Nella nostra diocesi sono
presenti, ormai da anni, i Consigli Pastorali. Se ben ricordo fu alla fine
del 1967 che le parrocchie vennero chiamate ad eleggere dei rappresentanti
per il primo Consiglio Pastorale Diocesano. Sorsero poi vari consigli parrocchiali
e più avanti divenne necessario provvedere ai consigli vicariali
che comprendevano i rappresentanti delle vecchie vicarie riunite in vicarie
più ampie.
Tutti questi “consigli”
avevano lo scopo, come dice il termine, di “consigliare”, di dare una mano
ai parroci ed al vescovo, nel discutere ed affrontare i problemi con i
quali una Chiesa locale si trovava e si trova oggi a dover convivere.
Ma in tutti questi anni
i Consigli Pastorali hanno avuto anche dei momenti di stanca legati a vari
fattori.
Se all’inizio la novità
ha portato molti a sperare o credere che i consigli pastorali fossero un
segno di democrazia della Chiesa ed il toccasana per tutti i problemi,
col passare del tempo ci si è resi conto che ciò non poteva
essere, sia per la difficoltà a dialogare, sia perché i consigli
hanno sempre conservato la loro peculiarità di gruppi a carattere
consultivo. Ciò ha spesso portato a scontri più o meno vivaci
fra i consigli ed i parroci che alla fin fine dovevano decidere sul da
farsi e spesso davano l’impressione di farlo senza tener conto dell’idee
espresse dai membri dei Consigli pastorali ed in particolare dai laici.
Questi ultimi hanno spesso
avuto l’impressione che i consigli, soprattutto quelli parrocchiali, fossero
stati costituiti solo per accontentare il vescovo o per fare bella figura
e che servissero, in definitiva, solo per discutere questioni banali della
vita parrocchiale tralasciando del tutto o quasi una riflessione profonda
e critica sulla situazione della parrocchia e della società.
Se poi si considerano i
consigli vicariali, ossia l’incontro dei rappresentanti di varie parrocchie
di una determinata zona, la situazione è stata a volte ben peggiore
in quanto, soprattutto negli anni passati, le parrocchie tendevano a privilegiare
le attività parrocchiali e si riteneva una perdita di tempo fare
qualcosa assieme.
Per quanto poi riguarda
il Consiglio Pastorale Diocesano vi era, almeno nei primi tempi, un altro
ostacolo, legato a mio avviso ad una mentalità risalente ai tempi
in cui era florida, anche nella nostra diocesi, l’Azione Cattolica. I non
più giovani ricordano le assemblee diocesane in cui veniva presentato
il programma di lavoro per un anno e ricordano quando in parrocchia arrivavano
i delegati diocesani a presentare il programma annuale, con tanto di libretto
per gli incontri di “catechismo”. E tutti ci si preparava, ognuno nella
sua sezione, uomini, donne, ragazze, ragazzi... a fare quanto veniva indicato.
Insomma tutto arriva già preparato.
Ben diversa invece la mentalità
che doveva o dovrebbe esserci dietro ad un consiglio pastorale ma purtroppo
per molti restava, e forse resta, la difficoltà di dire la propria
idea, per altri quella di non poter dire tutto e per tutti il non saper
ascoltare, il non sapersi confrontare.
Ma anno dopo anno, spesso
con fatica e rabbia, ma anche con serenità e consapevolezza, i consigli
pastorali sono andati avanti e nessuno si sognerebbe oggi di considerarli
inutili o addirittura superati anche se è vero che spesso permane
ancora quell’impressione che in fondo... servano a fare quattro chiacchiere
e basta o restano difficoltà a lavorare insieme soprattutto fra
laici e sacerdoti.
Ma qualunque sia l’impressione
che uno ha dei Consigli pastorali, eccoci arrivati ancora una volta al
loro rinnovo, sostenuto con grande impegno dal nostro vescovo. Sono stati
predisposti statuti e regolamenti per ogni tipo di consiglio e soprattutto
si è sottolineato lo stretto legame esistente fra i vari tipi di
consigli e l’importanza del consiglio per gli affari economici che dovrebbe
essere presente in ogni parrocchia.
Si può dire perciò
che sulla carta tutto è pronto ma... inutile nascondere una certa
stanchezza. Dovuta a cosa? Non è facile riassumere in poche righe
queste presunte difficoltà. Molte piccole parrocchie risentono ormai
della carenza di sacerdoti; sono certamente presenti dei religiosi o dei
laici che si danno da fare ma si stenta a considerare questa loro attività
come un ministero e non solo come un servizio quasi dovuto e non si ritiene
opportuno formalizzare questi servizi in una struttura come quella dei
consigli pastorali. Il tempo da dedicare al confronto, all’ascolto, all’analisi
sembra tempo perso... meglio darsi subito da fare.
Alcune vicarie sono, se
non morte, in coma profondo da anni; perché è così
difficile lavorare assieme? E’ vero che il territorio della diocesi è
molto vario e poco adatto a facilitare gli scambi ma anche dal punto di
vista ecclesiale si ha l’impressione che si tenda a privilegiare il locale
rispetto al generale, si preferisca la parrocchia rispetto alla vicaria
o alla diocesi dando spesso l’impressione di una chiusura, a difesa del
salvabile, ma impedendo a molti di respirare arie nuove, di conoscere esperienze
nuove, certo più impegnative ma anche più utili pastoralmente.
Il Consiglio Pastorale
Diocesano è abbastanza attivo e gode ormai di una sua tradizionale
attività ma, tanto per dirne una, risente terribilmente in modo
negativo la mancanza dei giovani, anche e soprattutto di quelli impegnati
in altre attività diocesane, che paiono completamente estranei ad
ogni tipo di Consigli pastorali.
Tutto ciò sta a
dimostrare quanto l’idea di Chiesa comunità e comunione sia ancora
lontana dalla nostra mentalità e quanta poca conoscenza abbiamo
ad esempio dei documenti del Concilio e dei nostri sinodi diocesani.
Ma, volendo o no, qualcosa
nella nostra Chiesa dovrà cambiare. I sacerdoti sono sempre di meno
e sempre più anziani, molti sacerdoti si devono occupare di più
parrocchie, stanno sviluppandosi anche da noi le Unità pastorali,
molte attività sono ormai in mano ai laici per cui è impensabile
stare a guardare. Molti laici hanno ormai capacità e tempo da dedicare
ai Consigli pastorali ed alle attività di una parrocchia per cui...
sotto a chi tocca e buon lavoro.
gustavo gnavi