CAMMINO DENTRO SE STESSI:
"CERCATI IN ME"
Vorrei
spiegare il perché delle parole "cercati in me". Qualche anno fa,
leggendo le opere di Santa Teresa D'Avila, fu per me una sfida rispondere a
ciò che potessero significare queste parole del Vejamen...Gli diedi un
triplice significato:
"Cercati
in me " come Verità, "Cercati
in me "come Vita, "Cercati
in me " come Via.
"CERCATI
IN ME" (LA
VERITA')
"Cercati in me" Questa frase mi fa pensare al fatto che ognuno di noi si conosce veramente solo quando ha conosciuto Cristo, è come se Lui mi dicesse "la Verità su te stessa la trovi in Me e cioè la coscienza della tua nullità". Cercarsi come conoscersi. Conoscersi in Gesù significa, illuminati dalla stessa Luce e Verità che è Cristo, mettersi a nudo e partire da questa nudità per cercare di costruire un'immagine di se stessi che corrisponda alla realtà e non alla finzione, alla maschera che siamo soliti portare.
In Gesù trovo scritta, chiara e leggibile, tutta la verità su me stessa.
CONOSCENZA
DI SE STESSI: AFFRONTIAMO LA NOSTRA DEBOLEZZA...
Mi
colpisce tanto il fatto che Gesù non tenti di nascondere la propria debolezza
di fronte alla croce: “Allontana da me questo calice ma …”E noi, quante
volte ci mostriamo deboli? Quante volte chiediamo aiuto agli altri? Spendiamo i
2/3 delle nostre energie a giustificarci, a salvare l’immagine di noi come
persone sagge, buone, sante, giuste,… Ci giustifichiamo perché non abbiamo
compiuto il primo atto di considerarci deboli. Vogliamo l’attenzione
dell’amore e non abbiamo capito che l’amore è gratuito e che noi, per noi stessi, non dobbiamo pretendere nulla, non ci
meritiamo nulla. L’amore non si può pretendere. E quante volte di fronte a
persone che si mostrano deboli e ci chiedono aiuto sappiamo veramente offrire
loro affetto, sicurezza, bisogno di una presenza, di una relazione? Spesso di
fronte alla debolezza, alla malattia,…scappiamo infastiditi, non riusciamo a
tollerare e a sopportare il peso della debolezza altrui. Gesù invece si è
mostrato debole...
Leggendo Santa Teresa ho capito che Gesù prima delle tribolazioni, nel Getsemani, si è mostrato debole. Ha voluto lasciarci un' esortazione: la carne è debole ma, al momento della prova, se avremo confidato in Dio, saremo forti. Egli, nel Getsemani, dice: "la mia anima è triste fino alla morte" e cerca il sostegno degli Apostoli che dormono. Che differenza sulla Croce! Egli è forte, nessun lamento, nessuna piega del Suo Viso dimostra la naturale debolezza umana di fronte alla sofferenza. Nessun lamento neppure con la Madre che Lo ama e soffre con Lui, e che è partecipe della Sua sofferenza ( in genere siamo inclini a lamentarci con le persone che ci amano e che sono partecipi del nostro dolore!)
Anche noi non spaventiamoci di essere deboli ma confidiamo in Dio
e Lui ci darà la forza necessaria ad affrontare qualsiasi prova.
Quante
volte ci siamo sentite in rivolta con il mondo intero, in crisi, pigre,
incapaci, piegate su noi stesse? Quante volte abbiamo sentito di aver bisogno di
aiuto? Eppure ci sentiamo sane, abbiamo precisi valori morali, non ammetteremmo
mai a noi stesse di aver problemi, complessi, di esser piene di timori e di paure
ingiustificate. Siamo insicure e spesso abbiamo avuto come compagni di viaggio
persone che, non solo non ci hanno dato sicurezze, ma anzi hanno contribuito, sia
pur involontariamente, ad alimentare le nostre insicurezze non accettandoci per
quelle che siamo. E prima o poi ne paghiamo lo scotto e, inevitabilmente, lo
facciamo pagare anche ad altri...Cerchiamo o, meglio, pretendiamo
comprensione...E' il primo punto sbagliato: non è colpa delle persone che ci
stanno accanto se non sanno darci ciò che vogliamo, proprio non possono! Il
problema è che ogni essere umano è unico ed irripetibile, e non è facile
scendere nei meandri sotterranei dell'intimo, spesso non ci riusciamo neppure
noi stesse, ci si ferma all'esteriorità, alla superficie, senza riuscire a
cogliere i bisogni più urgenti e profondi dell'animo umano. Il nostro io non
potrà essere compreso da altri se non da Dio, l'Unico fedele. Occorre
guardarci dentro, tirar fuori tutto ciò che non abbiamo mai osato dire o
pensare, occorre aprire gli occhi sul nostro carattere, sulle nostre fragilità,
sui
nostri limiti...Tutto ciò, che teniamo nascosto e seppellito in noi, deve, prima
o poi, essere risolto. E' necessario per poterci sentire libere da questi
fantasmi che ogni tanto riaffiorano e ci rendono schiave delle nostre paure.
