Itinerario tra le chiese e le cappelle
di Palese e Macchie
I dintorni di Palese-Macchie presentano un interessante panorama
di edifici religiosi risalenti ad epoche diverse. È da rilevare, tuttavia, come questo patrimonio nel corso
dei secoli ha subito notevoli perdite e di molte chiese, quelle più antiche, non restano che alcune tracce
storiche. Spesso determinante (in senso negativo) è stato l'intervento dell'uomo nell'abbattimento o nella
distruzione di tali opere.
Chiese rurali e rupestri
Il nostro itinerario comincia dal Medioevo, con la diffusione delle chiese rurali e di quelle rupestri. Dal tardo
antico al Basso Medioevo (VIII sec. - fine XI sec.) esse rappresentavano una parte essenziale del paesaggio rurale:
contribuivano, con la capillare diffusione nelle campagne, ad assicurare la cura animarum (avendo anche funzioni
battesimali) e l'inquadramento pastorale delle popolazioni. Tali chiese erano edificate dai privati che ne mantenevano
la proprietà e l'amministrazione. La massima diffusione si ebbe nell'ultimo terzo del XI secolo, quando
con l'affermazione dei Normanni si verificò il progressivo esaurimento del fenomeno e il graduale passaggio
di tali chiese alle istituzioni religiose (monasteri, episcopi). Con la crisi delle campagne nel '300, le chiese
rurali furono abbandonate: alcune furono inglobate nelle masserie nei secoli successivi, altre sono rimaste nell'espressione
della religiosità popolare, altre ancora, forse la maggior parte, sono scomparse del tutto, di alcune resta
solo il nome, base di una ricca agiotoponomastica.
Dopo questa breve premessa, esaminiamo le chiese rurali e rupestri presenti nella nostra zona. Diverse chiese di
questo genere erano diffuse nelle vicinanze di Lama Balice, non lontano dall'antico casale di Camarata, nella contrada
oggi chiamata Arco Camerato. Si tratta di chiese antiche, medioevali, forse quasi tutte risalenti al periodo romanico.
Di queste l'unica che è possibile ancora vedere è
la chiesa dell'Annunziata. Essa è citata nel 1488
nel Libro Rosso dell'Università di Bitonto e, all'originario stile romanico, vi sono aggiunte dei secoli
XVI (nel 1585 fu rifatta nell'alzato), XVIII (campanile e vela e altare), XIX (volta a botte, nel 1805 vi fu un
ulteriore rifacimento patrocinato dal nobile di Bitonto Michelangelo Maffei). Molto interessante è l'ampio
corredo decorativo interno di affreschi, opera di pittori locali, risalenti ai secoli XVI - XVIII, espressione
della pietà popolare. All'interno della chiesa vi era un antico quadro in rilievo su pietra della Madonna,
purtroppo trafugato da ignoti.
Tra le grotte della sponda meridionale di
Lama Balice vi era una cripta rupestre, che
faceva parte di una laura (monastero) fondata
dai monaci italogreci pseudobasiliani, denominata
Sant'Angelo in Camerata. Essa è citata nel 1093 (CDB Le pergamene
del di S. Nicola periodo normanno (1075-1194)
documento n. 17) in un atto con il quale
un certo Giorgio vendeva al presbitero Pietro
una "correggia" di terra: "Avemus in loco Camerata unam corigiam
de terra cum olivis et una curticellam parietate
circumdatam" assieme ad altre terre confinanti con la
chiesa "de Angilo de Camerata": "secunda fine et ipsum plaium istius corigiae
et tenet sursum in ipsa serra vel ipsa lama
ubi est ipsum pariete anticum". Un'ulteriore citazione si ha nel 1148 in
un atto di vendita di vigne di un tale "Pascalis, magister zocarius", un cui figlio Leucio è chierico dell'episcopio
barese e al quale è donata una casa presso
la chiesa di S. Angelo "de Didata" (interpretato da N. Lavermicocca come Camerata).
Le pareti della chiesetta (citata anche nel
Libro Rosso dell'Università di Bitonto nel
1488) presentavano interessanti affreschi,
opera dei monaci, risalenti al XIII secolo
e si potevano vedere volti di santi con aureole.
Purtroppo la chiesa rupestre non esiste più,
in quanto crollata a causa di una cava di
pietrisco posta nelle vicinanze..
