IVREA - Se non facesse ostacolo un
lacerante (per chi scrive, e anche un po’ per chi legge) sentimento di
inutilità, la saga Olivetti (più propriamente ex Olivetti)
non cessa di suggerire sempre nuovi capitoli. Così, in piena calura
agostana, una curiosa notizia ha bucato i giornali, in particolare quelli
locali. L’annuncio riguardava il fatto che tra il fallimento di Olivetti
Computer e la Società Olivetti (al tempo ancora entità indipendente)
era intervenuta una maxi-transazione basata sui seguenti elementi così
come riportato dagli organi di informazione: la Olivetti Spa si impegnava
a corrispondere al fallimento OC 25 milioni di euro (circa 50 miliardi
di vecchie lire) e, inoltre, a rinunciare a crediti già insinuati
al passivo fallimentare per la bella cifra di 36 milioni e 706 mila euro
(che corrisponde a oltre 70 milioni di lire). Insomma la transazione (perché
di questo, in sostanza, si tratta) vale per il fallimento qualcosa come
120 miliardi di lire che comporta un notevole sollievo per i conti del
fallimento con riduzione del passivo e conseguente miglioramento dell’attivo.
Di sicuro avranno gioito alla notizia
i numerosi creditori (fra cui molte imprese canavesane) in quanto si incrementano
le prospettive di rimborso dei loro crediti, un po’ meno tutti gli altri
soggetti che del fallimento hanno subito sostanziali danni in primo luogo
gli ex-dipendenti di Olivetti Computers che, se avranno qualche beneficio
dalla transazione, vedono tuttavia confermati i loro dubbi circa quell’operazione
di scorporo che, separando di fatto (e di diritto) i destini di OC dalla
Olivetti, poneva le basi per una crisi drammatica e senza sbocchi.
Non che la cosa fosse a suo tempo
ignota. Nelle numerose assemblee di quei giorni il tema era stato affrontato
e dibattuto anche a livello tecnico-giuridico dagli esperti del sindacato.
Nei fatti, da un punto di vista strettamente legale, prescindendo cioè
dalle implicazioni di ordine industriale, la procedura adottata dalla Olivetti
pareva fondata su una disinvolta interpretazione delle disposizioni legislative
in vigore, impressione che la sostanziosa transazione testè stipulata
sembra confermare. E’ noto che dal punto di vista procedurale qualsiasi
transazione non tocca le motivazioni giuridiche sottostanti che rimangono
pertanto impregiudicate, ma è pur vero che chi vi addiviene lo fa
per evitare guai maggiori. E francamente ci sembra questo il caso.
Quel che si può ancora osservare,
purtroppo in un’ottica rivolta al passato, è tutta la vicenda Olivetti
Computer, così dolorosa e distruttiva sia per la Olivetti che per
l’assetto complessivo del sistema industriale del Canavese, si sarebbe
dovuta affrontare in termini del tutto diversi, in modo da salvaguardare
quanto più possibile continuità della produzione e salvaguardia
dell’occupazione, obiettivi entrambi clamorosamente mancati. Se si considera
che in quattro anni ben sette diverse conduzioni aziendali si sono succedute
alla testa dell’impresa, con i desolanti risultati che sono sotto gli occhi
di tutti, bisogna proprio affermare che non solo si tratta di un esperimento
sostanzialmente fallito, ma che fin dai suoi esordi esso si è trovato
nelle mani di speculatori, quando non di avventurieri.
La Olivetti Computers ha rappresentato
purtroppo un pessimo banco di prova di quella tendenza alla deindustrializzazione
che, soprattutto in Piemonte, va assumendo proporzioni quanto mai preoccupanti.
Anche in Canavese recenti vicende aziendali, dalla Elettrometallurgia di
Cuorgnè, all’ex Gft di Bosconero, alle varie aziende ex Olivetti,
alla Rtm di Vico, dolorosamente lo dimostrano.
Esiste una vera emergenza nel nostro
tessuto produttivo. Purtroppo, a cominciare dal governo, non sembra che
la sfida sia stata raccolta.
p.c.