Liberazione e Purificazione (2006 version)

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-=Capitolo 3=-

 

Con furia la porta viene abbattuta. Ruggendo, l'oscurità entra nella piccola chiesa di pietra della foresta di Loren.

La tenebra cammina col mostro, seguendolo docile.

Riecheggia una diabolica risata, mentre il demone avanza verso il giovane monaco inginocchiato di fronte all'altare.

La coda ondeggia, nervosamente frustando l'aria. Avanza lentamente e afferra colui che, assieme ai suoi confratelli, era stato mandato a verificare che i sigilli ancora lo stessero imprigionando.

Avvicinando il suo volto deforme al suo, lo fissa con quei suoi occhi rossi: un fuoco infernale e antico sembra bruciare in essi. Il fuoco degli Inferi e del Male più sincero.

In un ultimo disperato tentativo, stringendo la grafite nella destra, il monaco attinge al potere delle folgori e colpisce con una scarica di luce e fulmini il volto orribile del suo boia.

Il demone accusa il colpo con un ringhio e con un rapido movimento morde l'uomo con le sue terribili fauci. Il corpo decapitato del monaco giace ora ai piedi dell'altare. Il suo sangue è sparso ovunque.

Incapace di resistere alla tentazione, la bestia inizia a giocare con il suo ultimo cadavere, dilaniandolo e spargendone ovunque brandelli e interiora, dissacrando il piccolo tempio.

Solo il rumore di carni lacerate e ossa spezzate si odono nella piccola chiesetta dei boschi.

Solo questo e la diabolica risata del demone.

 

 

Ora, avrebbe atteso qualche giorno rimanendo appostato nel villaggio.

Esattamente come gli era stato ordinato.

Forse altri monaci sarebbero stati mandati ad affrontarlo. Anche con loro si sarebbe divertito immensamente, combattendoli e infine annientandoli.

Tre giorni, questo il tempo che ancora avrebbe trascorso nel villaggio. Poi si sarebbe diretto a sud, portando nuovamente terrore e distruzione nel mondo, avrebbe dato libero sfogo alla violenza e agli istinti che lo animavano.

Ma prima…prima avrebbe dovuto tener fede al patto di colui che l'aveva liberato dai sigilli.

Non immaginava che in un uomo potesse esserci un simile potere.

Dopotutto contro quei maledetti sigilli magici non aveva potuto nulla, cercando di abbatterli dall'interno con uno sforzo paziente e costante. Certo, era riuscito ad indebolirli, a corroderli: avrebbero ceduto, prima o poi. E se non fosse stato per quei dannati monaci che di tanto in tanto infondevano in essi nuova forza, forse sarebbe riuscito a evadere anche da solo.

Quell'uomo, invece, era stato in grado di liberarlo, annientando l'incantesimo che lo teneva prigioniero.

Gli aveva nuovamente concesso la libertà, a patto di rimanere nel villaggio fino all'arrivo dei monaci abellicani.

Una strana richiesta.

Assurda quasi.

E il demone gli aveva docilmente obbedito: avrebbe soddisfatto quel suo desiderio. Per ora, pensa, terrò fede al patto ma una volta ricongiuntomi ai miei fratelli ti darà la caccia. E poi lo ucciderò!

Quel misterioso individuo era potente, certe, ma era pur sempre un uomo e nessun mortale poteva sperare di averla vinta con un demone infernale quale egli era.

E mentre pensa a tutte queste cose, tramando malvagiamente ai danni del suo liberatore, si avvia per uscire da quel luogo ormai sconsacrato.

Ed è allora che accade qualcosa di inaspettato: una forza invisibile gli impedisce di andarsene.

Come se un muro di magia formasse una barriera laddove prima vi era il portone di legno dell'ingresso.

Incredulo, cerca di infrangerla con un pugno e poi ricorrendo ai propri poteri magici.

Tutto è invano: la barriera assorbe i suoi attacchi, senza cedere minimamente.

Confuso da quanto sta accadendo, il mostro decide allora di distruggere le mura dell'edificio, aprendosi un'altra via abbattendo la chiesa intera.

Nonostante una potente deflagrazione magica nuovamente le sue aspettative vengono frustrate.

La pietra sembra indistruttibile, insensibile alla sua furia e al suo fuoco infernale.

In trappola! Ancora una volta il demone si ritrova prigioniero di un incantesimo!

Nemmeno il teletrasporto e la distorsione dello spazio sembrano funzionare, riportandolo inesorabilmente all'interno di quel luogo maledetto e lasciandolo sempre più spossato ad ogni tentativo.

Poi comprende.

Il sangue di quel misero mortale ha compiuto il miracolo, divenendo un nuovo sigillo. Deve essere così, visto che il sangue del monaco, sparso ovunque, in qualche modo sembra brillare di luce propria.

Ed in parte è davvero così.

Ma da solo il sangue di quel patetico mortale non può essere in grado di un simile prodigio.

Non c'è altra spiegazione, ragiona il demone, una grande magia è all'opera contro di me.

Utilizzando il sangue della sua ultima vittima e la forza di quel luogo mistico, la belva viene quindi resa inerme.

Il demone allora impreca e si accanisce furioso per fuggire dalla sua nuova prigione, cercando e pensando un modo per sfuggire all'incantesimo, e mentre la tenebra che lo avvolge pian piano svanisce una luce soffocante si diffonde nella piccola chiesetta.

Lentamente il demone inizia a soffocare: barcolla senza forza.

Il potere magico lo sta abbandonando.

Il male, di cui era manifestazione, inesorabilmente viene annientato.

Il demone si contorce mentre si scioglie, purificato da un potere divino, un volere di luce e calore.

La magia che lo anima inizia a evaporare fino a che non rimangono che pochi brandelli di spirito e tenebra.

Spiriti e anime di neonati e bambini, di uomini e donne vittime della sua crudeltà, finalmente libere dall'atroce condanna e dalla prigionia all'interno del corpo del demone, l'origine più intima del suo potere, si librano verso il paradiso.

E prima di abbandonare per sempre questa dimensione, il demone guarda attraverso una delle piccole finestre dell'edificio: ed è allora lo vede.

E amaramente comprende di essere stato ingannato.

Il potere che l'ha liberato dai sigilli è la stesso, è la stesso che ora lo sta cancellando dal mondo.

Ringhiando e ruggendo, maledicendolo, il demone scompare.

Di lui, non rimane nulla.

Non un corpo esanime.

Non una traccia magica.

Solo il nulla a rammentare la morte di una creatura del Vuoto.

 

Leonardo Colombi

 

 

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