Com'era bella l'epoca dei francobolli!
Messaggeri di lettere scritte che lasciavano tracce dei loro autori e dei
loro sentimenti! Pensiamo alla ricchezza e originalità della posta
del cuore che affidava alla penna la comunicazione di segreti che la parola,
frenata dalle emozioni, non riusciva a trasmettere!
Questa lode dei bei tempi passati,
che vorrebbe istituire una sorta di "moratoria del progresso", ha il sapore
un po' retro dei tempi della signorina Felicita e dei tempi dei nostri
nonni, che affidavano alle lettere i loro diari dal fronte per i loro cari,
lontani e irraggiungibili altrimenti.
Ma chi avrebbe immaginato che il
laudator temporis acti fosse nientemeno che il nostro Presidente del Consiglio,
prima che politico principale diffusore dell'"oralità di ritorno"
radio-televisiva?
Il suo appello ai giovani ("Ragazzi,
non siate schiavi dei telefonini!") appare non privo di ambiguità
nel contraddittorio invito alla scrittura contro la fonomania.
Pronunciato in occasione di una
mostra a Montecitorio sulla filatelia (snobbata dalla Telecom!), si è
concluso con lo slogan "Fate come i vostri nonni e i vostri padri, amatevi
e soprattutto scrivetevi di più!".
Ma i telefonini sono solo conduttori
di suoni o non sono, invece, diventati essi stessi i più massicci
veicoli di scrittura attraverso gli SMS? E' vero che la scrittura degli
SMS è una scrittura coatta, vincolata com'è alle condizioni
di economia imposte dal mezzo, ma è pur sempre vero che è
una forma di comunicazione affettiva, anzi è, per parafrasare von
Clausewitz, la "continuazione del dialogo orale con altri mezzi".
Quale schiavitù allora produrrebbe
il telefonino? Una schiavitù diversa da quella dei "persuasori occulti"
di cui parlava Mc Luhan a proposito dei mass-media? Anche la televisione
è stata vista infatti come una fonte di schiavitù e un ostacolo
alla comunicazione scritta. L'ascolto della notizia radiotelevisiva può
rendere superflua la lettura del giornale e la disassuefazione alla lettura
favorire l'"analfabetismo di ritorno". La scrittura però non è
morta con il diffondersi del mezzo televisivo per chi ha continuato a saper
pensare con la propria testa.
Si può però dire alfabetizzazione
la scrittura degli SMS? Visti gli esercizi di sintesi imposti dalle regole
convenzionali del mezzo, si tratta più di addestramento a geroglifici
che alla scrittura profonda, ma c'è anche in essi un pizzico di
creatività. Il mezzo non è mai demoniaco in sé. E'
l'uso che se ne fa che può essere dannoso.
Come non si può dire che
la televisione in sé è uno strumento diabolico di manipolazione
delle coscienze, perché può anche rivestire una funzione
positiva di crescita culturale, così non si può considerare
l'uso del cellulare come di per sé un'alienazione e una perdita
di libertà nel mondo della comunicazione rapida di oggi. E' vero
tuttavia che l'abuso attuale, frutto del sacro zelo da neofiti con cui
alcuni giovani - ma anche molti adulti - si sono fatti trascinare a gesti
compulsivi, presi dall'ansia nevrotica di digitare messaggi, sperimentare
giochi elettronici, ecc., ha tutto l'aspetto di una schiavitù. La
schiavitù delle mode che soprattutto tra i giovani passano spesso
attraverso il gruppo dei pari.
Ma non c'è un'omogeneità
nel mondo giovanile, identificato solo dalla fascia di età. Mai
come oggi è fuorviante qualsiasi generalizzazione su questo universo.
Alcuni linguisti hanno lanciato
l'allarme sul mondo giovanile, parlando di deriva cognitiva, di crisi della
sintassi proposizionale e di primato di un approccio mistico-irrazionalistico
alla realtà. Ma non sono l'oralità diffusa dello scambio
telefonico o l'uso della scrittura abbreviata a produrre tali effetti.
Neppure una grande autorità in materia, il professor Sabatini, Presidente
dell'Accademia della Crusca, l'Accademia più nota nella tradizione
italiana per le sue preoccupazioni puristiche, sembra allarmarsi per i
"guasti" da essi prodotti. Anche le novità grafiche, la lettera
"k" al posto del digramma "ch" o abbreviazioni come "xché", o sigle
come "TTP" ('torno tra poco'), non sono scandalose nel gioco indotto dallo
spazio limitato. E' l'uso che determina il successo delle convenzioni grafiche.
Se queste nuove proposte grafiche si imporranno in alcuni usi informali,
anche l'ortografia potrebbe cambiare, visto che è soltanto una norma
dettata dall'uso. Niente allarmismo dunque, ma i docenti potrebbero addirittura
sfruttare nella didattica lo stimolo imposto dalla concisione come esercizio
per addestrare gli studenti alla consapevolezza dei diversi tipi di comunicazione.
D'altra parte, questi messaggini - sostiene Sabatini - avrebbero fatto
la gioia dei futuristi, che già al loro tempo avevano giocato con
la scrittura. Anche il fatto di scrivere le parole tutte di seguito, senza
spazi, ci riporta alla ben nota scriptio continua, frequentissima nel Medio
Evo, quando la carta era un bene prezioso e bisognava usarla con parsimonia.
E che dire della possibilità
di riscoprire attraverso questa concisione anche le regole della poesia?
Non solo l'arte giapponese degli aiku richiede stringatezza. Un concorso
di poesia, indetto dal noto quotidiano londinese The Guardian, ha avuto
un incredibile successo, come del resto anche un altro concorso, bandito
in Italia da una scuola, l'ITC "Scalpellini" di Foligno, con l'unica, ma
ferrea, regola di rispettare il limite delle 160 battute tipografiche.
Un esempio? Il mistero ke è
in / noi è come una / libellula ke / volando in un / giardino pieno/
d'intrighi riesce a / trovare la / misteriosa kiave ke / apre il giardino
dei/ fiori segreti…
ugo cardinale