Saluto al vescovo
 
 
Messaggio di saluto a S. Eccellenza
in occasione della messa di 1° maggio
 
 
Eccellenza,
nel porgerLe i più vivi ringraziamenti a nome i lavoratori della TenarisDalmine per aver scelto questo luogo per la celebrazione del 1° maggio, vorrei approfittare per rivolgere a Lei ed alle autorità civili e religiose qui presenti un appello.
Lei, Eccellenza, conosce bene la nuova Comunità Ecclesiale che è stata affidata alla Sua amorevole cura pastorale. Ne conosce bene i tratti caratteristici non solo perchè Lei ha voluto documentarsi ma soprattutto perchè molti di questi assomigliano non poco ai tratti caratteristici della gente della Sua Diocesi di origine, la nostra amata e vicina terra Bresciana.
Tra questi tratti comuni, vi è certamente uno spiccato amore per il lavoro. Anche duro e faticoso quando necessario.
Un amore per il lavoro che non esce ridimensionato da questa profonda crisi economica, anzi!
Ne esalta, proprio oggi che viene meno, la sua funzione sociale:
 
o    per molte, tante famiglie, è mezzo di sostentamento e senza di esso si spalanca il baratro della disperazione: Eccellenza, non aver di che sfamare i propri figli mette a dura prova qualunque madre e qualunque padre; ma pure non poter far fronte alle rate del mutuo per la casa può significare veder vanificato il sogno di una vita, così come non poter pagare il servizio di mensa scolastica oppure l’asilo nido; dover dire alla badante che si occupa di un nostro genitore “... mi spiace, non posso più permettermelo, ci penserò io d’ora in poi” ............
o    per i nostri padri il lavoro ha rappresentato il passaggio all’età adulta. Allora si diventava adulti ancora bambini; oggi si rischia di non diventarlo mai. Per i giovani, oggi, è troppo forte il rischio di non passare mai definitivamente all’età adulta, all’età della responsabilità, dell’autonomia economica, senza un lavoro certo. Per i giovani le briciole, dunque, del lavoro: quello che c’è, e com’è: spesso insicuro, quasi sempre senza tutele contrattuali vere e proprie, quello – poco – che la crisi lascia filtrare. Una crisi che si aggiunge alla cronica precarietà del lavoro che non permette neppure un abbozzo di progetto di vita; si aggiunge alla ormai certificata non coincidenza tra il lavoro che si è chiamati a svolgere ed il bagaglio culturale – spesso lungo anni ed anni di studio - che ci si porta alle spalle e che ci disegna una realtà ben diversa da quella immaginata; .... e parlando di giovani non posso non andare per un attimo con la memoria ad un giovane come tanti, qui in Dalmine, che aveva deciso di lasciare gli studi per lavorare, forse per aiutare la famiglia, forse per costruirsi un futuro; sicuramente amava lavorare, ed era felice di questo lavoro. Oggi Sergio non è più qui tra noi vittima di un infortunio sul lavoro. Non è questa l’occasione per puntualizzare se questo incidente, come tutti gli altri incidenti sul lavoro, fosse evitabile, se – ogni volta che accade un incidente – qui alla Dalmine come in ogni luogo di lavoro si è fatto tutto ciò che è possibile per impedire che accada; di sicuro questa è, però, l’occasione per ribadire che vent’anni sono pochi per morire di lavoro! Non si è mai vecchi a sufficienza per morire sul lavoro, ma vent’anni sono davvero troppo pochi!
o    il lavoro è stato, in questi ultimi anni, il mezzo di riscatto per le classi sociali più povere; senza di esso non sarebbe stato possibile neppure il sogno di una società delle pari opportunità, dove fondamentale per le scelte di vita è il senso di responsabilità (bene o male esercitato) e non la condizione economica; senza di esso (il lavoro) ancora notevoli sarebbero le differenze – che pure continuano a pesare in modo spesso ingiustificabile – sociali, culturali e politiche tra ricchi e poveri. Ora, però, se il lavoro viene a mancare è così impossibile pensare ad un imbarbarimento della società? Ad un ritorno alle condizioni quasi feudali che hanno preceduto i tempi odierni?
o    Eccellenza, l’abbiamo sentita vicina – come abbiamo sentito vicino il Suo predecessore – in questi tempi difficili. Abbiamo sentita tutta la Chiesa, in particolare quella locale, prossima al mondo del lavoro tanto messo alla prova; ne sono esempio le innumerevoli iniziative locali così come l’istituzione del fondo di solidarietà famiglia e lavoro promosso dalla Caritas e che ha visto il coinvolgimento anche di molte altre realtà, tra le quali il sindacato bergamasco.
 
Abbiamo, però, una necessità che parrebbe quasi una contraddizione in questi tempi di crisi.
Abbiamo la necessità che la Chiesa, accanto alla prossimità della Carità, eserciti la propria missione di Magistero, presso la Sede Apostolica sicuramente, ma pure nella nostra Chiesa locale, e nelle nostre comunità.
Abbiamo necessità che nelle nostre Comunità si parli di lavoro.
Abbiamo la necessità di sentire una voce forte che dica a tutti, ed ai credenti in particolare, cosa è il lavoro; quale è il significato del lavoro per l’Uomo; cosa significa che il lavoro è per l’Uomo e non l’Uomo per il lavoro.
Che lo dica ai credenti: siano essi semplici lavoratori oppure imprenditori; dirigenti e responsabili, ma anche politici ecc.
Che lo dica ai credenti, a loro in particolare, affinché costoro ne diano testimonianza. Che se ne traducano i contenuti in proposte di testimonianza concrete e percorribili: dal buon lavoro alla responsabilità sociale per le imprese.
Eccellenza, questo è l’appello che a nome dei miei colleghi e delle loro famiglie, dei giovani, dei più anziani tra di noi, Le rivolgo.
Ma sono certo, siamo tutti certi che Lei – Eccellenza – da buon pastore non lascerà inascoltato questa richiesta.
Grazie
 
Pierangelo Giavazzi
delegato FIM Cisl nella RSU TenarisDalmine
 
 
Documenti del primo maggio