Risposta allo zelota arenato nel diritto di Stato

 

All’autore del post “auriti-non-sbaglia-ecco-perche-la-teoria-auritiana-resta-valida-ed-insuperata/”, che considero zelota della fede nel diritto di Stato, vorrei far presente che le mie riflessioni, sia quelle a proposito delle lancette dell’orologio che quelle sull’antilogica essenziale della moneta, concepita da Auriti come misura del valore e contemporaneamente come valore della misura, ed in genere tutte le cose che dico sono supportate dall’antico modo filosofico “A ME PARE” (cfr. “Sull’errore di Giacinto Auriti”).

 

A me pare, appunto, che se nel concetto di “spazio percorso dalla lancetta di orologio” si inserisce un altro concetto pre-concepito, si ha appunto in esso anche il pre-concetto di ciò che attribuiamo al primo come misura convenzionale di tempo. Non mi sembra molto scientifico procedere in tal modo.   

 

Vorrei altresì far notare che tali constatazioni non sono minimamente una demolizione di quanto Auriti ha osservato circa l’iniquità del monetaggio, dato che la comprensione di tale iniquità (signoraggio) non è minimamente legata a tale antilogica. Anzi è forse proprio di chi non la comprende il legarvela, compromettendola, o appunto demolendola, facendo cioè di tutta l’erba un fascio, come fecero ad esempio le autorità dell’Avvocatura di Bankitalia condannando Auriti.

 

Ritornando a chi mi contesta con le formulette, ricordo che l’uso della formula della fisica secondo cui il tempo è uguale allo spazio diviso la velocità comporta però ambiguità perfino nel linguaggio. Infatti l’“anno luce”, che come “anno” dovrebbe essere attribuito al tempo non esprime in fisica un intervallo di tempo, ma una distanza.

 

L’ambiguità della fisica arriva perfino ad affermare che il tempo non esiste. Si veda il libro del 1999 “La fine del tempo” del fisico britannico Julian Barbour (1937), il quale mostra le prove della non-esistenza del tempo. La tesi di Barbour secondo la quale il tempo cesserebbe di avere un suo ruolo come fondamento della fisica, fu comunque già espressa dagli antichi e dai moderni, fra i quali Eraclito, Parmenide, Galileo, Newton, Einstein, John Wheeler, Roger Penrose e Steven Hawking.

 

Io comunque non sono un sostenitore di queste idee: la mia barba diventa sempre più bianca e ciò per me è il segno del tempo che passa, anche se non reputo scientifico adottare la misurazione del colore della mia barba per dimostrare la realtà del tempo. Lo stesso vale per le lancette dell’orologio, che si muovono nello spazio, al quale si attribuisce convenzionalmente una durata temporale. Però la convenzione non esiste in natura come oggetto di percezione.

 

Dove starebbe dunque la presunzione che mi attribuisce lo zelota? A me pare piuttosto presuntuoso credere invece di penetrare lo spazio e incontrare il fluire del tempo presumendo di liberarsi dalle condizioni materiali col portarsi oltre uno spazio e un tempo, ritenuti reali perché misurabili. Questa non solo è una presunzione ma un’illusione. La realtà dello spazio e del tempo non è misurabile. La si attinge superando non determinate forme del misurare, ma superando il misurare stesso, secondo la consapevolezza di come e perché esso sorga, e di cosa l’io (lo spirito) chieda nel racchiudere in misure la sostanza del suo eterno cercare, e che soltanto giustifica, come verità, il misurare transitorie visioni di ciò che supernamente sono lo spazio e il tempo.

 

A questo punto mi pare di avere risposto in modo non presuntuoso ai problemi irrisolti - se non per “buona fede” - di colui che da’ del presuntuoso a chi questa “buona fede” non ha.

