"Laudato sì, mi Signore, per
sor'Acqua, la quale è molto utile et humile et preziosa et casta",
scriveva San Francesco nel celebre Cantico delle Creature. Forse è
proprio la sua "umiltà" (letteralmente: il suo essere dentro all'humus,
per fecondare) a impedirci di apprezzarne tutta la "preziosità".
Come per altre cose, il valore dell'acqua si apprezza solo quando scarseggia,
o viene a mancare.
In tempi di siccità prolungata
e penuria diffusa d'acqua, ci è messi in allarme. E si sono dispensati
consigli in abbondanza per ridurne i consumi, fino a minacciarne l'aumento
del prezzo. In realtà i benefici di tale riduzione riguarderebbero
solo i consumi privati, che costituiscono solo il 19% dell'intero
consumo - secondo i dati forniti dall'Aduc, l'associazione consumatori
- mentre una quota equivalente è assorbita dalla produzione industriale,
il 14 % dalla produzione di energia e il 48 % è destinato all'irrigazione.
Che fare, allora, se l'emergenza
siccità non è soltanto una calamità imprevista, ma
un fenomeno destinato a presentarsi periodicamente?
Come per altre risorse, ci si era
abituati - almeno qui da noi - all'idea di una disponibilità d'acqua
illimitata e a basso costo. Ora, aumentati i consumi ed in presenza di
variazioni climatiche i cui esiti sono difficilmente prevedibili, si scopre
che essa è un bene prezioso, non illimitato. E' un duro colpo ad
una certa pretesa di onnipotenza - se non teorica, pratica - dell'uomo
sulla creazione, che si esprime nella pretesa di voler consumarne, senza
limiti, tutte le risorse.
Per San Francesco (e non solo) l'acqua
non è una risorsa di cui disporre a piacimento, è sora, sorella.
Questa fraternità-sororità non abbraccia solo gli umani,
ma si estende a tutte le forme, a tutti i segni di vita, e alle sue sorgenti,
nell'ambito di una creazione con cui si condivide con tutti i viventi un
unico destino. Dovrebbe impedire ogni atteggiamento di aggressività,
ogni tentativo di accaparramento individuale, ogni consumo irrazionale.
L'umiltà di "sorella acqua" dovrebbe diventare nostra umiltà
nel momento in cui ci accostiamo ad essa, e ce ne serviamo.
Davanti alla siccità c'è
chi è ricorso alla preghiera. "Ad petendam pluviam", si diceva una
volta. Il Vescovo ne spiega le ragioni nell'articolo all'interno del giornale.
Spesso, però, la preghiera arriva, quando "non c'è più
niente da fare", come ultima risorsa. Ma non può valere come comodo
alibi, per giustificare precedenti dimenticanze ed omissioni. Volete un
esempio? Giusto un anno fa, in un'altra emergenza siccità che colpì
il Sud Italia, si promisero ambiziosi progetti per dissalare l'acqua e
bombardare le nuvole. Di lì a poco piovve. E dei piani antisiccità
sbandierati ai quattro venti non si fece più nulla, o quasi.
L'emergenza siccità è,
dunque, solo un capitolo di una questione più ampia che riguarda
la salute dell'intero pianeta, con un clima sempre più "destabilizzato
dalla crescita economica", come osserva Zammit Cutajar nel recente forum
dei "new global" tenutosi a San Rossore. Ma si è davvero disposti
a rivedere quel modello di crescita?
piero agrano