AMANTEANI NEL MONDOIn primo piano |
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LE SALAGIONI |
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Amantea ha un'antica tradizione nel settore della pesca che da sempre è stata una delle principali attività praticata dai suoi abitanti con metodi tradizionali, in un mare ancora oggi pulito. Tra i documenti più antichi che ne testimoniano la fiorente attività, un'autorizzazione reale di Alfonso d'Aragona (1446) rilasciata ad Antonio e Giacomo Gracchi per la pesca dei tonni. Ed oggi ? |
Con tristezza vedo rinsecchirsi al sole le ultime vecchie paranze, vestigia di una tradizione marinara in estinzione, mentre nella mente si fanno sempre più sfumate le immagini e i ricordi delle lampare occhieggianti all'orizzonte, dell'attesa del ritorno dei pescatori, delle “lannielle” nelle quali si dibatteva il pescato ancora vivo, delle gerle di canna ricolme del pesce azzurro che, a dorso di mulo, prendeva la via per Lago, Aiello e Cosenza. Il rito della pesca si è spento insieme alle lampare. Le vocazioni hanno lasciato il campo al diporto, la tradizione alla tecnologia, le “lannielle” ai congelatori. Unico retaggio della nostra civiltà marinara, restano le “salagioni” che, dalla prima metà del secolo scorso, hanno costituito un naturale sbocco al pescato locale, soprattutto di sarde ed alici, attraverso la conservazione mediante “salatura”. Fu tanta la manodopera, maggiormente femminile, impegnata in questa lavorazione che, nel periodo del dopoguerra, divenne una delle più importanti fonti economiche della città che, nel frattempo, si proponeva come punto di riferimento nella conservazione del pesce salato. La prima salagione fu impiantata da Mangiaracina, un siciliano che si stabilì ad Amantea per l'enorme quantità del pescato fornito dalla numerosa flotta di barche della nostra marineria. Di tale attività, portata avanti per alcuni decenni, restano i due capannoni di Via Garibaldi. Successivamente, ma solo per un breve periodo, si cimentarono nell'industria conserviera alcuni membri della famiglia Suriano, che abitavano in un quartiere di Via Dogana (nei pressi delle Scuole Elementari) che da essi prese il nome “i Saiuoli”. Nel 1947, un altro imprenditore di origine siciliana, Antonio Ganci, si stabilì ad Amantea ed aprì una nuova salagione che tutt'ora è operante sotto la conduzione dei nipoti. Qualche anno dopo cominciò la lavorazione del pesce salato la ditta Rocco Morelli, più tardi quella di Luigi Cristaudo e, per ultima, l'azienda di Santo Calisto. I principali prodotti di questa artigianale industria di conservazione sono: le squisite e tradizionali “acciughe sotto sale”, i “filetti di alici” in profumato olio d'oliva, il prelibato “grigetto di Calabria” (rosamarina) che, insieme al peperoncino, dà gusto e sapore a tavola, il “tonno in olio”, rigorosamente del mediterraneo e lavorato appena pescato, ed altre squisite salse al profumo di mare. Tutti questi prodotti possono essere acquistati direttamente presso le “salagioni”, in negozi di gastronomia, salumerie e supermercati, ma anche ordinati per telefono e consegnati a mezzo corriere. La lavorazione e la conservazione del pesce azzurro hanno risentito solo in maniera marginale dell'innovazione tecnologica dal momento che sono stati conservati i metodi tradizionali che, garantendo una maggiore cura e genuinità, rappresentano quasi un marchio di origine controllata. Anche se, nel corso del tempo, le Aziende hanno ampliato e migliorato i luoghi di produzione, adattandoli alle moderne esigenze lavorative ed igienico-sanitarie, ed hanno allargato la gamma dei prodotti lavorati, hanno comunque conservato sempre l'artigianalità e la tradizionalità nella lavorazione, essenziali entrambe a garantire ai prodotti il gusto ed il pregio che hanno sempre avuto e che ci si aspetta abbiano ancora oggi. Il pesce destinato