 

In merito a tale “buona fede”, aggiungo che se si riflette sul fatto che le autorità dell’Istituto di Diritto Pubblico e quelle dell’Avvocatura di Bankitalia - convenute nella “Comparsa di costituzione e risposta” contro la denuncia per truffa, inoltrata l’8 marzo 1993 da Auriti alla banca d’Italia - diedero torto ad Auriti, non posso fare a meno di far notare che qui, se si dovesse fare una “hit parade dei truffatori”, al primo posto ci dovrebbero essere i giudici, cioè le autorità giudicanti, non i banchieri. Nella hit parade dei truffatori, i banchieri vengono dopo i giudici: il banchiere è infatti semplicemente un mandato (mediante monopolio), mentre lo Stato, rappresentato in questo caso dai giudici, è il mandante (concedente monopolio).

 

La domanda da porsi allora è: le azioni di certi giudici (o forse di tutti i giudici), di certe autorità (o forse di tutte le autorità) sono dunque sostanzialmente prive di logica, per cui ho dovuto continuamente assistere ad innocenti che andarono in prigione, come Tortora, per es., e a pentiti che invece erano ricompensati con incentivi di miliardi e con pensioni di Stato a vita?

 

Stando ai fatti, le cose stanno così anche ora (2016)…

 

Se questo è vero, non è sbagliato dire che tali azioni non possono che provenire da reale malattia mentale costituzionale, oppure da mafia, consistente nel diritto di Stato che sostituisce (oramai regolarmente) lo Stato di diritto.

 

Probabilmente, nonostante ciò Auriti credeva ancora nell’esistenza di giudici mentalmente sani. Io non ho questa buona fede nelle istituzioni. Credervi mi è difficile, dovrei avere una fede da zelota. La fede dello zelota nelle strutture è però strana; e mi ricorda una domanda alla quale tanto i cattolici, quanto i comunisti, o i più fervidi credenti nell’“impianto” statalista usurocratico, dovrebbero porre alle proprie coscienze, in merito al concetto di gerarchia o di autorità: come si fa oggi ad avere fede pur restando in buona fede? E come si fa a credere oggi nell’autorità?

 

Qualunque chiesa, movimento culturale, partito politico, ideologia o gruppo, che inesorabilmente pretenda di imprigionare la coscienza degli uomini nel cerchio chiuso di una catechizzazione costruita all’ombra del kantiano “dover essere” (“devi fare così per vivere bene”) in base a mera autorità (“devi fare così perché te lo dico io e io me ne prendo la responsabilità”) o a morale eterodiretta “devi fare così perché sta scritto qui”, non fa che un’opera di dissoluzione e di morte, compromettendo ogni possibilità di libertà, di responsabilità e di dignità personali.

 

A me pare dunque che la transizione dall’attuale sistema usuraio ad un sistema equo non possa avvenire attraverso compromessi con lo Stato attuale plenipotenziario e monopolista.

 

E mi pare che Auriti abbia commesso proprio la stessa ingenuità storica di Giordano Bruno: chiedere a chi ha il potere di riformare il potere: “Quando ho detto che i procedimenti usati dalla Chiesa non erano quelli degli Apostoli, poiché oggi si usa la forza e non l’amore - spiega il Bruno - non avevo torto. Ho sbagliato quando ho creduto di chiedere proprio a Voi di condannare un sistema di arbitrio, di sopraffazione, di violenza... che mortificazione... chiedere a chi ha il potere di riformare il potere! Che ingenuità!” (Giordano Bruno, 1600). L’ovvio risultato di questa ingenuità è poi la condanna!

 

Chi, come Auriti, afferma che occorre rimettere allo Stato l’emissione monetaria, crede che il signoraggio - e non lo Stato - sia causa dell’impoverimento delle nazioni, dimenticando che il signoraggio è da sempre legalizzato dallo Stato (cioè da quando lo Stato legalizza il monopolio). Stato e Banca sono come il Gatto e la Volpe nella favola di Pinocchio. In sostanza, lo Stato - il Gatto - è il mandante, mentre la Banca è il killer, cioè la Volpe. Mettere l’emissione della moneta nelle mani del Gatto mandante in nome del medicamento dell’organismo sociale malato è attribuire la causa della malattia alla Volpe killer voluta dal Gatto, credendolo meno responsabile della Volpe! L’uomo può avere fede in questa istituzione “gattopardesca” restando in buona fede solo nella misura in cui è Pinocchio, o un automa, o un burattino di legno, non un individuo in carne ed ossa. Questo è il mio PARERE.

