LOCANA - LUCI E OMBRE A DUE ANNI
DALLA DISASTROSA CALAMITA’ Alluvione: cosa
resta da fare E che cosa è
stato fatto... LOCANA - Sono passati due anni dalla
terribile alluvione che attorno alla metà dell’ottobre 2000 investì
il Canavese con violenza inusitata, causando gravissime distruzioni e gettando
nel terrore centinaia di famiglie, alcune delle quali rimaste senza casa
o senza lavoro. Da allora tanta acqua - ci si passi la metafora - è
passata sotto i ponti (quelli rimasti in piedi, beninteso): eppure risulta
a tutt’oggi difficile fare un bilancio preciso della situazione odierna,
in particolare di ciò che è stato fatto per rimarginare le
ferite inferte al territorio da quella terribile catastrofe e di ciò
che ancora resta da fare per impedire o limitare il ripetersi di simili
calamitosi eventi.
Per quanto concerne il primo aspetto,
è sotto gli occhi di tutti che l’iniziale fervore con cui, subito
dopo l’alluvione, si era intervenuti per tamponare le situazioni più
critiche è stato seguito da un rallentamento dell’impegno da parte
delle amministrazioni pubbliche (non tanto quelle comunali, che spesso
hanno a riguardo hanno poca competenza e ancora minori fondi) per ripristinare
le principali infrastrutture. Un caso su tutti è quello della viabilità:
la percorribilità della statale 460, la più importante arteria
dell’Alto Canavese, venne ripristinata in tempi relativamente celeri, ma
chi sperava che il disastro del 2000 fosse l’occasione per risolvere definitivamente
la cronica criticità di molti suoi punti è rimasto deluso.
Nè molto meglio le cose sono andate per quanto concerne la viabilità
intercomunale, dove le luci si inframmezzano alle ombre: per fare un esempio,
a Locana (uno dei centri più pesantemente colpiti, con una conta
dei danni che solo per la parte pubblica superava i 60 miliardi di lire)
, in questi due anni sono stati condotti a termine lavori di ripristino
a San Lorenzo, Ghiglieri, Valsoani, San Giacomo, Vernè; sono in
corso d’opera interventi a Bottegotto, Pratolungo, Gurgo e Vallelunga;
ma restano ancora da impostare indispensabili lavori a Casetti, Davioni,
Nosè e Bosco, per non parlare dello stesso capoluogo, il cui ponte
è da tempo in predicato di essere ricostruito per ovvie ragioni
di sicurezza. La colpa dei ritardi è da ricercarsi non tanto nell’inerzia
degli organi locali, quanto nella lentezza della burocrazia centrale, visto
che gli amministratori locanesi lamentano di aver ricevuto sinora meno
della metà dei fondi richiesti per l’apertura dei cantieri.
Al di là di tutte queste
considerazioni ve ne è però una ulteriore e non meno importante:
oltre che sul fronte della cura, che cosa è stato fatto o che cosa
resta da fare su quello della prevenzione? A questo riguardo indicazioni
particolarmente utili possono giungere dallo Studio idraulico dei bacini
Orco, Soana e Bordone, commissionato dalla Comunità Montana Valli
Orco e Soana ad un pool di esperti del Cnr e dell’Università di
Torino. Nell’introduzione allo studio si legge tra l’altro che “Nelle valli
canavesane gli eventi di piena con intervalli cronologici talora strettamente
ravvicinati tra un evento e i successivi: analizzando le serie storiche
si scopre infatti che nel corso degli ultimi 500 anni mediamente ogni 5-7
anni si è registrato un fenomeno di piena parossistica con danni
agli insediamenti ed alle infrastrutture antropiche. In tale contesto
l'evento del 14-15 ottobre 2000 non si differenzia da numerosi altri precedenti
se non per la straordinaria quantità di precipitazioni (per cui
sono ipotizzabili tempi di ritorno anche plurisecolari)”. Si tratta di
una valutazione solo apparentemente tranquillizzante, visto che poco più
avanti si legge che “La notevole quantità di elementi lapidei accumulatisi
indistintamente negli alvei fluviali e torrentizi induce ad affermare che
le conseguenze dell'evento avrebbero potuto essere ancor più deleterie
sia per gli effetti dell'ingente trasporto solido di fondo delle onde di
piena sia per la possibilità di trasporto di detriti ben oltre le
zone origine del medesimo”. Come a dire che occorre intervenire pesantemente
e subito sulle radici più profonde del dissesto idrogeologico altocanavesano.
maurizio vicario