ROMANO - Incontriamo don Giuseppe Donato, sacerdote della diocesi di Torino, nella sua casa di Romano Canavese ove trascorre la convalescenza da un intervento chirurgico. Settantuno anni portati con brio e vivacità, reca con sé l'esperienza come Fidei Donum nelle Chiese del Kenya, del Medio Oriente, del Kosovo, dell'Albania, nonché diversi incarichi nella Caritas torinese. Dal 2000 è inviato presso la diocesi algerina di Costantin-Ippona; a lui abbiamo pensato di rivolgere domande relative alla condizione della Chiesa proprio in quel difficile contesto sociale.
Alla fine dei tuoi primi 40 anni
di sacerdozio, vissuti tra varie realtà ecclesiali e geografiche,
come definiresti la tua esperienza?
Come un senso d'appartenenza alla
Chiesa in dimensione universale, secondo la sua cattolicità. Una
conoscenza quasi a 360° della realtà ecclesiali con le loro
gioie e le loro sofferenze vissute nel contesto del proprio tessuto sociale.
Tanto estero e tanti posti diversi,
come mai?
Precisiamo intanto che solo 2 volte
(Kenya e Israele) ho chiesto io d'andare all'estero, mentre per gli altri
servizi ho sempre risposto in obbedienza a quanto richiestomi dai superiori.
Quale idea porti con te delle Chiese
che hai conosciuto?
Sicuramente di Chiese con storia,
realtà e fisionomie assai diverse. L'esperienza con la Chiesa del
Kenya era quella del vivere l'affascinante ma impegnativa condizione del
primo annuncio del Vangelo in un contesto socio culturale mai prima in
contatto con il cristianesimo. Albania e Kosovo, raccontano di una storia
del cristianesimo caratterizzata da un recente passato di sofferenza, persecuzione
e feroce oblio dovuto per l'Albania al feroce regime di Enver Hoxha. L'attuale
esperienza in Algeria, invita a riflettere sulla condizione ed il cammino
di una Chiesa culla di cultura e fede nei primi quattro, cinque secoli
della nostra era con la fioritura di comunità fertili su cui spiccavano
i nomi di Agostino, Tertulliano, Cipriano, Fulgenzio di Ruspe e poi scomparse
a partire dal 650 con il giungere dell'Islam.
Ecco, una curiosità, com'è
sopravvissuta la Chiesa a quell'esperienza?
Praticamente sino al 1830 sono scomparsi
tutti i ricordi e le possibilità d'esistenza del cristianesimo.
Indico il 1830 in quanto data dell'invasione francese con l'arrivo delle
cosiddette 3M: militare, mercante e missionario. Da quel momento i francesi
reimpiantano una Chiesa che non diventa però indigena, ma resta
quasi esclusivamente Francese, così da scomparire in occasione dell'indipendenza
e della conseguente fuga occidentale.
Quindi con l'indipendenza la Chiesa
è di nuovo scomparsa?
Potremmo dire totalmente, almeno
nel senso della visibilità: tranne 3 sole, tutte le chiese sono
divenute moschee o centri culturali, sono rimasti solo pochi sacerdoti
e religiose con rari laici a formare un nocciolo quasi d'irriducibili.
Quando parli di pochi… puoi darci
un'idea numerica?
Ritengo che valido esempio sia quello
rappresentato dalla "mia" Diocesi, ove per inciso esiste una delle tre
sole chiese ancora aperte, ebbene il clero diocesano è composto
da 20 preti con età media oltre i 70 anni, coadiuvati da una trentina
di suore.
Restando all'esempio, quale attività
svolge questo sparuto drappello?
Porto l'esempio delle suore: non
esistono più ospedali, scuole o asili gestiti da loro, ma le religiose
si muovono in un contatto con le persone che credo bene spieghi la definizione
di "Chiesa dell'amicizia e dell'accompagnamento".
Una domanda che ora mi pare ineludibile:
la Chiesa e l'estremismo islamico, quale situazione?
Al momento dello scoppio del fanatismo,
dei primi momenti del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) che ha deturpato
nel profondo la stessa società algerina, si sono vissuti attimi
di vera ostilità con 19 morti in poco tempo, tra cui i 7 monaci
trappisti di Tiberine morti sgozzati e monsignor Claverie - vescovo di
Orano - ucciso con una bomba. Passata però la prima ventata di follia
tutto è migliorato e questo soprattutto per la presa di coscienza
nella popolazione del ruolo della Chiesa, apprezzata per il suo innegabile
senso d'altruismo, pazienza ed eroismo. Proprio le azioni contro la Chiesa
hanno contribuito a rendere impopolari le azione dei Gruppi Islamici Armati.
Da osservatore privilegiato, come
vedi l'attuale situazione algerina e quale futuro vedi per quel popolo?
Tutto è ancora molto precario:
il fondamentalismo alimenta le proprie fila nelle grandi sacche di povertà
provocate dalla sperequazione dei proventi delle enormi potenzialità
economiche nazionali. Ciò nonostante è ormai innegabile che
il FIS sia osteggiato dalla società, dai giornali, dalla cultura
e dagli ambienti politici, subendo così la resistenza e la risposta
di tutta questa ampia risposta democratica e di coscienza. Circa le previsioni,
si può dire che l'uscita dal tunnel dell'orrore è ormai a
portata del Paese. Le forze sociali lottano per una società moderna,
pur nel rispetto dei loro legami culturali e religiosi con il Corano, ma
rigettando le follie integraliste. Ritengo che la Chiesa abbia motivo di
restare in Algeria proprio in attesa di questa ripresa, come il granellino
di senapa pronto al risveglio.
d.s.f.