alla conservazione, che un tempo era costituito esclusivamente da quello pescato dalla nostra fiorente “marineria”, attualmente viene acquistato da fornitori che ne garantiscono la qualità, la provenienza e la freschezza. La lavorazione delle alici salate continua, comunque, ad essere fatta ancora rispettando rigorosamente i metodi e, soprattutto, i tempi imposti dalla “tradizione”. Il procedimento utilizzato passa attraverso diverse fasi (illustrate nelle immagini a lato) in cui non si fa assolutamente uso di macchinari ma che sono “tassativamente” ed esclusivamente effettuate a mano. Nella prima fase della lavorazione, dopo essere state accuratamente lavate, le alici vengono attentamente selezionate per ottenere una “pezzatura” adeguata ed uniforme e per eliminare qualche pesce leggermente schiacciato. Successivamente, si procede alla pulizia delle alici che vengono “scapuzzate” (private delle teste) e, poi, eviscerate (private delle interiora). Una volta pulite, le alici vengono abbondantemente cosparse di sale marino e poste sotto peso in grossi contenitori. Ben presto l'azione del sale fa sì che in questi contenitori si formi un liquido acquoso (la salamoia) nel quale si avvia il processo di conservazione. A questo punto, il tutto è lasciato “riposare” per 24 ore dopo di che la salamoia viene scolata e le alici accuratamente disposte nei vasetti o nelle latte. Appena i contenitori sono pieni, vengono nuovamente sottoposti a pressatura sovrapponendovi alcuni pesi che tengono sotto pressione il prodotto che elimina, così, la residua salamoia e lentamente giunge a maturazione. Solo quando “i tempi sono maturi” i contenitori vengono chiusi e sono finalmente pronti per essere messi in commercio.
Oltre che nelle salagioni il pesce (in modeste quantità) viene anche lavorato in casa dai pescatori che adoperano ancora vecchie “tinelle” di legno e conservano i prodotti della salatura in vasi di terracotta chiusi da un piccolo “timpagno” rotondo sul quale una pesante pietra levigata dal mare, col suo peso, prima consente di eliminare la “salimora” e, poi, di tenere asciutto e compatto il contenuto del recipiente. Nella maggior parte dei casi, questa “produzione” è destinata quasi esclusivamente ad un consumo casalingo. Alcuni di questi prodotti “artigianali”, però, oltre che sulla tavola di parenti, amici e conoscenti, fanno bella mostra di sè nel mercato domenicale accanto a quelli “industriali” e sono venduti anche sfusi in piccole quantità. Che siano di provenienza “artigianale” oppure “industriale”, bisogna dire che, comunque, questi prodotti costituiscono una vera prelibatezza per tutti i buongustai. Anche la lavorazione del tonno continua a mantenere intatte tutte le sue caratteristiche tradizionali. Parti pregiatissime sono costituite dalla ventresca ed, ancor di più, dalla bottarga (uova di tonno), ma oggetto della produzione è soprattutto il “tonno in olio”. Il pesce, proveniente esclusivamente dal mediterraneo e di pezzatura non superiore ai 40 kg., viene tagliato a mano, lavato e bollito in salamoia (come vuole la tradizione) e non a vapore (come richiede l'industria). Dopo averlo fatto asciugare su apposite stuoie fatte di canna intrecciata, viene accuratamente pulito e stivato a mano con olio d'oliva. Purtroppo, la scomparsa di molte delle “tonnare” del Tirreno rendono difficile l'approvvigionamento e creano difficoltà alla produzione, comunque ridotta e praticata da una sola azienda. Dell'antichissima e molto consistente attività della “marineria amanteana” (risalente alla metà del 1400) è, poi, rimasto solo il toponimo ad una delle nostre frazioni, “La Tonnara”, che oggi è una località turistico-balneare molto frequentata. Pino Del Pizzo per “Amanteaninelmondo” - settembre 2003 Si ringraziano per la collaborazione i Titolari delle Salagioni che hanno reso possibile la realizzazione di questo servizio. |