IVREA - Siamo sempre qui a parlare
dell’Afghanistan e questa volta da un punto di vista particolare, quello
delle donne. Qualcuno pensa veramente che con la sconfitta dei Talebani
la vita delle donne afghane sia migliorata? Per chiarirci la questione
è stata organizzata la sera di lunedì 14 nella sala Santa
Marta di Ivrea un incontro dal tema: “Costruire i diritti delle donne in
Afghanistan”. Molti i promotori dell’iniziativa: Casa delle Donne, Centro
Documentazione Pace, Comitato Ivrea-Qaladiza, Comitato Solidarietà
con ex Jugoslavia, Ivrea Social Forum.
La prima testimonianza è
stata portata da Ivana, della Casa delle Donne di Torino e dal gruppo “Donne
in nero”, che dopo aver visitato i campi profughi in Pakistan durante la
guerra è stata a Kabul quest’estate. Lì ha potuto verificare
di persona la situazione femminile, quando ha evitato a stento un’aggressione
essendo scesa dalla macchina senza coprirsi il capo. Grave la responsabilità
delle tv di tutto il mondo che mostrano libere le donne afghane.
Per i diritti di queste donne lotta
Rawa (Revolutionary Association of Women of Afghanistan), di cui Ivana
ricorda brevemente l’attività, già illustrata un anno fa
in un pubblico incontro con “Donne in nero” di ritorno dai campi profughi
del Pakistan.
Ora ne parla una giovane rappresentante,
Sharareh, con l’aiuto dell’interprete Afahin, iraniano, che ci tiene a
dichiararsi amico e sostenitore di Rawa perché, dice, segue l’insegnamento
di sua madre, attiva militante femminista. La sua presenza serve anche
a rispondere a una domanda, posta alla fine dal pubblico, sull’appoggio
dato dagli uomini alla causa femminile: sono molti quelli che aiutano.
Rawa è stata la prima organizzazione
politica in Afghanistan; fu fondata nel 1977 da Meena, assassinata qualche
anno dopo dal governo. Creata per ottenere l’emancipazione delle donne,
quando ci fu l’invasione sovietica si dedicò soprattutto a combattere
per l’indipendenza. Ma l’azione principale continuò e continua ancora
con la creazione di scuole, asili, laboratori, ospedali, ecc., in aiuto
delle donne, sempre in clandestinità e a prezzo di persecuzioni
e morti. E questa clandestinità continua, perché il governo
odierno non approva l’attività politica che accompagna queste opere
di assistenza, politica contraria ad ogni fondamentalismo e discriminazione.
La storia dell’Afghanistan negli
ultimi anni è stata veramente un susseguirsi di tragedie, delle
quali le donne hanno sempre sopportato il peso principale. Nel 1978 l’invasione
russa. Sharareh, allora bambina, ricorda l’incubo delle notti, quando nelle
case entravano i soldati governativi a prelevare uomini: 13.000 sono così
scomparsi. Poi nel ‘93 arrivano i mujaheddin: bestie selvagge, che
compiono ogni sorta di violenza sulle donne. Nel ‘96 i Talebani: ancora
peggio, le donne vengono escluse dalle scuole e da ogni forma di vita sociale,
private di tutti i diritti. Sharareh, che è infermiera, descrive
la situazione drammatica degli ospedali, privi di tutto, e delle donne
ricoverate, che dovevano essere sempre coperte; gli aborti conseguenti
agli stupri subiti erano effettuati clandestinamente. Anche cercare lavoro
per le donne era difficile, perché dovevano sempre essere accompagnate
da un uomo.
Dopo l’11 settembre, i bombardamenti
americani, ma la gente viveva in condizioni così disperate che pensava:
o si muore o ci si libera. Invece, cacciati i Talebani la liberazione completa
non è venuta, soprattutto per le donne, poiché al governo
sono l’Alleanza del Nord e i mujaheddin, che non riconoscono pieni diritti
alle donne. E’ necessario quindi che l’opera di Rawa sia sostenuta con
forza da quanti combattono contro fondamentalismi e guerre.
A completamento delle parole di
Sharareh, Ivana ha descritto le condizioni tremende in cui vivono le donne
oggi in Afghanistan, da lei direttamente verificate quest’estate: mendicanti
per strada, prostitute, al lavoro come schiave in case altrui, ripudiate,
vedove, respinte dalle famiglie di origine perché peso inutile,
con i figli abbandonati per strada (soprattutto le bambine), esposti al
pericolo altissimo delle mine e delle bombe inesplose...
Un particolare raccapricciante:
nel cortile degli ospedali i bambini feriti sono esposti al sole, perché
soltanto il sole può cicatrizzare le ferite, in mancanza di farmaci.
La Casa delle Donne di Torino ha
prodotto un video, risultato delle visite alle donne afghane, molto efficace.
Lo si può richiedere al Centro Documentazione Pace. Anche questo
è un mezzo per sostenere economicamente la loro causa.
l.c.