Sfogliando i giornali delle ultime
settimane, ci si imbatterà facilmente in articoli che riservano
il posto di protagonisti ai cellulari, già destinati al patibolo
ed esposti al pubblico ludibrio. Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
ha pronunciato parole di condanna: il mondo del giornalismo in fermento,
fior di psicologi mobilitati per addurre ragionatissime motivazioni, possibilmente
preoccupanti, altrimenti non c'è gusto, al fenomeno telefonino,
genitori in fibrillazione...
Come negare la larghissima diffusione
del cellulare? Come non ammettere che sia diventato elemento integrante
e quasi indispensabile della vita di oggi? Eppure parlare di "dittatura"
e di dipendenza mi sembra eccessivo; a meno che io non costituisca un caso
isolato e che debba ritenermi fortunata ad essere circondata da persone
che non mi appaiono come vittime di una dittatura, benché utilizzino
questo mezzo di comunicazione, e che non sostituiscono certamente i rapporti
personali con i famigerati sms, che, per quanto comodi e divertenti, non
hanno nulla a che fare con le emozioni che derivano da un contatto diretto.
Ma se proprio vogliamo porre sotto
accusa il fenomeno, chiediamoci se sia possibile, una volta avviata la
diffusione, bloccarla; domandiamoci se sia nel nostro potere e interesse
fermare il cuore pulsante del progresso... Se così fosse, presa
coscienza dei danni che può arrecare, saremmo già corsi ai
ripari: ma allora perché non si è limitata la diffusione
delle automobili e l'inquinamento si stringe sempre più attorno
al collo del Pianeta?
Nell'attesa che il nostro eroico
Presidente riesca a frenare la corsa del progresso, i giovani, con lo sguardo
rivolto verso il futuro, faticano a pensare di liberare dalla gabbia i
vecchi buoni piccioni viaggiatori nell'era della comunicazione, benché
io, come altri, pensi che la lettera sia il più bel modo di parlarsi
a distanza. Non siamo tutti giovani che spendono il pomeriggio incollati
al display del cellulare, non siamo tutte ragazzette urlanti con l'ombelico
in bella mostra, prive di altre mete se non la discoteca. Esistono ancora
animi sensibili e vivaci; c'è ancora chi scrive poesie, chi preferisce
un buon libro ad un varietà in TV, chi osserva incantato le albe
e dipinge i tramonti, chi piange di gioia, chi pensa, chi apprezza il silenzio,
chi si commuove per una lettera scritta col cuore, chi si innamora, chi
ama, chi brucia di vita… chi si sente stretto in una società che
commercializza e banalizza anche le emozioni... E anche per questo l'accorato
appello del nostro amato Presidente del Consiglio a liberarci dalla "dittatura
dei telefonini" mi indispettisce, mi suscita un riso isterico, divertito
e disgustato al tempo stesso. Ma forse, dal suo punto di vista, non ha
tutti i torti: bisogna correre in difesa dei giovani ingenui che si lasciano
manipolare da questi aggeggi infernali; molto meglio godersi un po' di
sana televisione, le cui reti non sono monopolizzate e non creano suggestione;
bisogna soccorrere gli adolescenti e fornire loro nuovi ideali in cui credere:
non vorrete mica che rimangano dell'idea che si devono rispettare le leggi
e pagare le tasse?! Macché, quisquilie da accantonare: tutto si
può riparare, magari a metà prezzo, purché smettano
di smanettare su quei marchingegni malefici...
ombretta cesca - liceo classico
“c. botta”