IVREA - In questi primi quaranta
giorni del 2003 il Signore ha chiamato a sé alcuni sacerdoti della
nostra diocesi verso i quali mi sento debitore di una particolare riconoscenza.
A don Magnea, parroco di Cerone,
voglio dire grazie anzitutto per la sua carità nascosta, che pochi
conoscevano e che è venuta maggiormente alla luce in occasione della
sua malattia e della morte. Ma voglio dirgli grazie anche per la sua assidua
presenza a tutti gli incontri diocesani, finché le forze glielo
hanno permesso: ritiri, tre giorni, vicaria, ecc., sulla sua presenza si
poteva contare sempre, e su di lui sapevano di poter contare i confratelli
che avessero avuto bisogno di una sostituzione o di una mano.
A don Anselmo, parroco di Mandria
di Chivasso, voglio dire grazie per la sua sincerità e schiettezza,
quasi sempre un po’ ruvida ma mai priva di umorismo, che stemperava anche
le critiche più severe e faceva ricuperare subito il clima della
cordialità. I diversi incontri avuti con lui già negli anni
in cui ero vicario, la visita pastorale dello scorso anno, le lezioni di
coraggio e di fede serena che ci ha dato durante la sua degenza in ospedale,
senza mancar mai di chiedere una preghiera e la benedizione, resteranno
a lungo per me e per quanti l’hanno conosciuto un vivo richiamo a cercare
solo ciò che è essenziale e a non dimenticare mai la lezione
del Qohèlet.
Per don Mario Borgialli, mitico
parroco di Vialfrè per oltre 50 anni, è proprio il caso di
dirlo, il discorso potrebbe farsi più lungo, non solo per
la sua permanenza ultracinquantenaria a Vialfrè ma anche perché
la sua partecipazione alla vita diocesana (era un altro fedelissimo in
tutti gli incontri) contribuiva immancabilmente a vivacizzare l’assemblea,
si trattasse del clero della vicaria o del sinodo diocesano o del teatro
Giacosa gremito per ascoltare il Cardinal Martini. Non tutti, però,
hanno potuto conoscere come si svolgesse la vita di questo curato di campagna,
esperto e assiduo nel lavoro dei campi e attentissimo a tutte le necessità
spirituali e materiali della sua comunità, ad es. costruendo e gestendo
egli stesso la scuola materna e facendosi promotore con l’amministrazione
comunale di tante iniziative che hanno cambiato il volto del paese. Spero
si possano ritrovare i “tarocchi biblici”, un originale mazzo di carte
di sua invenzione, che un giorno mi mostrò con santo orgoglio, e
che gli serviva per introdurre i ragazzi alla conoscenza della Bibbia,
quando nel primo post Concilio sorgevano le prime iniziative parrocchiali
di avvicinamento alla Sacra Scrittura.
Infine voglio ricordare in modo tutto
particolare don Pietro Garbiero, divenuto Padre Pedro dopo la sua permanenza
in Brasile dove rimase cinque anni come sacerdote diocesano al momento
dell’apertura della missione a Barra, e dove tornò qualche anno
dopo per un lungo soggiorno come monaco camaldolese a Mogi Das Cruizes.
Ricordare don Garbiero significa
ricordare anzitutto un educatore nato, capace di ispirare fiducia e di
rasserenare giovani e adulti in qualsiasi momento: è stata l’esperienza
di molti ed anche la mia, dall’anno scolastico ‘54-’55, quando approdò
come vicerettore nel Seminario Minore, fino al novembre scorso, a
Camaldoli, mentre ero in viaggio per Collevalenza per l’assemblea della
Cei, in un bellissimo incontro carico di spiritualità e di speranza.
Pur conoscendolo poco, qualche ora come insegnante di francese, la sua
nomina a vicerettore del Seminario Minore fu accolta da tutti i ragazzi
con un lunghissimo applauso, quando il rettore mons. Meaglia portò
la notizia alla comunità radunata in cappella. Nel Seminario Minore
il Vicerettore era la massima autorità, poiché l’intervento
del rettore avveniva solo in occasione di alcune solennità o di
qualche cataclisma!
Don Garbiero seppe veramente essere
tutto, padre, madre, fratello maggiore, animatore di giochi e di nuove
iniziative, capace di intrattenere anche a lungo un’assemblea di ottanta
o cento ragazzi sugli argomenti più vari, dai suoi incontri con
il pastore valdese allo studio della passione di Cristo nella lettura comparata
di Sindone e Vangeli, dai problemi più tipici dell’adolescenza alla
presentazione delle nuove spiritualità che stavano giungendo in
Italia, soprattutto dalla Francia.
Insegnò per molti anni Sacra
Scrittura nella scuola teologica del Seminario diocesano: in materia era
autodidatta, ma si era preparato scrupolosamente frequentando gli studentati
teologici degli OMI a San Giorgio e dei Salesiani a Bollengo e alla Crocetta,
tenendosi in continuo contatto con i relativi insegnanti di Sacra Scrittura
(ad es. P. Canfora) e leggendo le opere più aggiornate in quel momento.
Nel passaggio dalla teologia del nostro Seminario a quella della Gregoriana
a Roma mi resi conto di quanto fosse stato prezioso aver avuto come docente
di Bibbia don Garbiero: a lui, oltre che ad amico sacerdote e biblista
fiorentino, anch’egli già scomparso, devo la scelta di proseguire
gli studi teologici al Pontificio Istituto Biblico, e quanto partì
per il Brasile ereditai da lui la sua biblioteca biblica, quasi una consegna
da portare avanti.
Grazie Padre Pedro per esserci stato
così vicino sempre, per tutti coloro che hai continuato a seguire
anche da Camaldoli, scrivendo, telefonando, ricevendoli: la tua scelta
di essere monaco ha messo ancor più a nostro servizio la tua carica
umana e spirituale.
† arrigo miglio