen? Se non avesse ascoltato Frank ora Donnie sarebbe già
bello che morto la sera dell’incidente. E allora chi può
dire come si sarebbero messe le cose. Il mondo sta finendo. Non
lo sospetta il padre, troppo preso dalle prossime elezioni, tanto
meno se lo immaginano i suoi coetanei occupati ad andar dietro
alle ragazze. Forse ne sa qualcosa Roberta Sparrow, “Nonna
morte”. Non c’è film che tenga, i maggiori
indiziati per la parte di quelli che ne sanno più degli
altri, finiscono per essere sempre quelli con l’aria strana.
Se hai problemi è perché hai toccato la verità
assoluta. Bisogna starci attenti a quella roba, potrebbe anche
essere cancerogena.
Viaggiare nel tempo potrebbe essere la soluzione. L’ha fatto
Superman, l’ha fatto Micael J. Fox, perché non può
farlo anche Donnie Darko? Cos’ha Donnie Darko che non va
che non ce l’abbiano anche i suoi predecessori? Forse lui
è un tantino più disturbato, ma almeno lui non ha
rischiato l’incesto cercando di portarsi a letto sua madre.
E nemmeno se ne va in giro a raddrizzare Torri pendenti come se
la cosa servisse realmente a qualcosa. Ecco l’unica cosa
che hanno in comune quei tre. Sono fortemente intolleranti all’idea
che il futuro possa prendere una brutta piega. Che la brutta piega
sia la morte di Gretchen o la distruzione dell’intera umanità
non sarà certo questo a portare fuori strada una storia
predestinata. Siamo alla resa dei conti. Fatto fuori Frank ora
Donnie dovrà vedersela con i suoi detrattori. Ambientalisti,
fanatici religiosi o comuni mortali. Senza Frank
il destino di Donnie è segnato. E’ per lui che è
caduto quell’aereo. E lui non si sposterà di un centimetro.
Così Gretchen e l’umanità possono tirare un
sospiro di sollievo. La fine è solo posticipata a data
da destinare, o meglio al prossimo film catastrofista.
Il destino puoi alterarlo se ce l’hai ben presente sotto
gli occhi. Solo Dio ha questo privilegio considerata la posizione
strategica. Quindi l’unico modo per noi umani di influenzare
il destino è quello del viaggio spazio-temporale. In parole
povere ci è toccato studiare fisica, matematica, astronomia
e quant’altro, cosa che il buon vecchio Dio ha potuto risparmiarsi.
p.n.
THE DREAMERS
Di B.Bertolucci, Ita 2003
Il
’68 visto da tre ragazzi amanti del cinema d’autore
in vena di sperimentazioni più che altro a sfondo sessuale.
Un ragazzo americano in Francia per studi conosce fratello e sorella
al cinema. Guardano film di Godard, Fuller, ma qualcosa li attrae
in un triangolo torbido. Il padre dei due ragazzi è un
poeta che ha perso le speranze, la madre è una di larghe
vedute e i gemelli si credono dei giovani impegnati che non si
rendono conto di inseguire un cliché. Matthew è
un ragazzo sveglio e anche se non ha le “esperienze”
dei due fratelli ha le idee chiare, sa cosa vuole e fa la parte
del filosofo da salotto… E mentre fuori c’è
la rivoluzione in casa si fotte che è un piacere, tra citazioni
di film celebri, discussioni su chi è meglio tra Keaton
e Chaplin, e canzoni di Janis Joplin, Doors e Jimi Hendrix.
Il sesso come continua scoperta, corpi spesso nudi, intrecciati,
e primi piani di cazzi di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Ma questo è Bertolucci, si sa. j.n.
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