IVREA - Nel frenetico ritmo della
vita di ogni giorno, tempo per la riflessione e la lettura ne rimane purtroppo
assai poco. Fra le letture, poi, quella della Bibbia non è certo
la più frequentata, eredità quest’ultima non encomiabile
della nostra educazione cattolica di stampo antico. Personalmente non abbiamo
difficoltà ad ammettere che le nostre conoscenze in materia biblica
sono scarse, frammentarie e, quelle poche, recenti. Risalgono infatti ad
un non lontano incontro con amici nel corso del quale, insieme al comune
bisogno di approfondimento delle nostre conoscenze bibliche, si è
condivisa l’opinione di intraprendere qualche iniziativa per condividere
con altri questo nostro desiderio. A tale scopo, rifacendosi ad un’antica
tradizione di lettura pubblica di pagine bibliche in forma drammatica,
abbiamo ritenuto che avrebbe potuto risultare di qualche interesse rinverdire
tale tradizione in forme e secondo un linguaggio più attuali.
Nacque così l’esperimento
di Abramo nella geniale interpretazione di Seren Kierkegaard nell’opera
“Timore e Tremore”, un lavoro più volte eseguito nel corso degli
anni invero con qualche riscontro positivo. Sono poi venuti Giobbe, Maranà
Thà (Signore, vieni!) dalle Lettere dell’apostolo Paolo ed, infine,
la storia di Ruth.
Quello di questa sera venerdì
19 aprile alle ore 21 nella chiesa di S. Grato del Borghetto è quindi
il secondo lavoro del nostro gruppo, quello forse più difficile
e impegnativo.
Il libro di Giobbe è troppo
noto ed importante per un commento di poche righe. Dal punto di vista letterario
esso rappresenta uno dei vertici della letteratura di ogni tempo; da quello
religioso, uno degli incontri (o forse, scontri) più drammatici
fra l’uomo e Dio. Tradizionalmente, si ritiene che al centro del dramma
vi sia il problema, irrisolto e drammatico, della sofferenza del giusto.
La critica biblica moderna, tuttavia, vi ha scorto molto di più.
In primo piano infatti è apparso il tema delle difficoltà,
quasi impossibilità, della comunicazione fra l’uomo e Dio, l’uno
nella incapacità di cogliere appieno il senso di ciò che
gli accade, buono o cattivo che esso sia, l’altro nel manifestare un progetto
significativo e comprensibile alla creazione. Il risultato si risolve in
una drammatica solitudine che lascia l’uomo in balia di se stesso, preda
di una dolorosa insicurezza nell’ambito di una realtà destinata
ad un rapido esaurimento.
Come si può facilmente constatare,
si tratta di una tematica estremamente attuale che ha suscitato infiniti
commenti, ivi compreso quello di Carl Gustav Jung, uno dei padri della
psicanalisi moderna. Il nostro tentativo di ricavarne una drammaturgia
è quanto di più azzardato si possa immaginare, per cui fin
da ora chiediamo venia a coloro che avranno la bontà di intervenire.
Tuttavia, tenuto conto della buona intenzione che ci ispira, e cioè
raccogliere qualche fondo per gli imponenti lavori di restauro realizzati
nella bella chiesa di S. Grato, siamo certi di poter contare sulla benevolenza
degli ascoltatori.
Un’ultima annotazione riguarda i
protagonisti della serata: sono gli stessi parrocchiani cui è affidata
la lettura dei brani scritturali della Messa domenicale, alle prese nella
presente circostanza con un compito assai più impegnativo. Poiché
vi ci sono dedicati con grande serietà, meritano ogni elogio.
paolo carra
enzo coi