A prima
vista, la si potrebbe definire un po' un'operazione di marketing
(mia opinione personale :), dato che in fondo sono stati semplicemente
ripresi articoli già scritti e pubblicati su La Repubblica a
ottobre 2001 (bellissimi peraltro, e che si possono ritrovare qui)...
Ma in fondo è stato così anche per i Barnum, e ne valeva la
pena. E stavolta? Stavolta pure, anche perché abbiamo diritto a
qualcosa in più rispetto a quanto già letto sulle pagine del
quotidiano; già, ai lettori del libro sono stati riservati dei bonus
tracks piuttosto interessanti.
La scheda dell'editore cerca di
spiegare meglio, e riporto:
"Un piccolo libro. Un grande tema. Esiste davvero la
globalizzazione? O, in altri termini, esiste davvero un nemico
radicale chiamato globalizzazione? Alessandro Baricco prende le
mosse da un assunto molto preciso: non dare nulla per scontato.
Ecco perché, posto il primo quesito, lo scrittore procede
attraverso una serie di ulteriori quesiti e di esemplificazioni
alla ricerca di una nitida percezione del fenomeno che abbiamo
imparato a chiamare globalizzazione. Prima conclusione: quel che
sta accadendo ha certamente un fondamento reale, ma quanta parte
del pianeta coinvolge? Ciò che viene avvertito come globale non
è piuttosto una direzione, un correre indistinto seguendo le
"indicazioni"? Sì, però, come la ferrovie nel West
hanno cambiato il mondo, anche ciò che ora punta verso il futuro
cambierà il mondo. E allora i no-global? Da che parte vanno?
Resistono a un processo sentito come irrimediabilmente
"cattivo", sapendo contemporaneamente che in esso sono
veicolati degli elementi positivi. Ma in realtà, dice Baricco,
"la globalizzazione buona è fatta con gli stessi mattoni
della globalizzazione cattiva". E allora? La risposta è
molto articolata, ma sostanzialmente fa perno intorno alla capacità
di immaginare e anche di sognare. "Così come ce la stanno
vendendo la globalizzazione non è un sogno sbagliato: è un sogno
piccolo. Arrestato. Bloccato. Ostaggio dell’immaginario di
manager e banchieri. Sognare quel sogno al posto loro: questo, e
nulla meno di questo, sarebbe il nostro compito".
e ancora:
"L'opinione dello scrittore Alessandro Baricco sulla
globalizzazione e il futuro dei movimenti antisistemici. Un libro
che non mancherà di far discutere. Si sa, ogni libro ha un suo
personalissimo destino. Ma quale esso sia, se il successo, la
fortuna di una stagione, o l'oscurità, non è dato saperlo in
anticipo, neppure a colui che l'ha messo al mondo. Ci sono poi
alcuni libri il cui destino è più singolare di altri. Libri che
hanno l'occasione di far discutere ancora prima di arrivare nelle
mani di un ipotetico lettore. Uno di questi è Next di Alessandro
Baricco, un piccolo libro di 90 pagine sulla globalizzazione (e il
mondo che verrà), composto da quattro articoli che l'autore ha
pubblicato nei mesi scorsi su 'Repubblica', sollevando da subito
un coro di polemiche generalizzato. Il titolo è chiaramente
allusivo. 'Next' sta per qualcosa che ancora non c'è, che è da
venire; per dirla in termini televisivi, è la 'prossima puntata
del mondo'. Una puntata che, se portiamo avanti l'immagine del
West usata da Baricco come metafora della globalizzazione, si
giocherà tutta tra chi nel sogno del West crede ancora ciecamente
e chi di questo sogno ha da tempo cominciato a diffidare. Ma,
andando più a fondo al problema, siamo poi tutti così sicuri di
intendere il concetto di globalizzazione nello stesso modo? Esiste
una definizione di globalizzazione sulla quale ci sia consenso
unanime e rispetto a cui le nostre posizioni si determinino
chiaramente? Baricco parte da qui per mostrare come tutti in fondo
siano in grado di schierarsi a favore o contro il fenomeno della
globalizzazione, ma come davvero in pochi sappiano dire che cosa
veramente sia. Insomma, una definizione ci sfugge, e forse nemmeno
esiste vista la complessità del problema. Quel che però è
peggio è che, interrogati su che cos'è la globalizzazione, la
tendenza collettiva sia quella di rispondere con esempi (o frasi
fatte?) di cui non si è mai sognata di mettere in dubbio la
veridicità. Questo non significa che essi siano necessariamente
falsi - Baricco lo ribadisce più volte a chiare lettere - ma che
le cose sono più complicate di quel che sembrano. Che parlare di
'impero della Coca Cola' o di 'liberalizzazione del mercato
finanziario' o di 'omologazione culturale' o ancora di 'strapotere
dei brand' non ci autorizza a scivolare in facili generalizzazioni
né tanto meno a demonizzare i tipi di esperienza che possono
suggerire i simboli di quella che con pressapochismo abbiamo
imparato a chiamare 'globalizzazione'. Non c'è dubbio: le pagine
di Next non possono lasciare indifferente nessuno. Potranno
irritare, e già lo hanno fatto, suscitare lo sdegno di chi è
convinto che il mestiere dello scrittore sia quello di fare lo
scrittore e non di salire in cattedra. Ma una cosa è certa: Next,
con la sua ironia provocatrice e la lucidità a volte spietata con
cui mette alla prova opinioni preconcette, dà molto da pensare. E
prima ancora che sui fatti preoccupanti che turbano l'assetto
geopolitico del nostro pianeta, sull'atteggiamento, troppo spesso
inquinato da pregiudizi, con cui tendiamo a interpretarli."
Il libro è snello e scritto, al
solito, in modo accattivante e con un approccio fuori dagli schemi
(basta leggere questo piccolo estratto). Probabilmente darà la possibilità a chi non lesse quegli
articoli a suo tempo di scoprirli per la prima volta. Pare che
Baricco abbia ricevuto parecchie lettere (prevalentemente di
protesta) da parte dei lettori de "La Repubblica" che evidentemente non
hanno apprezzato fosse uno scrittore a parlare di questi
temi.
Per riprendere una recensione di
U. Galimberti pubblicata proprio su "La Repubblica" del
19 marzo 2002:
"...Alessandro Baricco non è un esperto di globalizzazione e
quindi può porre tutte quelle domande, ivi compresa quella che si
chiede se la globalizzazione esiste davvero, che nessun esperto di
globalizzazione si porrebbe mai. Questo metodo di indagine, tipico
dei non esperti, è il classico metodo adottato dai filosofi che,
a differenza dei sapienti (gli esperti), non hanno una competenza
sulla cosa, e, proprio a partire dalla loro incompetenza, pongono
domande. Domande non ingenue, che vogliono mettere alla prova la
competenza dei competenti, per vedere se regge, se sta in piedi, o
se è solo un modo per assopire le coscienze in un presunto
sapere..."
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