RICORDO DI DUE VESCOVI
Nel mese di luglio - come scrissi
- sono andato in Congo (ex Zaire), invitato a predicare un Corso di Esercizi
spirituali ai preti e una Due giorni di animazione per operatori pastorali.
La diocesi era Butembo-Beni, ai confini dell’Uganda; ed è proprio
l’Uganda che, durante le sommosse che hanno accompagnato la caduta del
dittatore Mobutu, ha occupato quella zona, per garantire la tranquillità
delle proprie frontiere... e dei propri commerci.
La Diocesi è gemellata
con quella siciliana di Noto ed ha da anni visite prolungate di uno dei
membri fondatori di Pax Christi italiana, che ha pure avviato là
una piccola ma vivace Sezione del Movimento. Di qui è nato l’invito,
che ho accolto con piacere e con interesse.
Accanto agli ottanta sacerdoti
- molto impegnati e molto attenti al mio francese un po’ approssimativo
- v’era anche Mons. Kataliko, originario di quello stesso territorio, nominato
primo vescovo di quella diocesi appena costituita, e dopo vent’anni trasferito
un po’ più al sud, a Bukavo, dove l’Arcivescovo antecedente era
stato assassinato al momento dell’occupazione, non gli avevano permesso
di rientrare dopo una sua partecipazione a un incontro dei vescovi nella
capitale. Ed è a Bukavo dove gruppi di “pacifisti cattolici” intenderebbero
fare una manifestazione dimostrativa il 10 dicembre, anniversario della
proclamazione dei diritti umani da parte dell’Onu, come nel 1992 s’era
fatta a Sarajevo. Mons. Kataliko era in esilio là, nella sua diocesi
di origine (aveva incontrato anche i suoi vecchi genitori) e sua prima
sede. Uomo di grande fede e di grande chiarezza, aveva partecipato fedelmente
a tutto il Corso di Esercizi ascoltando attentamente le prediche, partecipando
attivamente ad alcuni incontri del dopocena, accettando di presiedere alle
liturgie a patto che fossi io a tenere le omelie.
Pur in una situazione così
difficile aveva mantenuto uno spirito libero e arguto. L’avevamo festeggiato
quando, proprio in quei giorni, la conferenza Episcopale congolese, riunita
a Kinshasa (lui non aveva voluto andarvi, per non creare possibili ulteriori
pretesti per il rientro nella sua sede) l’aveva nominato suo Vice Presidente,
in aiuto al nuovo Presidente, Cardinale della capitale.
Forse quella nomina aveva
indotto le autorità di Bukavo a permettergli di rientrare, aggiungendovi
le scuse. Era venuto a Roma per il Giubileo dei vescovi e per una concomitante
riunione dei vertici delle Conferenze Episcopali africane. Un infarto l’ha
stroncato a Roma. Nel ricordo di quegli incontri e di quell’amicizia ho
fatto il possibile per partecipare alla Messa celebrata a Roma dai Vescovi
congolesi e da tanti sacerdoti e religiosi del Congo e di tutta l’Africa,
prima che la salma rientrasse in patria per il funerale.
* * * * *
La notizia della morte di
Mons. Kataliko mi ha raggiunto in giro per l’Italia. Tornato ad Albiano
ho trovato un plico che mi comunicava la morte di Mons. Marcos Mc Grath,
Arcivescovo emerito di Panama.
C’eravamo conosciuti durante
il Concilio, agli incontri di preghiera e di riflessione nell’atmosfera
della spiritualità di Padre De Foucauld, il “fratello universale”
a cui si sono ispirati i “Piccoli Fratelli” (una diramazione è quella
dei “Piccoli fratelli del Vangelo”, di cui ha fatto parte Carlo Carretto
e ancora fa parte don Arturo Paoli, venuto poco fa ad Ivrea). Per questo
il gruppo di venti vescovi (di diciotto nazioni), avviato durante il Concilio
e giunto fino ad oggi (dopo di lui restiamo in otto!), venne chiamato argutamente
“la fraternità dei piccoli monsignori”!
Mc Grath, di padre americano
(d’origine irlandese, come dice il cognome) e di madre costaricana, era
membro di una Congregazione religiosa. Aveva studiato negli Stati Uniti
e in Europa, e aveva insegnato a lungo teologia nell’Università
Cattolica di Santiago del Cile, divenendo poi - allora - Ausiliare dell’Arcivescovo
di Panama, in seguito vescovo di una piccola diocesi di quella nazione,
ed infine Arcivescovo della capitale.
Era uno dei più
“coltivati” del gruppo, ed era stato inserito nella Commissione teologica
del Concilio, entrando poi nel gruppo che preparava la Costituzione su
“la Chiesa nel mondo contemporaneo” (Gaudium et spes) e nei piccoli gruppi
richiesti segretamente da Paolo VI al Card. Lercaro per preparare il materiale
per un’Enciclica su “la Chiesa dei poveri”. Forse però era giudicato...
troppo aperto, così che gli avevano impedito di divenire Presidente
del CELAM (l’Assemblea dei Vescovi latino-americani) e poi forse di essere
“creato” (come si diceva allora) Cardinale, il primo dell’America Centrale
(spero che di questo non siano state responsabili... le cattive compagnie!).
Con la sua collaborazione Pax Christi aveva potuto organizzare nel 1981
una Missione sui diritti umani in Guatemala, S. Salvador e Nicaragua tenendo
l’Assemblea conclusiva proprio in Panama.
Era venuto anche ad Ivrea
celebrando in Cattedrale e tenendo una conferenza alla Casa Beato Varmondo.
Da qualche anno era stato colpito dal morbo di Parkinson, che l’aveva costretto
a dare anzitempo le dimissioni (era del 1924!) e l’ha condotto poi alla
morte.
Scompare così un
grande operatore e testimone del Concilio (mi è stato mandato un
suo libro recente sul contributo dei vescovi latino-americani al Concilio);
ma per me è scomparso un grande amico, tanto affettuosamente stimato.
+ luigi bettazzi