Quale "dono" il Carmelo vuole essere
per la Chiesa?
Innanzi tutto la testimonianza del
primato di Dio nella preghiera. Se al Carmelo manca la preghiera, manca
tutto. La nostra giornata è tutta scandita da questi incontri con
il Signore. La nostra caratteristica è, in particolare, l'orazione,
la preghiera individuale, da viversi come rapporto di amicizia, con Dio
e fra di noi. In fondo, per noi, l'amicizia è Cristo. Egli
è il tramite del rapporto d'amicizia con il Padre e fra di noi.
Il termine 'amicizia' ricorre un'infinità di volte negli scritti
della nostra riformatrice, Santa Teresa d'Avila. Si tratta dell'amicizia
con un Dio concreto, l'umanità di Gesù Cristo. Un'amicizia
con Dio che non genera indifferenza di fronte ai fatti del mondo. Vivere
il vangelo nella radicalità, alla lettera, vuol dire, per Santa
Teresa, aiutare la Chiesa ed il mondo. Questo lo sentiamo come la 'radice'
della nostra vocazione: radicalità nel vivere il vangelo, con gli
occhi fissi su Gesù.
Oltre alla orazione individuale e
alla preghiera liturgica, che cosa prevede la vita quotidiana di una suora?
Santa Teresa aveva un temperamento
ed una mentalità concreti. Voleva che l'orazione avesse una verifica.
Così pensò d'inserire, nell'orario della giornata delle monache,
due ore d'incontro fraterno. Dopo pranzo e dopo cena tutte le sorelle si
riuniscono in un solo luogo, ciascuna con il suo lavoro fra le mani (non
voleva, però, giochi!)… Se ami il Signore, ami anche le tue sorelle.
Il resto della giornata, oltre alla preghiera, è dedicato al lavoro.
Se si può, si tratta di lavoro manuale: è importante che
il colloquio con il Signore non venga mai interrotto, nemmeno durante l'attività
lavorativa. Si lavora generalmente in luoghi separati (siamo una sorta
di "eremiti insieme"!) per poter coltivare nella solitudine del cuore la
presenza del Signore. Vi sono, in monastero, laboratori di vario genere:
sartoria, ricamo, pittura, maglieria, coltivazione dell'orto (c'è
una sorella che si dedica completamente all'orto, da 50 anni, con una dedizione
esemplare!).
"Eremiti insieme"? Congiungere la
dimensione eremitica con quella cenobitica…
Era Santa Teresa a volere che, possibilmente,
ogni sorella lavorasse nella propria cella. Da fuori può sembrare
qualcosa di pesante, ma è proprio un bisogno del cuore. Si sente
la nostalgia della cella, quando non vi si può stare. Lì
si sta sotto lo sguardo dell'Amico. La cella fisica diviene il riflesso
della "cella dell'anima".
Essere sole nella cella. Come presentereste
ad altri questo essere sole davanti a Dio?
Essere soli davanti a Dio aiuta
a ritrovarsi nella verità. Ci si immerge nella verità
con Dio. E' una solitudine 'abitata'. Quando sei solo, a chi pensi? Anche
le notizie che ci vengono dal di fuori… le portiamo davanti al Signore.
Non si è mai sole. Senti la presenza di tutti gli altri che ti porti
nel cuore. Il respiro della nostra vita è la preghiera, la preghiera
per tutti. Sentiamo di essere compagne di viaggio di ogni essere umano.
Di chi fa fatica a credere, di chi cade, di chi è nel dubbio… Anche
noi viviamo la 'notte' della fede… Allora la solitudine diventa il mondo,
perché te lo porti tutto davanti a Dio! Certo, si ha paura di stare
soli davanti a Dio… Può riservare delle sorprese nella scoperta
della realtà di se stessi…
Che rapporto ha il monastero con
il mondo circostante? Ci sono incontri, momenti di colloquio con la gente
di fuori? Che cosa vi chiedono?
In genere di pregare per loro… Cerchiamo
di testimoniare loro quanto affermava Sant'Agostino: "Ci hai fatti per
te, Signore…". Se manca la comunione con Lui, niente ci appaga.
In monastero vengono anche delle
coppie. Che cosa cercano in voi?
Fin dai tempi della Beata Maria,
spesso si veniva a chiedere un aiuto nella preghiera perché arrivassero
dei figli. Talvolta, nel dialogo, s'instaura un'affinità spirituale
meravigliosa fra coniugati e religiose. Un coinvolgimento degli uni nella
vita degli altri.
d.p.a.