IVREA - La sentenza del tribunale
dell'Aquila, che ordina di rimuovere il crocifisso da una scuola elementare
di Ofena non può non lasciare sconcertati. Anzitutto perché
esistono delle leggi che dispongono l'esposizione dei crocifissi nelle
aule; poi perché i toni della sentenza, per quanto è stato
diffuso, appaiono davvero fuori misura: si parla di "imposizione", di Stato
che pone "il culto cattolico al centro dell'universo"… Sul crocifisso a
scuola (o nei luoghi pubblici in generale) si polemizza in modo ricorrente.
Ogni tanto succede che qualcuno ne avverta la presenza come offensiva o
capace di "turbare" alunni non cristiani. In realtà una sentenza
del Consiglio di Stato di qualche anno fa (è la n. 63 del 1988)
chiariva bene come, al di là del significato per i credenti, la
croce rappresenti "il simbolo della civiltà e della cultura cristiana
nella sua radice storica, come valore universale, indipendente da specifica
confessione religiosa".
Il cardinale Ruini ha ricordato,
domenica 26 ottobre, come il crocifisso esprima "l'anima profonda del Paese"
e debba rimanere nelle scuole come "segno dell'identità della nostra
nazione". Non c'è prevaricazione religiosa nell'esposizione di un
simbolo che tra l'altro, per se stesso, indica invece tutt'altro. La sentenza
dell'Aquila, dunque, ha le gambe corte. Tuttavia pone una serie di questioni
serie, che in questo inizio di millennio chiedono un ripensamento efficace.
Si tratta di riflettere sui rapporti tra le religioni e la società
civile e politica, sul ruolo della scuola, sulla prospettiva multiculturale
e interculturale verso cui, inevitabilmente, il nostro mondo si incammina.
L'incontro tra diversità non può ridursi a scontro o a indifferenza
reciproca. Né si può pensare che l'accoglienza richieda l'annullamento
delle identità. Il recente caso francese, trattato anche dalla nostra
testata, delle ragazze espulse da scuola perché portavano il velo
islamico, le discussioni in Germania, dove è stato attivato anche
un insegnamento di religione musulmana, il dibattito, di scenario, sul
riconoscimento delle radici cristiane dell'Europa nella futura Costituzione
dell'Ue sono tutti segnali di quanto sia decisivo ripensare i termini di
una moderna laicità che non sia neutralità o indifferentismo
e superare i falsi pudori nei confronti delle matrici religiose della nostra
cultura.
La scuola è, per questo,
un luogo privilegiato. A scuola si può e si deve studiare e approfondire
la storia dei nostri popoli, per cogliere vitalità e prospettive
di futuro. A scuola si può superare la paura del "diverso", dello
straniero, innescando invece meccanismi virtuosi di conoscenza e rispetto
reciproco. Come di fatto succede nelle tantissime classi reali del nostro
Paese, dove ragazze e ragazzi diversi, aiutati da adulti consapevoli, provano
a camminare insieme per la costruzione di quella nuova cultura della convivenza
necessaria per affrontare gli anni a venire, se non vogliamo trasformarli
in una infinita sequela di "atti di forza".
don stefano fogliato
FOGLIZZO - Torna nuovamente la polemica
sull'esposizione del crocifisso nei locali pubblici. Verrebbe da dire:
"Polemica antica, e sempre nuova". In effetti, ad ogni fatto di questo
genere il dibattito si arricchisce di nuovi elementi che lasciano presagire
una ancor lunga discussione su questo tema. Infatti, la legittimità
di una sentenza che ordina la rimozione del crocifisso dalle scuole viene
ora messa in dubbio in nome del Concordato, che riconosce che i principi
del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico e culturale italiano:
togliere un segno equivarrebbe pertanto ad una violazione di questo principio
sancito fin dal 1984.
Anche il cardinal Ersilio
Tonini, in un'intervista, ha giustamente ribadito questo concetto, anche
se, forse lasciandosi un po' prendere dalla foga, ha paventato future distruzioni
di cattedrali da parte degli islamici: cosa quantomeno improbabile dal
momento che in questo caso interverrebbe la Soprinten-denza, contro la
cui autorità nemmeno la guerra santa islamica riuscirebbe a cantar
vittoria! Al di là delle battute, rimane il problema che, a mio
giudizio, è sopratutto culturale. Cancellare i segni di una cultura
non è mai un segno di civiltà. Non credo neppure che si possa
invocare il solito e bieco principio della laicità. Invero, questa
benedetta "laicità" mi pare un manichino che viene, di volta in
volta, rivestito di paramenti "religiosi" a seconda delle convenienze!
Ripeto, il problema è culturale.
Non si può negare che i segni
del cristianesimo appartengano alla nostra cultura, e per certi versi abbiano
pure plasmato i mutamenti culturali della nostra storia. Ad ogni persona
che si inserisce in un paese occorre chiedere rispetto per la cultura che
lo contraddistingue: questa è la base per un'autentica integrazione,
che non sollecita automaticamente alcuna scelta di fede. Infatti l'adesione
religiosa rimane una decisione personale e non può essere imposta
dall'esterno. D'altronde, constatata la situazione di fede di molti dei
nostri studenti.... non penso che un crocifisso nelle scuole possa essere
considerato un incentivo a conversioni immediate! Esso rimane piuttosto
un segno positivamente familiare della cultura che ci caratterizza, e che
non può essere negata in alcun modo e da nessuno.
don gianmario cuffia