SPARONE - Un presidio permanente
davanti allo stabilimento di Sparone e, se la trattativa tra sindacati
e proprietà non subirà svolte, una clamorosa manifestazione
di protesta fissata per venerdì 14 febbraio davanti ai cancelli
della casa madre di Grugliasco a conclusione di un lungo corteo di auto
dalla Valle Orco alla cintura torinese. Queste le iniziative assunte martedì
scorso dai dipendenti della Itca, in reazione al nuovo piano industriale
presentato dai vertici della Società. Un piano che - seppur apparentemente
meno drammatico di quello annunciato in autunno e che parlava di 130 "esuberi"
su una forza lavoro complessiva che a Sparone conta 330 dipendenti - non
può evidente soddisfare le maestranze.
Le ultime proposte dei dirigenti
della società che produce scocche ed altri componenti per l'industria
automobilistica confermano infatti il sostanziale ridimensionamento delle
linee produttive presenti in Valle Orco, con la parallela contrazione a
duecento unità degli addetti allo stabilimento di Sparone. La novità
degli ultimi giorni è che per i 130 operai in “esubero” la prospettiva
non è più il licenziamento: per almeno una settantina di
loro è previsto il definitivo trasferimento all’Itca di Grugliasco,
mentre per gli altri si ricorrerebbe ad incentivi anche economici per favorire
le dimissioni volontarie.
Tutte insoddisfatte delle soluzioni
avanzate dall’azienda si sono dichiarate le rappresentanze sindacali dei
lavoratori, seppur con diverse sfumature. Se la Fiom-Cgil ha drasticamente
bocciato il piano e la Uilm ha denunciato l’assenza in esso di un progetto
di rilancio per Sparone, la Fim-Cisl ha posto l’accento sul fatto, indubbiamente
positivo, che perlomeno sia stato sgombrato dall’orizzonte il rischio che
qualcuno rimanga senza lavoro. Certo, le posizioni delle parti rimangono
lontanissime.
I più critici e arrabbiati
rimangono i dipendenti, che sottolineano come il forzato trasferimento
a Grugliasco di 70 lavoratori comporterebbe di fatto la necessità
di abbandonare la Valle da parte di altrettante famiglie, con tutte le
negative implicazioni del caso. Senza contare che il ridimensionamento
dello stabilimento di Sparone provocherebbe un impoverimento strutturale
dell’intera vallata, a livello socioeconomico oltre che meramente demografico.
Insomma, la partita è ancora tutta da giocare: anche se gli assi,
come sempre, non sembrano davvero essere nelle mani dei più deboli.