 

Quanto al resto delle illazioni dell’arenato (sulla mia presunta incapacità di distinguere fra strumento di misura e unità di misura), devo dire che si tratta, fino a prova contraria, di mere illazioni, o di proiezioni della propria deficienza di distinzione fra unità di misura ed unità aritmetica. A questo proposito, ritengo che nella Premessa del mio libro Il sacro simbolo dellarcobaleno” del 1998, tale distinzione, basata fra laltro su studi di René Guénon (La metafisica del numero - Principi del calcolo infinitesimale, Ed. Arktos) sia stata sufficientemente dimostrata (http://digilander.libero.it/VNereo/distinzi.htm).

 

 

 

Carteggio Nereo Villa - Nicola Arena

-  recentemente rimosso (ovviamente) dal blog dell’arenato -

 

Nicola Arena: Caro Nereo Villa chi le scrive è “l’arenato” almeno questo è l’appellativo con cui ha definito una persona, come me che si firma con nome e cognome quando vuole mettere sulla giusta via, chi sostiene delle affermazioni non supportate da logica come ella stessa ha dimostrato persino in questa lunga e sterile risposta. Il mio approccio è stato comunque improntato verso una collaborazione nella diffusione di concetti inoppugnabili e scientificamente esatti quali appunto quelli del grandissimo professor Auriti. La sua barba bianca mi pone in una condizione di profondo rispetto nei suoi confronti non di meno mi piacerebbe che anche lei fosse così educato nei miei confronti. Cordialmente. Nicola Arena.

 

Nereo Villa: Signor Arena, chi le scrive non ha mai definito alcunché. Ha, anzi, perfino sostituito da tempo in se stesso il concetto di “definizione” con quello di “caratterizzazione” dato che reputo la concettualizzazione qualcosa di evolutivo e non di esaustivo o di conquistato una volta per tutte e per sempre.

Lei si firma con nome e cognome quando vuole mettere sulla giusta via qualcuno?

Pensi piuttosto a mettere sulla giusta via se stesso, almeno eliminando un po’ la schizofrenia (o è ipocrisia?) che la contraddistingue quando, per es., parla di me, una volta come “sicuramente bravo studioso” e un’altra volta come “presuntuoso” (e qui mi fermo perché di allusioni idiote su di me ne ha fatte anche troppe). Si chieda solo come può essere che uno studioso possa essere bravo e contemporaneamente presuntuoso.

Dove sta qui la sua logica? E quali sarebbero le mie affermazioni non supportate da logica che lei ha riscontrato in http://digilander.libero.it/VNereo/risposta-allo-zelota-arenato-nel-diritto-di-stato.htm? Se lei è veramente mosso dalla volontà di mettermi sulla giusta via perché non mi indica tale via? Quale sarebbe l’errore che bloccherebbe il mio pensare? Queste domande le faccio da musicista abituato a migliorare sempre il suo rapporto con lo strumento, al fine di eseguire meglio la musica che deve suonare. Se, per es., devo fare un passaggio difficoltoso al pianoforte, e se ogni volta che lo suono sbaglio, devo - se voglio migliorarlo - ripercorrere la diteggiatura che quel passaggio esige là, dove sono soliti sbagliare, al fine di scovare il punto preciso da cambiare; invece perseverare in quell’errore di diteggiatura inadeguata anche nelle prossime esecuzioni, ogni volta ripetendo il medesimo errore, sperando ogni volta di non cadervi, sarebbe stupido. E glielo dico anche da uomo, dato che in campo sociale, lo strumento musicale è simile alle strutture istituzionali…

La logica è qualcosa di meraviglioso perché è supportata universalmente dal Logos all’interno di ognuno. Diverso è per chi come lei (così mi sembra) confonde l’Ethos col Logos… (la rimando perciò al superamento delle sue paure: http://digilander.libero.it/VNereo/sulla-paura-cattolica-del-logos.htm).

