MONS. MIGLIO – RIFLESSIONI DI
FRONTE AL DISASTRO DI QUESTI GIORNI
Salvaguardia del
creato: per noi oggi
Significa avere
cura della montagna
Sono tante le immagini viste
in questi giorni, la natura scatenata e l’onda inarrestabile della distruzione.
Desidero ricordare anzitutto il vigile del fuoco che ha perso la vita nel
crollo del ponte sull’Orco della Pedemontana, verso Salassa, e le vittime
della vicina diocesi sorella di Aosta.
La disponibilità
dei centri operativi per i soccorsi mi ha consentito di visitare le zone
colpite in Valle Orco e in Val Soana: salve le persone e quasi tutto il
bestiame, distrutte molte case, i ponti, lunghi tratti di strada. Isolati
Ronco, Rosone, Noasca, Ceresole, molte frazioni.
Le prime impressioni sono
di impotenza di fronte alle forze della natura e di rabbia per lavori appena
terminati dopo le alluvioni del ‘93 e del ‘94 e spazzati via in poche ore.
Le persone incontrate,
la gente, esprimono riconoscenza per la vicinanza del vescovo, dei loro
sacerdoti e dei tanti che si sono prodigati fin dalle prime ore del disastro,
istituzioni, volontariato, privati. Parecchi mi chiedono di pregare, di
benedire, incontro tanta delusione ma anche tenacia e voglia di ricostruire.
E’ inevitabile che in momenti
come questi vengano in mente alcune domande e riflessioni, stimolate anzitutto
dalle richieste ricevute di preghiera e di benedizione.
Sono momenti in cui ci
ritroviamo tutti piccoli, di fronte all’onda spaventosa e limacciosa di
un fiume, di fronte all’acqua che dilaga inarrestabile, di fronte ai massi
enormi precipitati sulle già strette strade di montagna, di fronte
alla strada e ai ponti spariti o spezzati. Sentirsi piccoli di fronte al
creato, e magari anche di fronte al Creatore: se lo facessimo più
spesso, nei tempi normali?
E perché la natura
si scatena? E’ proprio solo la natura o ci sono le provocazioni dell’uomo?
In questi giorni è davanti agli occhi di tutti l’emergenza ambiente,
il problema della salvaguardia del creato. “Il Signore Dio prese l’uomo
e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse”
(Gen. 2,15).
Per noi oggi salvaguardia del
creato vuol dire anzitutto cura e custodia della montagna, da cui scendono
fiumi e torrenti. Non è il momento di accusare, anche se l’alluvione
mette impietosamente in mostra cose che non si sarebbe dovuto fare o fare
in quel modo.
Custodire la montagna tutto
l’anno, non limitarci solo a goderla e magari sfruttarla in alcuni periodi.
E’ un problema ambientale ma direi anzitutto culturale e umano, con forti
implicazioni religiose che interpellano dunque direttamente la chiesa diocesana.
Sono venute meno le presenze capillari di un tempo, dobbiamo prevedere
nuove forme e modi di presenza. La montagna, pur spopolata, o popolata
in modi e tempi diversi, non è territorio a perdere, è dono
di Dio, ricchezza per tutti, parte preziosa dell’Eden.
E questo è anche
momento, per una più intensa preghiera, per le vittime, per chi
è stato messo duramente alla prova, per chi cominciava appena a
riaversi dalla precedente alluvione, per tutti noi e per il nostro rapporto
con il creato, per una conversione di mentalità nell’uso delle risorse
naturali, affidate alla nostra (im)previdenza dalla Provvidenza.
E’ momento di solidarietà
concreta per i danneggiati: alla disponibilità dimostrata da molte
persone nelle ore dell’emergenza deve far seguito un accompagnamento discreto
e concreto per aiutare la ricostruzione. La Caritas nazionale e diocesana
si è attivata fin dal primo momento.
Solidarietà anche
alle pubbliche amministrazioni, specialmente dei centri più piccoli
che rischiano di essere considerati i meno importanti: li attende un lavoro
duro e paziente. E’ il momento della massima unione e collaborazione, a
livello locale e ai livelli superiori, per sconfiggere il nemico peggiore
della ricostruzione: burocratismo e lungaggini, fatti apposta per preparare
la strada a nuovi disastri.
+ arrigo miglio
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