Analizzandoci per bene scopriremo di non essere poi tanto sane, di non aver
nulla su cui puntare e di cui vantarci...ed entreremo in crisi ma sarà una crisi
salutare: saremo pronte ad accettarci perché riconosceremo di essere
deboli, vulnerabili, malate e sentiremo di doverci prendere cura di noi stesse
con amore e pazienza, guardandoci come dal di fuori, come si guarda al povero e
al bisognoso della strada .
...ED
I NOSTRI DIFETTI:
Mi sono scoperta cieca e presuntuosa come Pietro.
(Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò». Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò» Marco14,29)
Come
lui, infatti, tante volte, penso di non poter perdere la fiducia in Gesù....e poi
non riesco neppure ad avere abbastanza fede per credere in ciò che Egli stesso
mi dice e, insistendo in questa vanteria presuntuosa, credo addirittura di
soffrire per Cristo non riconoscendo, come Pietro, che il martirio è anch'esso
una grazia, che si può ricevere solo se si è umili. Mi affanno a ricercare Dio,
a non perdere le sue dolcezze e
consolazioni, come se tutto ciò dipendesse da
me. Io predico di dare la mia volontà e libertà a Dio e poi la tengo ancor più
strettamente incatenata al mio modo di intendere e di concepire le realtà anche
soprannaturali. Ammiro la pazienza di Gesù il quale, pur essendo Dio, riconosce
la fragilità umana e sopporta, pur essendo Uomo, la delusione di essere
abbandonato e tradito dai suoi stessi amici, eppure li ama lo stesso! Egli
sa che Pietro non ha ancora pienamente capito la Verità e che proprio parlando
così mostra di confidare troppo su se stesso, mostra poca fede nel Signore!
Sarebbe stato umile nel riconoscere la propria fragilità e debolezza, nel
riconoscere la possibilità di perdere la fiducia in Gesù. Ed è stato invece
"presuntuoso" nel confidare su se stesso, sulla propria fede, sulla
propria superiorità, sul proprio amore. Gesù tace, sa che noi riusciamo a
capire solo con l'esperienza, solo sbattendo il muso per terra riusciamo ad
aprire gli occhi, resi ciechi dall'orgoglio. Pietro resiste, Pietro insiste nella
sua sicurezza, nel credersi un'eccezione e...a lui toccherà la caduta più
umiliante!
Scopro di non amare nel
modo giusto, di non riuscire a perdonare, di non capire e vivere fino in fondo i
Sacramenti, scopro l’apparato di esteriorità di cui è fatta la mia fede in
Cristo. Apparenza, a volte. Riuscirei a dire concretamente il mio “Fiat” nel
nascondimento, nel silenzio, un “sì” solo davanti a Gesù? Senza che nessun
altro sappia mai dei miei sacrifici, delle mie offerte? Sarei capace di offrire
" me stessa” a Dio senza che
lo sappia nessuno al di fuori di Lui e me? Ho paura di non saper vivere nascosta in Dio, in Lui soltanto…senza apparire
di fronte agli uomini, senza tenere alla loro stima e considerazione. Questa
sarebbe solo falsa santità, falsa umiltà…falsa gloria.
Meravigliarsi di essere prediletti da Dio
nasconde falsa umiltà...è falsa perché, reputando troppo grandi i doni
che abbiamo, togliamo la paternità a Dio di ciò che abbiamo semplicemente
ricevuto.
La curiosità: ecco un mio grande difetto.
Perché non riesco a tenere a freno la lingua?
L'egoismo
è una malattia spirituale che ti rende schiavo e non ti permette di vivere o
servire gli altri.