 

Nicola Arena: Caro Sig. Nereo Villa, mi fa piacere che lei mi abbia inviato questo messaggio. A scanso di ogni equivoco, la mia risposta al suo articolo è stata fatta con argomenti e niente più. Il concetto di unità di misura non va confuso con il concetto di strumento di misura. Da quì il suo errore e la mia spiegazione con argomenti per ricondurla alla giusta logica. Per quanto riguarda l’appellativo di “bravo studioso”, si riferisce al fatto che lei scrive bene e molto in linea con il pensiero auritiano. Per quanto riguarda l’appellativo di “presuntuoso” si riferisce al fatto che lei, avendo commesso quell’errore, in buona fede ha creduto che Auriti sbagliasse. Se fosse stato un po’ più umile, avrebbe fatto bene a studiare i libri del professore. detto questo, spero voglia scusarmi se l’ho offesa, ma la comprensione dei giudizi di valore e dello strumento monetario è importante per comprendere il grande inganno. IL professor Auriti ha cercato in tutti i modi di avvisare la gente con verità inoppugnabili. Le auguro una buona e Santa domenica.

 

Nereo Villa: Intanto impari l’italiano (“qui” non si scrive con l’accento sulla “i”), e poi sappia che quando parlai ad Auriti di quanto lei contesta, Auriti mi diede ragione, perché fino a prova contraria esse sono incontestabili. Lei afferma di avere argomentato quanto mi contesta ma una argomentazione non è tale se si dice solo di avere argomentato. O ignorante. Pubblicherò anche questo carteggio!

 

Nicola Arena:  Vedo che lei è una persona indisponente e non perdo altro tempo. Il tempo è prezioso, il tempo è vita, non bisogna sprecarlo con chi dimostra la sua arroganza.

 

Nereo Villa: Qui l’arrogante e l’indisponente è solo lei, altrimenti non avrebbe scritto quelle idiozie sulla mia critica COSTRUTTIVA su Auriti. Ha ragione: è inutile perdere tempo coi cretini. Non si può dire ad uno che è un cretino perché essendo cretino non capisce. Elimini le sue cretinate se non vuole che qualcun altro vi rifletta e riflettendovi scopra che sono solo cretinate da pseudofilosofo (Goethe avrebbe detto “da filosofismo ciarliero”)…

 

Nicola Arena: Uno che sa che quì non si scrive con l’accento ma che poi non conosce la differenza fra strumento di misura e unità di misura è un vero ignorante, se poi nonostante sia stato corretto, continua nella sua strada, per giunta offendendo, allora è proprio un irrecuperabile. Errare è umano perseverare è diabolico. Chiudiamolo quì non mi va di usare il suo linguaggio e offenderla, non ci tengo proprio.

 

Nereo Villa: Guardi che è lei ad affermare che non conosco quella differenza ma lo afferma in modo del tutto autoreferenziale. Incominci a dimostrare ciò che dice in base al mio scritto. Se non ne è in grado non parli di conoscenza. Io allora potrei affermare con lo stesso metodo dell’autoreferenzialità da lei usata che lei non sa niente. Ma procedere così è solo da imbecilli. È solo offensivo. Ed è questo il suo modo di procedere. Altro che correggere. Cosa vuole avere corretto!? Si corregga un buon caffè e si studi un po’ di logica aristotelica, che è meglio! “Irrecuperabile” dimostra di esserlo lei, visto che non ne vuole sapere di DIMOSTRARE quello che dice. Errare è umano. Ma è lei che erra. Io gliel’ho dimostrato e lo dimostrai anche ad Auriti, che mi rispose: “L’allievo ha superato il maestro” proprio sulla questione aristotelica della moneta! “Ma noi - soggiunse - abbiamo la chiesa cattolica dalla nostra parte, non si preoccupi Nereo, questo non è determinante”. E invece lo fu, dato che i giudici di Stato lo condannarono. E poi che discorso è quello di dire: “noi abbiamo la chiesa dalla nostra parte”? Chiudiamola pure qui. Lei è capace solo di insultare chi afferma cose logiche, che evidentemente non capisce. Perché se le capisse, l’indemoniato sarebbe lei. Lei è un esemplare di persone che ho caratterizzato qui: http://digilander.libero.it/VNereo/sul-buffone-eristico.htm anzi qui: https://youtu.be/wJodKlGyuRY

