Spenti i fuochi e le luci di parecchi carnevali canavesani (da Aglié
a Bollengo… ma molti attendono ancora di essere celebrati), si accendono
quelli della festa eporediese, il carnevale più sontuoso e capace
di attirare folle di visitatori. Certo, non è più - se mai
lo è stato - quello eporediese il carnevale "pigliatutto", tale
da catturare su di sé, in maniera esclusiva, la voglia di festa,
di allegria un po' sopra la righe… Nei piccoli centri, non meno che nei
grandi, il carnevale raggiunge il suo scopo, quale momento di aggregazione
spontanea e non formale, di relazioni ridanciane e scherzose, di partecipazione
sincera e coinvolgente… Quello eporediese dispone, evidentemente, di un
apparato più macchinoso, di gerarchie più pronunciate, di
riferimenti storici più consistenti. I gruppi che lo animano offrono
elementi di appartenenza e di identificazione più noti e visibili
("tu di che squadra di aranceri sei?", si domandano l'un l'altro i ragazzini).
Ed è a questo senso (e bisogno) di appartenenza che occorre prestare
attenzione ed esercitare la necessaria vigilanza, perché non degeneri
in appartenenza al "branco", a cui è permesso tutto, anche
la violenza ed il vandalismo.
Certo, anche nel carnevale il movente evasione gioca la sua parte.
C'è voglia di dimenticare, soprassedere, mettere nel cassetto, almeno
per un po' di tempo. Soprattutto ora, in tempi di recessione economica
e di minacce alla pace. Il carnevale serve anche a questo. Come a 'tirar
dentro' alla nostra festa coloro che ne sono abitualmente esclusi, come
hanno pensato e propongono i ragazzi del Parlamentino di Piverone.
Dal passaggio dei poteri al Generale (ieri) alla polenta e merluzzo
(mercoledì delle Ceneri), lo spettacolo va in scena. C'è
da augurarsi che mantenga le promesse e ci riservi qualche sorpresa. In
positivo, si spera.
piero agrano