RONCO - Dalla sua cameretta della
casa di riposo di Ronco in Valsoana, dove don Pierino Balma ha trascorso
gli ultimi anni della sua esistenza terrena, la vetta della Rosa dei Banchi
non riusciva a vederla, celata allo sguardo dal costone boscoso di Nivolastro
che scende fin sulle rive della Soana. Ma lui, che all’ombra della Rosa
dei Banchi aveva vissuto per trent’anni e su quella cima era salito decine
e decine di volte, il profilo ardito di quella montagna che geograficamente
divide, ma idealmente e storicamente unisce, il Piemonte e la Val d’Aosta,
lo aveva indelebilmente stampato davanti agli occhi.
Nativo del Vasario, la frazione
più “alpina” di Sparone posta a mille metri di altitudine, era diventato
sacerdote a 24 anni nel lontano 1933, e dopo cinque anni come vice-parroco
del suo paese era stato nominato vice-parroco del Duomo di Ivrea, dove
però rimase solo due anni. Il richiamo della montagna era troppo
forte e don Pierino chiese ed ottenne la cura pastorale di Campiglia, la
più antica parrocchia della Valle Soana nonchè Comune autonomo
sino agli anni Trenta dello scorso secolo. Quando don Pierino vi giunse,
sull’Italia si addensavano minacciose le nubi del secondo conflitto mondiale:
ma a devastare ancor di più la Val Soana fu il dopo guerra, segnato
dal grande esodo dei montanari verso l’estero e le città della pianura,
che trasformò in gusci vuoti intere borgate riducendo ai minimi
termini anche gli abitanti stabili della stessa Campiglia Soana,
col conseguente accorpamento della parrocchia a quella di Valprato capoluogo.
Don Pierino si ritirò allora nella nativa Vasario, continuando ad
esercitare la sua missione sacerdotale nelle borgate “alte” di Sparone
e della valle di Ribordone, senza rinunciare a qualche gita in montagna
con gli amici più fidati (era socio del Cai di Sparone).
Ma don Pierino amava anche scrivere.
Così, dopo aver raccolte con amore dalla voce dei più anziani
leggende e storie che un tempo si raccontavano nelle lunghe veglie invernali
nelle stalle, insieme ad alcuni amici diede alle stampe un bel libro sulla
sua borgata: “Vasario Nostro”, nella cui introduzione aveva lanciato un
accorato appello: “Purtroppo il nostro caro Vasario sta morendo;
lo dico con infinita tristezza; i pochi anziani si avviano ormai sul viale
del tramonto: occorrono nuove leve. E’ forse solo un sogno sperare
che almeno qualche persona più giovane ritorni quassù nella
terra benedetta dei suoi avi?”.
Purtroppo, almeno per ora, questo
“ritorno alla montagna” è rimasto solo un sogno, e anche don Pierino
Balma dovette infine lasciare il suo Vasario prima per la vicina borgata
Fraciàm di Sparone e quindi per la Casa di riposo di Ronco nella
sua amata Val Soana, dove continuò a dare fino all’ultimo una preziosa
testimonianza di fede.
Poi il declino fisico, acceleratosi
e fattosi inarrestabile specialmente negli ultimi tempi, proprio mentre
le varie comunità valligiane ricordavano con affetto i suoi 70 anni
di sacerdozio unitamente ai 50 anni di missione sacerdotale di don Lorenzo
Babando, entrambi nominati Monsignore alcuni mesi fa insieme ad altri “storici”
parroci di montagna delle valli Orco e Soana.
Don Pierino Balma se n’è
andato silenziosamente proprio nel cuore vociante dell’estate, e per l’ultimo
viaggio ha voluto ai piedi i suoi fedeli scarponi. Si era preparato per
tutta la vita a quest’ultima scalata, la più difficile ma certamente
per lui la più bella: quella verso il cielo.
marino pasqualone