TORINO - Si è svolto, sabato
28 settembre, a Torino, presso l’auditorium della Cascina Marchesa, in
corso Vercelli 141, il Convegno “Il mestiere delle armi in Piemonte” organizzato
dal gruppo “Pace e disarmo” dei Social Forum della nostra regione (il Risveglio
lo aveva annunciato nel n. del 20/08 pag. 5). In questo momento drammatico
e caratterizzato da così grave insicurezza per tutti, il Convegno
ha risposto ad un’esigenza fortemente sentita ed ha avuto un pubblico numeroso,
con una bella presenza di giovani; significativa anche la rappresentanza
eporediese. L’assenza del prof. Mortellaro (università di Bari,
bloccato da uno sciopero degli aerei) ha impedito di partire da un’analisi
organica della situazione de “Il mondo e la guerra dopo l’11 settembre
2002!; tuttavia, i relatori che si sono susseguiti hanno fornito ai partecipanti
non solo un quadro esaustivo dell’industria delle armi in Piemonte, i dati
sul commercio delle armi negli ultimi anni in Italia e nel mondo, ma elementi
di riflessione sul modificarsi del concetto di guerra, sul superamento
del concetto di difesa, sull’uso e abuso del concetto di sicurezza.Si parla
di “guerra preventiva”, abbandonando l’idea che le armi dovevano intervenire
per la difesa, ma, poiché erano (e sono) armi terribili di distruzione
di massa, non si sarebbero impiegate (concetto di deterrenza nucleare).
Proprio perché si impone
la paurosa guerra preventiva, c’è stata la ripresa della spesa militare.
D’altro canto, gli armamenti hanno grandissima importanza in campo economico:
oggi i padroni delle principali industrie militari del mondo (ormai concentrate
e di dimensioni gigantesche) sono banche, assicurazioni, finanziarie e,
comunque, il meccanismo è perverso: le aziende hanno interesse a
forzare ogni limite per produrre e vendere. Conseguenza di questa situazione:
in Italia, la legge 185/1990 che sottoponeva al controllo da parte del
Parlamento il commercio delle armi e faceva riferimento ai principi costituzionali
del ripudio della guerra e del sostegno dei diritti umani ha subito pesanti
modifiche incidenti sugli aspetti fondamentali della legge stessa: principi,
trasparenza, controlli, divieti.
Nel corso del pomeriggio hanno portato
la loro testimonianza ed esperienza alcuni lavoratori delle industrie militari.
In particolare Franco Bonavita, dell’Alenia, industria torinese di proprietà
della Finmeccanica, ha presentato la situazione evidenziando i problemi
connessi alla diminuzione degli addetti e sottolineando come l’unica produzione
“civile” dell’Alenia, l’Ipertermia (per la cura del tumore con il calore,
che ha dato buoni risultati dal 1983 al 1996) sia stata definitivamente
abbandonata.
C’è molto da fare; la partecipazione
e l’attenzione al convegno aprono alla speranza che, in Piemonte, i Social
Forum, le altre forze associative e quelle sindacali, con i cittadini,
vigilino e approntino strumenti per monitorare le industrie delle armi
presenti nei loro territori. E’ anche indispensabile mantenere i collegamenti
e agire insieme per portare avanti l’azione contro la guerra, impegnandosi
nella ricerca di alternative e diffondendo la consapevolezza che raggiungere
la sicurezza attraverso le armi è non solo illusorio ma distruttivo
per tutti.
maddalena micotti