Nella zona di Camarata vi erano altre chiese
andate distrutte nel corso del tempo e delle
quali resta memoria in
alcuni documenti del XII secolo. Vi era una
chiesa detta Santa
Maria de Staginisio, che è citata in un atto dell'agosto
1190 (CDB, Le pergamene di San Nicola di
Bari. Periodo Normanno (1075-1194), vol.
V, doc. 156, pagg. 266-268) con il quale
Ursileo "magister asciae" vendeva sei pezze di terre coltivate ad
oliveto "in loco pertinentiis Camarate", confinanti con la terra di Bisanzia, Sisto,
Giuliano Scaranello, Guglielmo Siniscalco,
tutti di Bitonto, con le vigne e "le
terre dei Baresi" nei pressi della chiesa
di Santa Maria de Staginizio; ; una dedicata a Sant'Andrea - di cui rimane solo il ricordo in un toponimo e nel termine confinario tra Bari e Bitonto
apposto nel 1585 nella località "Terris Scaccanae", ancora oggi denominato cippo di Sant'Andrea
e sito in via Balice; San Benedetto, citata in atto notarile del maggio 1106 (CDB, Le pergamene di San Nicola di Bari.Periodo
Normanno (1075-1194), vol. V, doc. 45, pag. 81), si trovava vicino ad un pezzo di terra boscosa venduta da Trifilo
di Bari a Giacquinto di Bitonto; San Martino di
Balice viene
menzionata in un documento dell'ottobre 1141
(CDB, Le pergamene del Duomo di Bari (952-1264),
Vol. I, doc. 46,
pagg. 87-88) con cui Bisantia f. Nicolai e vedova di Maralda de Latrabella di Bitonto offriva alla chiesa di San Martino,
in località Balico, due buoi, una
vacca, un giovenco e due vigne quinquegenali
affinché, sua vita durante, potesse
amministrare la chiesa e i suoi beni. La
chiesa di San Martino fu distrutta nel XVII
secolo e il culto passò nella chiesa
del Crocifisso all'imbocco di via Balice
a Bitonto; sempre nel medesimo documento
dell'ottobre 1141 è citata un'altra chiesa
San Giovanni "de cameris" prossima a quella di San Martino. Nell'atto
si dice testualmente: "Ipse vinee sunt in pertinentiis ecclesie
sancti Johannis de cameris, unam earum est
iuxta viridarium predicte ecclesie sancti
Johannis et alteram ex ipsis vineis est iuxsta
vineam Stephani"
Nel XVI secolo si ha notizia di una chiesa
rupestre chiamata San Giovanni delle camere. Essa si trovava sul confine tra l'Università
di Bari (al cui territorio apparteneva la
chiesa) e quella di Bitonto, presumibilmente
all'inizio dell'attuale via Torre di Brencola,
l'antica via Candela. È citata in alcuni
documenti contenuti nel Libro Rosso dell'Università
di Bitonto: uno del 1552 (doc. XIV, 31-35,
pagg. 134-142) e l'altro del 1585 (doc. CLXXXV,
pag. 994-996) con la denominazione ecclesia et Torre di San Joanni delle camere. Con ogni probabilità gli ambienti della
chiesa rupestre sono da identificarsi con
il locale interrato della falegnameria del
sig. Chiusolo nell'ambito di Palazzo Capitaneo
e nei sotterranei della stessa costruzione
nella zona ovest, attualmente difficilmente
raggiungibili e usati come rifugio durante
i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Dell'antica chiesa non resta più alcuna vestigia,
essendo stati usati quei locali successivamente
come trappeto ipogeo, come si può vedere
dal ritrovamento di una macina per la molitura
delle olive e dagli alloggiamenti nella parete
per i torchi a vite. Stando alla presenza
del nome della dicitura delle camere, non
è da escludere che tale chiesa potesse presentare
una pianta a croce greca contratta con una
cupola detta "camera" o "camara" (e sarebbe quindi coeva con le chiese
della zona del casale di Camarata) oppure,
visto il carattere rupestre, probabilmente
più che di una cupola doveva trattarsi di
un'abside a cameretta (forma arcaica di abside
consistente in una cameretta con soffitto
piano, con al centro un altare del tipo "a
blocco") sempre di origine medioevale.