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Come orami è ben noto a tutti i soci del barchetta Club Italia, l’auto che anima in noi grande passione ha origini per così dire nobili. Il design, dai canoni di base alle ricercatezze stilistiche e via via fin nei dettagli, trae libera ma netta ispirazione dalle linee della Ferrari 166MM del 1948. Conosciamone insieme la storia gloriosa, suggellata da prestigiose vittorie sportive.

1948. La Ferrari si impegna nelle sfide sportive su più fronti, in F1 in F2 e nella categoria Sport. Qui con una nuova macchina equipaggiata con il motore 12 cilindri progettato da Gioacchino Colombo ma portato dai 1902,8 cc della 159S ai 1995,02 con tre carburatori nella ricerca di maggiori prestazioni: 140 CV a 6.600 giri/min. di potenza per circa 220 km/h di velocità massima.

Disponibile il telaio ed il nome, 166, indicativo della cilindrata unitaria (1995/12), per la carrozzeria Enzo Ferrari si rivolge alla Touring di Milano di proprietà di Felice Anderloni. Questi era un gentleman driver che Ferrari aveva conosciuto sui campi di gara quando anche lui era corridore e col quale aveva già intrattenuto rapporti di lavoro durante la gestione dell’Alfa Corse. Il motto della Touring era: “Il peso è il nemico, la resistenza dell’aria l’ostacolo”. Niente di meglio per far costruire una carrozzeria per un auto da corsa per l’appunto superleggera. Intendiamoci la 166 è ricordata anche come auto destinata alla produzione ma in quell’epoca di pionieri delle quattro ruote tra i piloti vi erano in gran numero i cosiddetti gentlemen driver, uomini benestanti che correvano per passione potendosi permettere una Ferrari, una Maserati o una Bugatti. La 166 infatti, è stata la prima Ferrari prodotta per la vendita a partire dal 1948 ed era proposta in tre versioni: berlinetta, berlinetta “Tipo Le Mans” e sport spider. Fu proprio quest’ultima la più famosa, la 166MM barchetta, dove MM sta per Mille Miglia, la gara classica in cui fu vittoriosa nel 1949.


La sua carrozzeria d’allumino dalle linee così particolari inaugurò un vero e proprio nuovo tipo di auto definite “a bateau”. Così la ricorda il progettista Carlo Felice Bianchi Anderloni: <<Aveva la forma della pancia di un gozzo da pesca che la faceva apparire alta da terra… Già, la spider la chiamavamo così, barchetta, forse per la nervatura lungo la fiancata che ne aumentava la larghezza in corrispondenza della linea di cintura, dando un po’ l’idea della linea di bordo di una barca. Fu la stampa, un giornalista, forse Giovanni Canestrini a battezzarla così>>.

Ma quell’appellativo azzeccato finì per identificare oltre alla 166MM anche tutti gli analoghi modelli che la seguirono e non solo in Italia. Tecnicamente è una spider da corsa ma negli annali dell’auto è l’unica e inimitabile barchetta.Presentata al salone di Torino del 1948 destò grande interesse e curiosità per l’audacia delle linee tanto diverse dai canoni convenzionali: i parafanghi erano integrati con la carrozzeria, secondo i dettami della filosofia Touring seguita già dal 1940, in questo corpo monolitico l’abitacolo si apriva come intagliato quasi al centro, e poi quella nervatura che sulle fiancate segnava il punto di massima larghezza; da qui le fiancate scendono sfuggenti verso la parte inferiore rientrando verso l’interno.L’esordio della bella, e poi vittoriosa, 166MM non fu però dei migliori. Marzo 1949, Targa Florio: la Ferrari si presenta con ben sei vetture di cui una sola barchetta guidata da Franco Cortese; dopo pochi chilometri e costretta al ritiro per un lieve incidente.


