La giornata del 9, che ha per tema "Il dono di sé", ricorda come Cristo abbia dato la sua vita proclamando la buona novella quale segno dell'amore misericordioso di Dio per gli uomini; a questo modello ogni cristiano è chiamato a ispirarsi, per fare dono di sé ai propri fratelli e sorelle che soffrono… "nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici". Lungo la storia, innumerevoli uomini e donne han fatto del servizio generoso a malati e sofferenti il senso della vita, mostrando così il valore evangelico della carità.
Il cammino di formazione
Per diventare dono per i fratelli e le sorelle che soffrono è necessario impegnarsi in un cammino di crescita, per interiorizzare le parole e l'esempio di Gesù e di chi lo ha imitato più da vicino. Un cammino che parte dalla consapevolezza dei doni ricevuti - da Dio, dalle persone vicine - e che arricchiscono la vita: come la bellezza della natura, l'amicizia, la salvezza donata da Cristo, l'aiuto ricevuto nei momenti di bisogno. Riflettendo su quanto abbiamo ricevuto possiamo educarci a donare a nostra volta.
“Chi sono per il malato?”
Di solito visitando i malati ci chiediamo:
"Cosa posso dare o fare?"; così i doni che offriamo si riducono
a qualcosa di materiale: portiamo regali, rendiamo dei servizi, trascorriamo
del tempo con loro, diamo consigli, tentiamo di consolarli… Ma la vera
domanda da porsi è: "Chi posso essere per il malato?". In questo
ambito il dono prende valore se avviene all'interno di una relazione significativa
io-tu. Il malato non va considerato come oggetto di compassione, ma come
una persona autonoma e degna di rispetto, portatrice di valori che sfuggono
all'osservazione superficiale. A causa della sua fragilità egli
prova un acuto bisogno di relazioni interpersonali autentiche, di essere
ascoltato e capito. Una comunicazione adeguata può aiutarlo a trovare
un senso a ciò che sta vivendo.
Vari possono essere gli atteggiamenti
e le iniziative per esprimere il dono di sé al fratello che soffre
a partire dall'espressione di un cuore ospitale, che crea spazio per accogliere
l'altro e farlo sentire da estraneo a familiare e amico. L'attenzione al
malato s'esprime non solamente con l'abituale visita, ma anche con la presenza
assidua, il servizio, la preghiera ed il "camminare insieme", ad esempio
accompagnando i malati nei pellegrinaggi ai santuari, oppure aiutandoli
- mediante l'ascolto e il colloquio idoneo - a trovare risposta alle domande
sul senso della vita, sul significato del dolore, del male e della morte.
Dono del sangue e degli organi
Una delle espressioni più
significative di solidarietà è costituito dalla donazione
del sangue e degli organi. Si tratta di un autentico "servizio alla vita",
quanto mai urgente oggi.
Il dono del sangue è uno
dei simboli più efficaci per esprimere l'amore verso gli altri.
E ce n'è tuttora una grande necessità: pensiamo ai bambini
malati di leucemia, alle persone in gravi condizioni dopo un incidente,
o a chi deve subire un'operazione chirurgica. La donazione degli organi,
quando è compiuta in forme eticamente accettabili, è una
delle forme più alte del dono di sé. Essa va incoraggiata
per venire incontro ai gravi e urgenti bisogni di quanti sono in attesa
di un trapianto da cui può dipendere la loro vita; a questo scopo
"occorre seminare nei cuori di tutti, e in particolare dei giovani, motivazioni
vere e profonde che spingano a vivere nella carità fraterna, carità
che si esprime anche attraverso la scelta di donare i propri organi". (Giovanni
Paolo II).
Il ruolo delle comunità
La capacità di donare ed essere
dono per coloro che soffrono va educata a livello sia personale che comunitario;
spetta alle famiglie cristiane creare nei figli la sensibilità verso
i malati, gli anziani, i portatori di handicap, indicandola come uno dei
frutti più significativi della fede in Gesù Cristo. Non meno
importante è la responsabilità delle parrocchie nel coinvolgere
tutte le proprie componenti nella cura e nell'accompagnamento dei malati,
preoccupandosi di valorizzare il contributo di tutti, di armonizzare progetti
personali e progetti comuni, superando l'individualismo, la sfiducia negli
altri, la paura del confronto.
Il dono che facciamo di noi stessi
ai fratelli e alle sorelle che soffrono, oltre a rafforzare i legami di
solidarietà e la fraternità universale, ci avvicina a Dio,
ci aiuta a comprendere il significato di essere stati creati a immagine
e somiglianza del Signore, garantendo la presenza del suo amore nel nostro
cuore: "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di
lui è perfetto in noi” (S. Giovanni).