AMANTEANI NEL MONDOPILLOLE DI STORIA |
La marineria amanteana |
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BREVE STORIA DELLA MARINERIA AMANTEANA La “Vela” e il “Trittico del pescatore”, significative opere di artisti locali, che si ammirano sul suggestivo lungomare di Amantea, oltre all'ardimento, ai pericoli, alle avventure, alle gioie e ai dolori degli uomini di mare, testimoniano che, in pace e in guerra, le attività marinare hanno scandito la storia della città tirrenica. Centro costiero, fondato forse da coloni greci con il nome di Lampetea, prossima a Temesa, cantata da Omero; poi municipio romano (Clampetia); fortezza bizantina (Nepetia) ed emirato arabo (Almantiah), Amantea nel corso delle invasioni normanna e sveva era già una rinomata città marinara. A conferma di questa vocazione, Giovanna II d'Angiò-Durazzo, in data 14 dicembre 1416, emanò un importante privilegio in base al quale si esentavano gli amanteani dalle prestazioni fiscali per premiare la loro fedeltà ed onorare la vittoriosa lotta in terra e in mare contro i nemici del regno. Ancora la stessa regina, con diploma conferito in Castronovo nel 1420, dispensava gli abitanti dal prestare servizio militare nelle spedizioni di terra per avere validamente contribuito con operazioni navali alla repressione dei pirati che infestavano il Tirreno. Dalla quarta novella del “Novellino” di Masuccio Salernitano si apprende che i commerci marittimi di Amantea erano abbastanza fiorenti nel 1400, dal momento che “un legno di mantioti” ripartiva dal porto di Napoli, dopo aver scaricato e venduto la merce. Considerata l'abilità nella pesca degli amanteani, che fin dalla dominazione saracena avevano appreso redditizie tecniche in questo settore produttivo, il 13 maggio 1446, re Alfonso d'Aragona concesse ai fratelli Antonio e Giacomo Gracchi l'autorizzazione, confermata il 13 luglio 1458, di esercitare la pesca del tonno e d'impiantare in una contrada del litorale (oggi in ricordo si chiama la “Tonnara”) uno stabilimento per la salagione e la conservazione di tali pesci. Furono i marinai amanteani quelli che nel 1470 compirono una pietosa ed edificante opera di carità. Di notte, sfidando il mare in tempesta, da un non meglio identificato Castello di S. Innocenzo essi trasportarono in barca nella città natale frate Antonio Scozzetta, un dotto predicatore dei minori osservanti, contemporaneo di S. Francesco di Paola, famoso per la santità della vita e per i numerosi miracoli operati, che potè esaudire il suo desiderio di morire nel convento di S. Bernardino da Siena. Un'altra prova di coraggio offrì la marineria locale, quando una sua nave, carica di prodotti locali, nel 1495 approdò, sfuggendo alle navi francesi, nell'isola d'Ischia, dove si era rifugiato Ferrante d'Aragona in seguito all'invasione di Carlo VIII. Al re una delegazione, guidata dal sindaco Nicola Baldacchini, manifestò l'omaggio e fedeltà dell'università amanteana, ricevendo in cambio la sua gratitudine e nuovi privilegi. Ma l'impresa, che palesa la perizia e il valore degli amanteani sul mare, è stata realizzata nella memorabile battaglia di Lepanto (1571), che le potenze navali dell'occidente condussero vittoriosamente contro i turchi in difesa della cristianità, minacciata dall'islamismo. Il nobile Scipione Cavallo arruolò a sue spese trenta marinai sulla galea “Luna de Napoles”, che faceva parte della flotta cristiana agli ordini di Don Giovanni d'Austria. La “Luna” che era pilotata dal capitano Matteo Ventura, stimato per la sua abilità da Filippo II, contribuì alla sconfitta delle forze navali avversarie, comandate da Mehemet Alì. Con il bottino di guerra gli amanteani portarono in patria numerosi prigionieri che furono prevalentemente battezzati con i cognomi Bonavita e