 

Nicola Arena: un’altra conferma della sua ignoranza in campo fisico «Infatti l’“anno luce”, che come “anno” dovrebbe essere attribuito al tempo non esprime in fisica un intervallo di tempo, ma una distanza» quelle erano parole sue. Adesso le spiego il perchè la distanza si chiama anno luce. Semplicemente perchè è lo spazio percorso dalla luce in un anno. se consideriamo che la luce viaggia a circa 300.000 km al secondo, moltiplichiamo per tutti i secondi dell’anno e scopriamo che è una distanza enorme. Giusto per precisare con argomenti scientifici e non con le chiacchiere.

 

Nereo Villa: Lei non spiega nulla se le sue spiegazioni poggiano sulla fede in Einstein o su dogmi scientifici che provengono da mistificazione. Queste sue, sì che sono chiacchiere! Lei dice: “se consideriamo che la luce viaggia a circa 300.000”! Ma perché parla in terza persona plurale? Parli per sé. A me risulta che Einstein, attivista politico più che scienziato, fu issato ad altezze inusitate mediante l’argano della propaganda, e qui mantenuto per ragioni che di “scientifico” non hanno niente. I suoi due principi fondamentali sono infatti un’inconseguenza di pensiero, talmente gonfiata dalla propaganda bolscevica, da fare incretinire di fatto tutto il pianeta. Il modo di pensare del materialismo (storico e dialettico) che non riconosce alcun concetto assoluto o incontrovertibile, approva e loda da sempre il “qui lo dico” (principio einsteniano della relatività) e il “qui lo nego” (principio einsteniano della costanza della velocità della luce nel vuoto e dunque della non relatività). Mi fa pensare al comico Panariello quando diceva “Un po’ di qui e un po’ di là”!!!) (legga comunque il libro di B. Thüring, “Einstein e il Talmud. Il tentativo einsteniano di scardinare la fisica”, in cui si mostra come la figura e l’opera di Einstein siano una delle maggiori mistificazioni di tutti i tempi. Studi dunque, prima di presumere spiegare agli altri un assoluto, cioè il dogma della velocità della luce, non tenendo conto della relatività, proveniente dalla medesima fonte di quel dogma cretino. Infatti la velocità della luce non esiste. La luce è, e basta. Ciò che si misura è solo il pulviscolo non la luce. E questo è DIMOSTRATO nel libro di Massimo Scaligero “Segreti dello spazio e del tempo”. Già che c’è, dia un’occhiata pure a S. Freud “Lettere 1873-1939”, Boringhieri, 1960 (Trad. di M. Montinari), per vedere che anche Freud la pensava come il Thüring su Einstein. A me pare che tutta questa problematica non sia altro che una pura e semplice questione di convenzioni (lei nuota in esse infatti), il che spiega in effetti anche perché i fisici relativistici ritengano con invidiabile sicurezza che le loro conclusioni non possano neppure discutersi. Siamo cioè alle comiche finali: tutto è relativo, tranne quello che diciamo noi relativisti! In verità mi pare che lei nuoti nel trasformismo logico e nel relativismo logico, che sono la massima invenzione dei manipolatori di capitali e del panschiavismo. Attraverso il relativismo del pensare, il “superuomo” che lei vorrebbe incarnare, da’ del presuntuoso agli altri, cadendo però nella retorica profetizzata da George Orwell (in “La fattoria degli animali”) in cui i maiali comandano e gli struzzi scrivono stronzate.

 

Nicola Arena: Senta Sig. Villa io le ho spiegato semplicemente perchè quella distanza si chiama ANNO LUCE perchè, ribadisco, è LA DISTANZA COPERTA DA UN CORPO IN UN ANNO VIAGGIANDO ALLA VELOCITA’ DELLA LUCE. tutto quì.

 

Nereo Villa: Ed io le ho risposto semplicemente che non credo nelle spiegazioni di una parola che dovrebbe significare un’altra parola, perché non credo nel trasformismo o nella neolingua orwelliana, o nel neo-oscurantismo. Tutto qui (senza accento). https://youtu.be/iWMzFL8G8vE.