Taruffi-Nicolini ad un controllo orario  

durante la Mille Miglia del 1949


Mille Miglia 1949: la Ferrari di Biondetti-Salami in un passaggio

Mille Miglia 1949: la Ferrari di Biondetti-Salami al traguardo

Ma presto arriva la rivincita. Il mese seguente, in Aprile, parte la Mille Miglia. Nove Ferrari su quattro sono barchette. Tre sono guidate rispettivamente da Felice Bonetto, Piero Taruffi e Clemente Biondetti. A Roma è in testa Bonetto che però a Pescara deve rallentare parecchio per guai meccanici lasciando il passo a Taruffi che poi a Ravenna è costretto al ritiro. Ma ormai le barchette sono saldamente in testa dopo aver staccato tutti correndo a oltre 210 sui rettilinei lungo l'Adriatico. A Brescia taglia vittorioso il traguardo Biondetti con Bonetto secondo.

È solo l’inizio. Gigi Villoresi vince in maggio il Gran Premio del Lussemburgo. Da qui era alle porte una prestigiosa gara di durata che dopo una pausa di 10 anni tornava a disputarsi: la 24 ore di Le Mans. I concorrenti erano temibili: Aston Martin, Bentley, Talbot, Delahaye… Il confronto fu difficile ma trionfò Luigi Chinetti in coppia con lord Selsdon a bordo della 166MM barchetta Touring numero 22 guidando personalmente per circa 23 ore. Chinetti era uno dei più importanti venditori di Ferrari con saloni a Parigi e New York e vinse ancora nello stesso anno in coppia con Lucas la 24 ore di Spa-Francorchamps.

Ai successi internazionali si affiancavano ovviamente anche quelli nazionali con Franco Cornacchia primo al Circuito di Senigallia e al Circuito di Trieste.

Il triennio 1950-53 fu ricco di alte vittorie anche se meno blasonate, ne ricordiamo alcune:

Gran Premio Citta di Mar del Plata ad opera di Menditeguy;

Coppa intereuropa a Monza con Stagnoli;

Gran Premio del Lussemburgo con Ascari;

Coppa della Toscana, Serafini-Salami;

12 Ore di Parigi con Chinetti-Lucas;

Circuito di Senigallia, Stagnoli;

Silverstone, Ascari;

Giro di Sicilia, Marzotto-Marini;

Coupes de Spa con Gendebien.



Clemente Biondetti trionfatore alla Mille Miglia ’49


La 166MM di Chinetti - 24 ore di Le Mans 1949

In tutto furono assemblate una trentina di barchette e Anderloni ricorda: <<A Maranello venivano preparati i telai che poi arrivavano a Milano alla Touring in via Ludovico di Breme… Nella maggioranza dei casi il cliente veniva per scegliere certe cose come gli interni, il colore, oppure piccoli particolari come i fanalini… A volte era lo stesso Commendatore a portare da noi il cliente per fargli vedere, orgogliosamente, la gestazione della sua macchina…

Davanti alla propria Ferrari la gente andava letteralmente in brodo, dal primo all’ultimo. Anche l’avvocato Agnelli, per il quale avevamo fatto una barchetta verde e blu, a tinte scure metallizzate, elegantissima, era venuto parecchie volte>>.

Ecco come l’avvocato Agnelli ricorda la sua 166:<<Ho ben presente quella macchina, la mia prima Ferrari: era leggera, facile da guidare e dava quell’indimenticabile sensazione dell’aria che turbinava sul corpo quando si andava forte. Il busto stava fuori dalla vettura e il suono del motore, senza alcun silenziatore era fantastico. Non c’era neppure un tetto, né di tela né di altro tipo, e quindi la macchina si poteva usare solo col bel tempo>>.


Ecco questa è l’antesignana della nostra amata barchetta di oggi, che si scrive rigorosamente con la b minuscola indicando, con un po’ di civetteria, come deve essere oggi una spider che sia definibile barchetta e giustamente, ci pare di poter dire, anche in ossequio alla sua pluriiridata progenitrice che rimane pietra di paragone e “tavola della legge” nel panorama delle spider a bateau.


Chinetti alla 24 ore di Spa alla curva Surce. 1949


Luigi Chinetti e lord Selsdon 

sul podio a Le Mans

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Ferrari La storia di un mito, a cura di Franco Gozzi e Pino Allievi, La gazzetta dello Sport Magazine 1996

Ferrari che gente, AA.VV. Editoriale Internazionale Milano 1995

Ferrari che macchine, AA.VV. Editoriale Internazionale Milano 1996

Ruoteclassiche, Editoriale internazionale