Morelli. In questi secoli intenso fu il traffico commerciale delle imbarcazioni amanteane, sovente depredate dai pirati, che catturarono finanche gli equipaggi per chiederne il riscatto. Durante la dominazione spagnola, che con il suo malgoverno fece piombare il vicereame di Napoli in una grave crisi socioeconomica, anche le attività marittime del centro tirrenico vennero soffocate. Sotto i Borboni si verificò un timido risveglio dei traffici marittimi e della pesca. In questo periodo giova segnalare un singolare episodio di eroismo, che ha avuto per protagonista un marinaio amanteano, entrato nella leggenda. Il 27 gennaio 1807, durante la fase finale dell'assedio napoleonico, che vide l'accanita resistenza di Amantea borbonica e sanfedista alle truppe dei generali francesi, Giuseppe Francesco Secreti, detto il “Gal Gal”, calandosi dai bastioni della città e schivando i colpi della fucileria nemica, raggiunse a nuoto una fregata inglese per chiedere viveri e munizioni in favore degli assediati. Il coraggioso tentativo non fu coronato da successo e la città fu costretta alla resa. Solo la politica degli ultimi re Borboni e dei primi governi unitari accrebbero l'importanza di Amantea come centro marinaro perché vi fu creato un ufficio doganale ed istituito un approdo obbligato per i piroscafi in transito (i vapori appartenevano prevalentemente alla “Società Calabro-Sicula” e alla “Cinelli”). A parte la pesca, praticata da numerose paranze e barche, che divenne unitamente alla sua industria di trasformazione una realtà economica preminente, i marinai locali continuarono fino ai primi decenni del 1900 le navigazioni di piccolo cabotaggio lungo i litorali della Calabria, della Sicilia e del napoletano e verso le Isole Eolie. Con l'avvento del trasporto su strada e su rotaia i traffici marittimi scomparvero. Nel XX secolo Amantea ha pagato un doloroso tributo di sangue alle due guerre mondiali. Nel secondo conflitto numerosi sono stati i marinai, che hanno dato encomiabile prova del loro valore e dimostrato sprezzo del pericolo in famose battaglie (Punta Stilo, Capo Matapan, golfi della Sirte e di Taranto) e in missioni di guerra in mari più lontani. Il loro ricordo è sempre vivo nel cuore degli amanteani, come si legge nel cippo commemorativo ai piedi della grande “Vela” di fronte all'azzurro del Tirreno. In questo luogo, diventato il “sacrario degli eroi” spesso si svolgono cerimonie celebrative a cura della locale sezione dei Marinai d'Italia. Recentemente, alla presenza di autorità civili, militari e religiose, è stato commemorato il sacrificio del “cannoniere-puntatore” Italo Vittorio Morelli. Il militare scomparve eroicamente in combattimento a 24 anni, quando la sua nave, la torpediniera “Andromaca”, venne affondata nel basso Adriatico il 17 marzo 1941 da aerei siluranti inglesi. Oggi la pesca (enormemente ridotta per la mancanza di un'opportuna politica regionale e per l'esplosione del settore commerciale e terziario, che ha sottratto a questa attività molta forza-lavoro) e il turismo da diporto sperano per il loro rilancio nel sollecito funzionamento del porto ad economia mista di Campora S. Giovanni. Per lo sviluppo delle stazioni balneari s'impongono provvedimenti disinquinanti (costruzioni di efficienti depuratori, eliminazione degli scarichi urbani ed industriali a mare) e valide misure di protezione degli arenili dalle sconvolgenti mareggiate del IV quadrante (creazione di razionali barriere frangiflutto, decisa lotta alla speculazione edilizia). Note più liete invece giungono dall'Oasi Blu “Scogli d'Isca” del WWF, una salvaguardia ambientale di un ampio specchio di mare ed insieme laboratorio didattico-scientifico subacqueo per numerosi visitatori. |
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