ATTENZIONE
AGLI INGANNI DELL' IO
Stiamo
attente a certe forme di idolatria per cui vediamo Dio come un
prolungamento di ciò che siamo noi, ingannati dal nostro io proprio perché
giusti, perché religiosi. Dio segue altre vie, non è come noi. Gesù ci toglie
prima o poi la maschera, scoprendo, sotto un'apparenza frondosa, la nudità
e l’aridità del nostro cuore.
Non potendo contare sul mio corpo, su me stessa fisicamente, ho cercato di puntare sulla mia interiorità, su quello che ero in profondità…credendo di riuscire a piacere e ad avere consensi sotto questo aspetto. Mi sono come svenduta, offerta "a destra e a manca" al migliore offerente, a chi poteva stimarmi di più….Forse ho approfittato di ciò che Dio mi aveva dato per rivenderlo in cambio delle sicurezze che non avevo mai avuto…Forse, inconsciamente, ho usato Dio, le Sue grazie, per i miei scopi umani. Adesso non provo più compiacimento nelle cose spirituali, adesso mi sento veramente nuda e svuotata di tutto, mi sento quasi “derubata” di qualcosa di intimo e profondo: del mio spirito o, meglio, delle eccessive sicurezze che avevo creato attorno alla mia spiritualità, facendomene un motivo di vanto. Sono caduta nelle reti della “vanagloria”, non mi sono sentita un “mezzo” nelle mani di Dio, né “beneficiaria” di grazie che non mi spettavano e che avevo avuto gratuitamente per puro amore divino. Ho preso le grazie, i doni, convincendomi di essere tale da meritarli, ho nutrito il mio io delle sicurezze che cercava…in antitesi con il concetto di “croce”.
Il
dubbio di peccare di vanagloria desiderando la santità, probabilmente,
viene dal demonio che cerca di scrollarci dai buoni propositi di vita. Infatti
che cosa ne guadagneremmo? Se agissimo per una gloria umana dovremmo innalzare noi
stessi, emergere ed invece la santità vera ci comanda la mortificazione, il
nascondimento. Una falsa ricerca della santità non potrebbe mai
adattarsi alle richieste della vera santità! Ad esser santi non si guadagna
nulla in questo mondo o, meglio, secondo la mentalità di questo mondo.
Chi mi può insegnare a distinguere le vere ispirazioni dalle false, quelle che vengono da Dio da quelle che provengono da me stessa, dal mio io?
Ho ingannato me stessa ...affermavo di accettare e subire tutto per amore del Signore, ma era solo per non ammettere la mia sconfitta come donna, come moglie…il mio orgoglio ha cercato Lui come scusa alle mie incapacità...
Cercare di essere perfetti, dispiacersi in modo eccessivo del peccato, odiare il peccato solo perché minaccia il proprio progresso spirituale e il proprio ideale di perfezionismo significa avere la presunzione di farcela per dei propri meriti...significa cercare di non aver bisogno di Dio, della Sua Misericordia. Chi, invece, odia il peccato perché offende Dio, sa rialzarsi con calma e con completa umiltà, riconoscendo la propria miseria.
Più mi addentro nella conoscenza di me stessa e meno mi
conosco: siamo un mistero per gli altri ed anche per noi stessi! E' come se
fossi entrata in un complicato labirinto da cui non riesco più ad uscire...per
ogni aspetto di me che esamino mille dubbi mi tormentano! Ho letto il Vangelo ed
ho trovato risposta "La conoscenza (qualsiasi tipo di conoscenza,anche di se
stessi) genera superbia" Devo allontanare questa ricerca di conoscenza di me
stessa. Come fare allora a capire cosa migliorare di me? Altra risposta "è
l'amore che fa crescere la fede" Perché perdo sempre di vista questo
comandamento fondamentale? "Sarà lo Spirito di Dio a farmi conoscere i
pensieri di Cristo!" Dio nella sua straordinaria Sapienza è estremamente
semplice...devo diffidare d'ora in avanti delle cose estremamente complicate!
"Gesù fammi conoscere i miei difetti che, più o meno
coscientemente, ostacolano l'opera della grazia in me. Dammi la forza di
eliminarli e, se sono negligente nel farlo, degnati eliminarli Tu stesso, per
quanto io ne debba soffrire. "
(Trilussa) Quella
vecchietta cieca che incontrai la
notte che me spersi in mezzo ar bosco, me
disse: - Se la strada nun la sai te
ciaccompagno io, che la conosco.