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Bevilacqua 15 Gennaio 2002

 

Due appassionati tedeschi, provenienti dalla Baviera, erano diretti a Bevilacqua.

La mongolfiera perde quota. Atterraggio di fortuna tra i peri.

 

« Fora gh’è un balon grosso come ’na casa », quando l’ha detto l’hanno guardata stupiti: in fondo era uscita un attimo per dar da mangiare ai cani. Quel pallone da dove spuntava? Poi uno dei figli, Fabrizio Bubola, si è alzato da tavola ed è uscito in cortile. E ha visto quell’enorme sfera bianca e rossa sfiorare i rami più alti delle piante di peri che la sua famiglia ha dietro casa, a Oni di Boschi Sant’Anna. Una mongolfiera, proveniente dalla Baviera con due tedeschi a bordo e diretta a quanto pare a Bevilacqua, si era con tutta probabilità trovata in difficoltà e stava cercando di atterrare. In quel momento da casa Bubola sono usciti tutti e, quasi inseguendo quella gigantesca palla riempita d’aria calda ne hanno seguito l’ondeggiare fino a quando è arrivata in prossimità della strada che costeggia il fosso e i campi. Al di là dei filari di peri. «A quel punto hanno lanciato le funi», esordisce Valentino Bubola, «io e mio fratello Fabrizio le abbiamo prese cercando di mantenere a terra il pallone mentre la cesta con i due occupanti aveva toccato il suolo». Una domenica pomeriggio movimentata per la famiglia Bubola anche perchè di lì a poco gli abitanti delle case vicine sono arrivati di corsa. «Lo abbiamo visto scendere», racconta Fabrizio, «ha sfiorato i filari di piante e probabilmente visto che non riusciva ad atterrare ha cercato di rialzarsi per spostarsi poi di pochi metri, sufficienti però ad arrivare sulla strada, l’unica che c’è a Oni. I fili della luce? No, non era proprio vicino in modo pericoloso ma comunque il tutto è successo nel raggio di qualche decina di metri. Certo che se cadevano in mezzo alle piante di problemi ne avrebbero avuti di certo». Oni è una località con poche case e una trattoria, così in poco tempo a terra si è formato un capannello di gente, con i fratelli Bubola che tenevano le corde e altri invece che cercavano di aiutare i due piloti tedeschi a mantenere fermo il pallone aerostatico. «Mai visto così da vicino, è proprio grande», prosegue Valentino, direttore commerciale al centro Il Faro di Rovigo, «e pensare che ero andato a mangiare dai miei per riposarmi un po’». E invece dopo pranzo il salvataggio e il racconto: «Avevano due bombole ancora piene, quindi escluderei la mancanza di gas. Hanno detto che erano in volo da 9 ore, a 4.500 metri di altitudine con punte di velocità di 90 chilometri l’ora e la temperatura in quota era di 13 gradi sotto lo zero. Venivano dalla Baviera, non ho capito bene da che città ma comunque dovevano atterrare a Bevilacqua». Dove si trova un aeroclub per ultraleggeri e dove avevano previsto di fare l’arrivo. Ma la mongolfiera si sa da dove parte ma non dove atterra perchè la muove il vento, gli unici interventi sulla direzione sono possibili a bassa quota, dove le correnti variano e quindi permettono alcune manovre. Comunque la cesta si trovava a una ventina di metri dal suolo quando i due piloti hanno cercato di rimetterla in quota, non riuscendoci. «Beh, ho dato un’occhiata alla strumentazione di bordo, mai vista da vicino, c’è tutto quel che serve», prosegue Bubola, «gps e cb, tutto quanto serve a fissare la rotta. Ma in fondo anche in barca è così, a volte indipendentemente dalla rotta il vento o qualche altro problema spinge oltre a quelli che sono i calcoli. Comunque erano attrezzatissimi, del resto non ci si improvvisa in queste cose». Così ha chiesto tutto quello che probabilmente chiunque avrebbe chiesto di fronte a questo insolito e per certi versi romantico mezzo di trasporto, che rievoca le avventure di Phileas Fogg e il fedele maggiordomo Passepartout narrate da Giulio Verne ne «Il giro del mondo in 80 giorni». «Beh, con una bombola stanno in volo 35 minuti e ne avevano 9, comunque probabilmente si sono sbagliati di pochi chilometri». E infatti mentre il più anziano dei due, un signore sulla cinquantina, Erwin Wilfer, ripiegava il pallone, l’altro, un uomo sui trentacinque anni, si è fatto accompagnare a Bevilacqua da dove poi e ritornato con un fuoristrada e carrello per caricare il mezzo di trasporto mentre un’ora dopo sono arrivate anche le mogli.
E quando tutto è stato sistemato i fratelli Bubola hanno tirato fuori il pandoro e una bottiglia di vino. In fondo non capita tutti i giorni a Oni di trovarsi una mongolfiera tra i filari di peri. Furono per primi i fratelli Joseph e Etienne Montgolfier nel 1783 a compiere il primo volo con un pallone sostenuto ad aria calda mentre il fisico Jacques Charles percorse 36 chilometri a bordo di un pallone a idrogeno. Perfezionamenti tecnici a parte, soprattutto per quello che riguarda l’attrezzatura di bordo, questo sport consiste nel volare a quote considerevoli (qualcuno ha sorvolato il monte Bianco che è alto 4.810 metri) a bordo di una navicella appesa sotto un pallone alto come un palazzo di sei piani riempito, e quindi sostenuto, di aria calda. La parte inferiore del pallone è aperta per permettere al pilota di mantenere «gonfio» il pallone tramite un bruciatore alimentato a gas propano che riscalda l’aria (la temperatura può raggiungere i 120°) all’interno del pallone. Tre le parti che la compongono: l’involucro è costruito in nylon ad alta resistenza rivestito di poliuretano per impermeabilizzarlo con rinforzi in nylon. La parte inferiore, vicino al bruciatore, è costruita con materiale ignifugo mentre il bruciatore è costituito da una serpentina che vaporizza il propano che, miscelandosi con l’aria, si accende al contatto con la fiamma pilota. La cesta appesa sotto l’involucro con quattro cavi in acciaio è di giunco e vimini. Per pilotare una mongolfiera è tuttavia necessario un brevetto di volo rilasciato da un club aerostatico e le uniche manovre possibili sono salire e scendere sfruttando le correnti e il vento.

 

Fabiana Marcolini.

 

(tratto da : "L'Arena"  il giornale di Verona).

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