ALBIANO - Quarant’anni fa, esattamente
l’11/4/63, Papa Giovanni XXIII promulgava l’enciclica “Pacem in terris”.
Oggi, in un clima di grande tensione e di pericolo di guerra, tutta l’umanità
- ma soprattutto noi cristiani -, è chiamata a riflettere su quella
parola e a interrogarci su quanto e come le abbiamo messe in pratica. Il
gruppo Pax Christi di Ivrea ha invitato mons. Bettazzi a ricordarci l’enciclica,
in due serate, al Castello di Albiano, nei giovedì 13 e 20 febbraio.
Molto affollato il primo incontro, di cui possiamo dare soltanto uno schema
dei temi trattati, perché lo spirito con cui mons. Bettazzi li svolge,
e il complemento di aneddoti e riflessioni... curiose, si possono gustare
solo dal vivo, come tutti sanno.
La prima serata è stata dedicata
alle prime parti dell’Enciclica, dedicate alla comunità mondiale.
Questo giò costituiva una novità, non dedicare il documento
ai soli temi ecclesiali. Ma è importante ricordare il momento in
cui tale documento era maturato e poi scritto: la grave crisi di Cuba nell’ottobre
‘62 aveva portato il mondo a un passo dal conflitto. Nell’aprile Papa Giovanni
scrive a tutti gli uomini, suscitando vaste reazioni positive in tutto
il mondo. Anche lo stile della enciclica è più facile del
solito, nel chiaro intento di farsi capire da tutti. Importante è
l’innovazione dei paragrafi chiamati “Segni dei tempi”, posti a chiusura
di ogni parte, che sottolineano le novità emergenti nella storia
degli uomini. L’Enciclica si apre con l’elenco dei “Diritti” degli esseri
umani, ed è un elenco completo: esistenza dignitosa, valori umani
e culturali, libertà religiosa e di scelta di stato, lavoro e proprietà,
riunione e associazione, residenza e movimento, politici; seguono i “Doveri”,
verso di sé e verso gli altri. Ed ecco i “Segni dei tempi”: l’ascesa
economica - sociale delle classi lavoratrici, l’ingresso delle donne nella
vita pubblica, la tendenza dei popoli a costituirsi in comunità
politiche indipendenti. Altri “Segni dei tempi”, indicati più avanti
nel documento, sono la costituzione dell’Onu e la “Dichiarazione Universale
dei diritti dell’uomo”.
La pace non è solo il silenzio
delle armi o il dominio del più forte. La pace autentica poggia
su tre pilastri: Verità - Giustizia - Solidarietà - Libertà.
Lo spirito di Verità esige
il riconoscimento dell’uguaglianza di ogni cultura, ogni razza, ogni popolo.
Il comando evangelico di amare il nemico si fonda su questo: non esistono
nemici, in ogni uomo dobbiamo vedere l’uguale.
La giustizia esige che si dia a
ciascuno il suo. Ma cosa è il “suo”? Col diritto del più
forte abbiamo nei secoli passati distrutto gli antichi popoli americani
e oggi tolleriamo un mondo dove va sempre crescendo la divaricazione tra
ricchi e poveri. Già Pio XII aveva parlato della “destinazione universale
dei beni”, per cui anche la proprietà privata non deve essere contro
le esigenze primarie della vita.
La solidarietà è il
nuovo nome dell’amore; significa condivisione e restituzione, che è
anche un atto di saggezza per l’avvenire.
La libertà è il rispetto
degli altri, senza imporre la mia idea o il mio interesse. La libertà
deve essere per tutti, non solo per me. Questo significa usare la nonviolenza
(secondo l’insegnamento di Gandhi), obbligando anche l’altro a rispondere
in modo non violento. La violenza può essere anche morale, oltre
che fisica; ciò vale per il privato come per il popoli.
Questi quattro pilastri della pace
sono più che mai di attualità ancora oggi. Quanto ha capito
il mondo queste parole?
liliana curzio