Da commossa la voce di suor Angela
diventa ferma, decisa quando parla del suo lavoro in Colombia. Una terra
che ama profondamente e dalla quale ha dovuto fuggire. "Io sono in Italia
perché il mio nome è in una lista segreta dello Stato. Avrei
dovuto essere giustiziata immediatamente. Fortunatamente alcune persone
che mi rispettano mi hanno avvertito. Io vivo in una zona di guerriglia
e con il mio vescovo abbiamo dialogato con la guerriglia per liberare le
persone che i guerriglieri sequestrano per accumulare denaro per l'acquisto
delle armi. In questi tre anni abbiamo fatto liberare più di trenta
sequestrati: noi non guardiamo se sono poliziotti o gente comune. Noi abbiamo
lavorato per chi era sequestrato. Per il nostro impegno a favore di tutti,
i guerriglieri ci rispettano ma questo non va bene per l'esercito perché
mi vedono come una collaboratrice della guerriglia. Ma non è vero!
Perché io litigo, lotto per evitare la violenza e discuto
con i guerriglieri. Il mio vescovo, quindici giorni fa è andato
a un appuntamento per la liberazione di una persona e i paramilitari lo
hanno aspettato e per dargli un avvertimento gli hanno sparato. Senza colpirlo".
Che ricordo ha di mons. Cancino
Duarte?
"L'arcivescovo è sempre stato
in prima linea - racconta suor Angela - : ha sempre avuto un dialogo
con i guerriglieri e lo rispettavano nonostante lui condannasse i loro
metodi e i delitti efferati che compiono, la violenza e il traffico di
droga. Era una persona che lottava, fino in fondo, per ciò in cui
credeva. Se ricordate nel sequestro della Maria, la chiesa dove hanno sequestrato
tutta la gente presente alla funzione è stato lui che ha dialogato
e ottenuto dai guerriglieri la liberazione di questa gente perché
mons. Duarte Cancino conosceva bene i guerriglieri e anche i paramilitari.
Pochi giorni fa però ha denunciato la corruzione politica. Non aveva
fatto nomi. Ma alcune persone oneste spinte anche dalle sue parole erano
pronte a dire i nomi dei corrotti, pur rischiando la vita, e lo volevano
incontrare. Ma mons. Cancino Duarte non ha fatto in tempo a ricevere
queste persone: sono arrivati prima i sicari. E' stata una grandissima
perdita”.
E' fuggita per salvarsi la vita…
“Io non volevo. Sono venuta in Italia
solo perché me lo hanno ordinato i miei superiori, per la mia incolumità.
Ma, anche se ho paura, io voglio tornare. Io lavoro con la gente, con i
poveri delle campagne. E' una terra ricca. Ma non hanno i soldi per comprare
nemmeno le sementi. In Colombia non c'è mai stata fame e oggi
c'è fame. Un religioso, prima che partissi, mi raccontava che mangia
solo a pranzo e salta la cena perché gli piange il cuore vedere
la gente ridotta così. Tutta questa situazione di guerra porta la
gente a fuggire in città dove trovano violenza e fame”.
In cosa consiste il suo impegno?
“In questi anni abbiamo lavorato
per formare leader politici onesti. Ne hanno già ammazzati tre,
erano ragazzi giovani. Dicono che in Colombia il voto è libero.
Non è vero. La maggior parte dei colombiani viene dalle campagne.
Non voglio dire che sono ignoranti, ma è gente che per un piatto
di minestra ti dà il voto: li vanno a prendere con le auto, li portano
in un bar gli danno della grappa, un piatto di carne e loro sono felici
e votano. Lavoriamo anche per la formazione di una coscienza, per i diritti
delle persone, perché i coltivatori imparino a diversificare i prodotti.
E non producano solo caffé. In due anni due sacchi grandi di caffè
da 400 mila lire ora valgono 200 mila lire”.
La Colombia è una terra segnata
da 30 anni di guerra che ha fatto 40 mila morti e 2 milioni di profughi.
Quali sono le cause che portano alla guerriglia?
"Le profonde ingiustizie sociali.
La guerriglia c'è da 40 anni e in questi ultimi anni ha preso un
po' più di potere nei campi. La guerriglia combatte e vede
nell'America e nelle grandi multinazionali il nemico. Perché la
Colombia è un paese ricco di risorse agricole e minerarie, ma le
ditte e gli americani stanno saccheggiando il Paese e mantengono la Colombia
nella povertà. Prima avevano l'ideologia che era per il bene del
popolo, poi con l'avanzare degli anni per procurarsi armi stanno coltivando
coca per comprarsi le armi e sequestrano, uccidono, e per questo
anche la gente dei campi li appoggia meno.
I nemici del popolo colombiano quindi
sono i guerriglieri o lo Stato?
“A questa domanda non si può
rispondere, si rischia davvero la vita. Ma se proprio lo vuoi sapere il
vero nemico è la corruzione. In Colombia chi comanda non è
il presidente che è un fantoccio. Chi comanda sono i generali. Che
stanno sempre più acquistando potenza grazie all'appoggio degli
americani. Lavorare in queste condizioni, vedere tutto ciò è
orribile. Il mio vescovo mi diceva sempre: Angela, non importa se
non possiamo parlare, ma è la testimonianza di essere qui che conta.
Perché se parli ti ammazzano. La Chiesa vuole il dialogo ma la volontà
dello Stato non c'è. Vedrai, ascolta le mie parole, tutti sono più
propensi alla guerra, la gente è stanca: 40 anni di morti, non si
può girare per le strade perché vengono abbattuti i ponti,
ti portano via le cose, non sei padrone di avere niente, non sai se tornerai
a casa. La gente non ce la fa più".
enrichetta ferraresi
(da nostro tempo, settimanale
della diocesi di modena-nonantola)