Sono bastate alcune ore di pioggia
torrenziale, con violenti grandinate e colpi di vento, a mettere
nuovamente in allerta il territorio canavesano, risuscitando l'incubo alluvione.
Le cronache recenti ci ricordano, ancora una volta, quanto l'assetto idrogeologico
della nostra terra sia fragile e precario.
Al di là dei facili appelli
al destino o alla Provvidenza, sorge una domanda: che ne è stato
dei programmi e delle promesse fatte dopo l'alluvione dell'autunno 2000?
Certo, tutto accade così in fretta: non si ha tempo di ricostruire
o, almeno, di metterci una pezza, che già sopraggiunge una nuova
calamità. In questo stesso giornale si dà notizia, oltre
che dell'erogazione dei fondi per la ricostruzione, dell'onorificenza conferita
a chi, nella precedente alluvione, si è prodigato per salvare gli
altri, mettendo in pericolo la propria vita. Di quali nuovi 'eroi' dovremo
prossimamente occuparci?
Il maltempo non è l'unica
cosa a mettere in ansia il nostro territorio. Le notizie che provengono
dal mondo del lavoro parlano di un clima diffuso di preoccupazione, determinato
da recenti licenziamenti, e da minacce di sospensione di attività
produttive. In tale contesto è opportuno avviare (o piuttosto riavviare)
una riflessione sulle condizioni e le prospettive del lavoro in Canavese,
sul "senso" che esso assume in questo contesto socio-culturale. La terza
pagina di questo numero offre, al riguardo, un piccolo contributo.
Su questa nostra terra, la Chiesa
ricerca una nuova presenza attraverso le Unità pastorali. Non è
solo un'operazione burocratica per sopperire alla carenza dei sacerdoti.
Se ne parlerà nelle assemblee di questa sera, dislocate in tre punti
della diocesi. Ed in un contesto non chiuso e blindato, ma aperto alle
nuove prospettive della multiculturalità e del dialogo interreligioso.
Questa nostra terra.... Ad essa
ci riporta il nostro impegno quotidiano e, per i credenti, una fede - come
soleva dire K. Rahner - che ama la terra.
piero agrano