Tre verità, fra
molti dubbi...
Le due giornate trascorse dal Patriarca
di Gerusalemme Mons. Michel Sabbah nella diocesi di Ivrea, dense di incontri
e di impegni, sono state una formidabile occasione per prendere familiarità
con la crisi ed i problemi che agitano quella terra e tutto il Medio Oriente.
A partire dalla lucida analisi e dall'appassionata testimonianza di una
figura chiave - per il ruolo ecclesiale e morale che vi svolge - nella
Terra Santa.
A botta calda, mi sembra di poter
distillare tre verità, bisognose ovviamente di ulteriori approfondimenti
e verifiche.
1. Il nesso fra questione palestinese
e crisi irachena non è solo nel linguaggio della propaganda di Saddam
Hussein. L'una condiziona l'altra, così come le soluzioni che saranno
date alla conclusione del conflitto iracheno non potranno non influire
sull'intero assetto mediorientale e sui rapporti israelo-palestinesi. Se
l'Iraq di Saddam poteva apparire, in quell'area, la principale minaccia
ad Israele, la sua eliminazione conferirà maggiore forza e potere
a quest'ultimo. E la irrisolta questione palestinese farà da detonatore
ai malumori e ai fondamentalismi accresciuti dall'azione militare anglo-americana.
2. La logica della leadership israeliana
di anteporre la questione della sicurezza della sua parte ad una valutazione
complessiva della giustizia e della pace in Israele (compreso il diritto
palestinese alla libertà ed ad un proprio stato indipendente) non
è stata né saggia, né produttiva. E' cresciuta l'ostilità
esterna e l'incertezza interna in Israele. Il terrorismo, ci ha ricordato
con forza Sabbah, non è causa, ma effetto, a sua volta, di una domanda
di giustizia a cui non si è voluto dare risposta. Risposta, aberrante
fin che si vuole, ma pur sempre risposta ad un desiderio di resistenza
ad un'occupazione militare che ha strozzato i territori occupati, piegato
la loro debole economia, frustrato le speranze di una convivenza pacifica.
3. Il conflitto israelo-palestinese
ha confermato, una volta di più, una verità ormai quasi ovvia:
che non esiste più guerra solo locale. E che la conclusione dei
conflitti - la stessa possibilità di arrivarci - chiama in causa
la comunità internazionale. Una comunità sempre più
divisa ed in imbarazzo, con la crisi dell'ONU. Occorre riconoscerlo: c'è
stata una colpevole latitanza delle nostre comunità e dei nostri
governi nei confronti della crisi palestinese.
Ma l'incontro con Sua Beatitudine
è stato, non di meno, un'incontro ecclesiale. Mons. Sabbah rappresenta
una piccola (numericamente) comunità cristiana, che occupa però
una posizione strategica, di enorme importanza, per il cristianesimo delle
origini e l'attuale. Con una sua specifica missione di mediazione e di
riconciliazione fra i due popoli e le tre religioni.
Per effetto dell'incontro con lui,
è cresciuta, sicuramente l'amore alla Terra Santa, e a tutti quelli
che vi abitano. Ci siamo portati a casa una visione più aggiornata,
critica e concreta dei problemi che vi si agitano, ma anche il desiderio
di una solidarietà più generosa ed una speranza che non s'arrende.
Poiché, per dirla ancora con Mons. Sabbah, "l'unica possibilità
di sopravvivenza per tutti sta nella pace costruita nella giustizia". Grazie,
Mons. Michel!
piero agrano