AGLIE’ - La chiesa di Santa Maria
della Rotonda, sulla collina di Macugnano, conserva alla sommità
del tetto un campaniletto romanico, con le sue estreme specchiature. Dalla
visita pastorale del 1669, veniamo a sapere che, prima dell’elegante rimodellazione
tardo-settecentesca, era “in forma cupolæ”, presentandosi: “Tota
fornicata et dealbata, cum pavimento lapideo”.
Dal testo s’evince, inoltre, che
la cupola centrale era sostenuta da colonne e che l’ambulacro doveva essere
coperto da volte.
Tale tempio dedicato alla Vergine
era stato costruito dal presbitero Leone e, in seguito, donato a Fruttuaria,
all’epoca dell’abate Alineo, da parte di Lamberto e di Pietro, entrambi
monaci fruttuariensi, nel 1115. Oltre al campanile rimasto in vista, vi
permane una struttura romanica latente, alla quale s’accede dai sottotetti,
Il tiburio ottagono originario, infatti, mostra ancora, a poca distanza
dalla cornice ad archetti pensili, le lose d’appoggio della copertura primitiva,
immorsate nella parete di ogni lato. Considerata, inoltre, la presenza
all’interno della galleria sull’ambulacro, ne deriva, già in età
romanica, un modello d’edificio sacro centrale a due livelli.
Un’analisi più particolareggiata
del documento di donazione del 22 luglio 1115 (Cfr. “Traditio ecclesiæ
Santæ Mariæ de Macugnano coenobio Fructuariensi”, nel libro
rosso del Comune d’Ivrea, a cura di G. Assandria, CCLI, pp. 295-297, Pinerolo
1914), ci rivela che è stato Lamberto, insieme al suo socio Pietro,
a rendere civile il luogo, estirpando il bosco: “domum fabricavit, vineas
plantavit, erbores diversis pomorum generibus abtinuit”. Convenuto sul
posto il priore Ruffino, si procedette ad una totale cessione, entro confini
fisici ben determinati: “ut sit in potestate Abbatis Fructuariensis quisquid
de ipsa Ecclesia, ac de omnibus rebus eiusdem disponere et ordinare voluerit”.
Va soltanto più aggiunto,
per correttezza, rispetto alle successive rivendicazioni della Chiesa di
Ivrea, che non possediamo l’originale dell’atto, scritto da “frater Mainfredus”
in quell’occasione d’incontro, per la transazione di proprietà,
in Ecclesia Sanctæ Mariæ de Macugnano, ma che la tarda copia,
giunta fino a noi, viene considerata fedele per i suoi meccanismi linguistici
e giuridici. Per inciso, ricordiamo qui che la chiesa rotonda di Macugnano
insiste su un sito boschivo già investito dalla predicazione di
S. Martino di Tours.
Ci muoviamo così nella sfera
del potere, del dominio temporale e spirituale della grande abbazia di
Fruttuaria.
La fabbrica di S. Maria della Rotonda
secondo uno schema a pianta centrale rientra, al di là della mitica
Dormitio Virginis palestinese, nell’amore per le strutture circolari dimostrato
dal monaco - architetto Guglielmo da Volpiano, nelle redazioni prima divionense
poi canavesana, come suggerisce a S. Benigno la probabile impronta del
Santo Sepolcro ritrovata dietro l’altare, durante gli ultimi scavi archeologici.
A Digione, la Rotonda guglielmina,
a più piani, innestandosi sul corpo longitudinale della basilica,
risplendeva d’una “eximia claritate”, secondo la descrizione del Cronista
borgognone.
La forma quasi mistica di tale oratorio
s’impose anche in terra di Canavese, quando il suo autore vi si trasferì
per costruire Fruttuaria.
aldo moretto