Vita da vescovo emerito: come te
la passi? Che compito possono avere gli "emeriti"?
Riconosco che la vita del vescovo
emerito non è facile, almeno psicologicamente. Dopo lunghi anni
di dedizione a una diocesi che ti hanno consegnato come sposa, ti obbligano…al
divorzio (i Superiori mi dissero: "E' opportuno che Lei si allontani…").
Anche se mons. Arrigo non fa mancare le attenzioni, faccio il possibile
- anche secondo il mio temperamento - per essere assente, qualche volta
forse esagerando. Visto poi che, grazie a Dio, sto bene e che me la cavo
abbastanza a parlare, accetto i molti inviti, soprattutto quando si tratta
del Concilio - di cui resto uno degli ultimi testimoni viventi - o della
pace, data la mia lunga permanenza in Pax Christi.
Quarant'anni di episcopato (la più
parte ad Ivrea): che cosa avresti voluto fare e non hai fatto? E che cosa,
fra le tante cose che hai fatto, la consideri oggi più importante
che mai?
Cos'avrei voluto fare e non ho fatto?
Prima di tutto…essere più santo, forse anche sapermi imporre di
più nell'attuazione del Concilio. Ma questo non rispondeva comunque
alla natura delle cose: la libertà e la comunione non si impongono,
ma si propongono e si testimoniano, appunto nella libertà e nella
comunione. E non rispondeva neanche al mio temperamento: non pensavo davvero
di diventare vescovo, e quando chiesi al mio cardinale se si poteva rifiutare,
mi rispose che lo potevo fare solo se…avessi ammazzato qualcuno o avessi
figli per il mondo!
Ringrazio però il Signore
di avermi dato di essere molto vicino alla mia gente e ai miei preti nelle
ripetute visite pastorali e nei contatti anche nelle località più
sperdute, poi di aver potuto proporre il Concilio nei due Sinodi (1984-86
e 1997-98), di aver aperto il gemellaggio col Brasile e col Burundi, di
aver incoraggiato iniziative di accoglienza e di solidarietà (dalle
Case dell'ospitalità e della solidarietà alla Casa di Abramo
e a tante altre iniziative della Caritas diocesana e di quelle periferiche,
in primo luogo quelle fatte con le istituzioni civili in occasione di calamità
naturali). E soprattutto di aver potuto alimentare quello spirito di libertà
e di servizio, di comunione e di corresponsabilità che devono più
che mai qualificare la Chiesa.
Quarant'anni di episcopato, quarant'anni
dalla "Pacem in terris".
Certo che quest'anno il discorso
sulla pace non poteva prescindere dalla Pacem in terris, di cui ricorreva
il quarantesimo anniversario. Credo di averla commentata oltre settanta
volte, sempre rilevando come rimanga fresca e attuale nel suo puntualizzare
che la pace poggia sul riconoscimento del valore di ogni persona umana,
contro le discriminazioni che facciamo tra i popoli e gli esseri umani
che contano di più e quelli che contano meno o non contano per niente.
Anche perché questo ha suscitato tutte le ingiustizie della storia,
dalle conquiste e le colonizzazioni agli squilibri odierni tra il quinto
dell'umanità che sfrutta l'ottanta per cento delle risorse, lasciandone
il venti per cento alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Questo
fra l'altro incoraggia la strategia delle prepotenze e delle violenze,
da quelle politiche e militari a quelle finanziarie e commerciali.
Come valuti la situazione attuale
rispetto a quella di quattro decenni fa?
In un certo senso la situazione
era migliore quarant'anni fa, anche se allora il comunismo opprimeva tanta
parte del mondo. Ma in qualche modo esso impegnava all'approfondimento
dei problemi, al confronto e al dialogo, quindi all'esercizio della coscienza
e della responsabilità. Oggi l'ideologia dominante - quella del
liberalismo - non solo autorizza le Nazioni e i gruppi potenti a fare una
politica secondo i propri interessi, facendola pagare da crescenti impoverimenti
ed emarginazioni del resto dei popoli e dei settori dipendenti al
di dentro delle nazioni, ma l'ideale del profitto e del benessere a tutti
i costi (che è una vera idolatria, direbbe S. Paolo - v. Ef 5,5
e Col 3,5) trasmette anche ai giovani un'atmosfera di superficialità
e di chiusura individualistica che è quanto di più anticristiano
ci possa essere. Questa apertura agli altri che papa Giovanni volle proporre
anche col Concilio (Concilio pastorale!), diventa così il rimedio
fondamentale per il disimpegno morale diffuso, che serve tanto a chi ha
le leve del potere e dell'informazione.
Un messaggio ai tuoi (ex) diocesani…
Verrebbe da dire che in questo momento
di individualismo e di violenze più che mai l'impegno cristiano
è quello della sincerità, dell'onestà, dell'apertura
agli altri, della solidarietà della corresponsabilità nella
Chiesa e nel mondo.
In particolare, accanto al ringraziamento
per 32 anni di…sopportazione e di amicizia, è un invito ad aprirsi
sempre di più alla Parola di Dio e alla corresponsabilità
(al di dentro della comunità ecclesiale e nella comunità
umana) che sono poi le grandi linee pastorali di mons. Arrigo, che il Signore
e… il Vaticano hanno voluto per la continuazione, il completamento, lo
sviluppo di quanto avevamo fatto insieme per tanti anni (e nella loro maggioranza
già insieme a lui). Come dissi una volta a Oropa spesso faccio la…visita
pastorale di preghiera, passando mentalmente tutte le parrocchie, raccomandando
a Dio persone e problemi. Auguri a tutti!
don piero agrano