E' la crisi della Fiat a tenere banco
nell'informazione locale e nelle apprensioni della gente. Non è
difficile immaginare quali gravi conseguenze ne potranno derivare per l'indotto
canavesano, in un contesto industriale quanto mai incerto e precario. Non
sono mancati recentemente interventi anche da parte ecclesiale, come si
riferirà più diffusamente nelle pagine interne. Vi sono,
in essi, alcuni elementi che meritano di essere evidenziati. Se la prima
e principale preoccupazione della Chiesa è rivolta alla sorte dei
lavoratori e delle loro famiglie, non meno importante è
quella indirizzata alla salvaguardia di un patrimonio inestimabile di risorse,
competenze, di cultura industriale, in senso lato. E' da quella salvaguardia
e dal suo rilancio che possono venire possibilità occupazionali
e qualche prospettiva in più per l'avvenire. Si è 'sbaraccato'
malamente il settore informatico, si rischia di fare lo stesso con il settore
dell'auto. Con la crisi avanzante della moda e dell'industria manufatturiera,
che cosa produrrà ancora il made in Italy?
La seconda cosa invocata nella dichiarazione
degli Uffici per la Pastorale sociale, consiste in "un patto rinnovato
fra azienda e soggetti del territorio". Importante è avviare una
nuova stagione di concertazione, con precise assunzioni di responsabilità,
anche a livello politico. Ma la dimensione territoriale è sempre
più insufficiente, in un'economia - volenti o nolenti - sempre
più globalizzata. Forse è per quella ragione che il Card.
Poletto vorrebbe a quell' "incontro di livello alto" anche qualcuno di
fuori. E, perché no?, quelli della General Motors.
piero agrano